Si ferma il di nuovo il mercato del lavoro italiano. Nel dicembre 2015 si segnalano sia un aumento del tasso di disoccupazione che una diminuzione del numero degli occupati. Lo riferisce l'Istat che ha diffuso oggi, 2 febbraio, i dati provvisori sul mercato del lavoro. Secondo l'Istituto di statistica, dopo il calo registrato nei mesi precedenti (-1 punti percentuali tra giugno e novembre), il tasso di disoccupazione sale quindi nell'ultimo mese di 0,1 punti percentuali, attestandosi all'11,4%. Il numero dei disoccupati a dicembre aumenta dello quindi 0,6% (+18 mila) e la crescita riguarda gli uomini e le persone tra 25 e 49 anni. 

Diminuiscono anche gli occupati. Dopo il calo di settembre (-0,2%) e ottobre (-0,2%) e la crescita di novembre (+0,2%), a dicembre 2015 anche la stima degli occupati in effetti cala dello 0,1% (-21 mila persone). Il calo è determinato dagli indipendenti (-54 mila) mentre crescono i dipendenti, in particolare quelli permanenti (+31 mila). Il tasso di occupazione, pari al 56,4%, quindi rimane invariato rispetto al mese precedente. Mentre, dopo la crescita di settembre (+0,4%) e ottobre (+0,2%) e il calo di novembre (-0,1%), a dicembre la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce in maniera quasi impercettibile, -0,1% (-19 mila), sintesi di un calo degli uomini e di una crescita delle donne. Il tasso di inattività rimane invece invariato al 36,2%.

Rispetto ai tre mesi precedenti, però, nel periodo ottobre-dicembre 2015 diminuiscono i disoccupati (-2,4%, pari a -70 mila) e sono in lieve calo anche le persone occupate (-0,1%, pari a -26 mila), mentre crescono gli inattivi (+0,2%, pari a +32 mila). Su base annua la disoccupazione registra comunque un forte calo (-8,1%, pari a -254 mila persone in cerca di lavoro), mentre cala lievemente anche l' inattività (-0,1%, pari a -15 mila persone inattive), mentre cresce l' occupazione (+0,5%, pari a +109 mila persone occupate). Tra i giovani, infine, il tasso di disoccupazione è sceso lievemente -0,1 punti al 37,9%. Sono numeri, quelli diffusi dall'Istat, che parlano di un mercato del lavoro stagnante rispetto al resto dell'Europa. Per fare un paragone, la Germania oggi ha limato ancora la sua disoccupazione, con un tasso in calo al 6,2% a gennaio: mai così basso dai tempi della riunificazione. Nell'Eurozona, poi, il tasso è calato ai minimi da quattro anni e mezzo al 10,4%.

"Leggiamo commenti entusiastici da parte di autorevoli esponenti del governo e della politica sui dati diffusi dall'Istat e sugli effetti salvifici del Jobs Act: non solo non convincono, ma analizzando i numeri, a ben guardare, c'è di che preoccuparsi. Per quanto riguarda gli occupati, infatti, il saldo positivo del 2015 è esattamente lo stesso di quello del 2014, anno in cui Jobs Act e sgravi non erano in vigore, e gli inattivi continuano a crescere mese dopo mese". Così Serena Sorrentino, segretario confederale della Cgil.

"Nel dicembre 2014 - spiega Sorrentino - l'Istat registrava un aumento in valore assoluto di +109 mila occupati su base annua, con una crescita dello 0.5%: si tratta esattamente dello stesso saldo del 2015, +109 mila persone occupate e +0.5% (vedi immagine). Al di là della paradossale coincidenza - prosegue - viene da chiedersi se davvero si può parlare di effetto miracoloso del Jobs Act e di riuscita delle politiche di elargizione alle imprese dell'esonero contributivo se la tendenza è uguale all'anno precedente, anno in cui non c'erano né i vantaggi fiscali né i licenziamenti illegittimi facilitati. La segretaria confederale della Cgil sottolinea che "la cancellazione dei diritti fatta con il Jobs Act e 3,5 miliardi di euro alle imprese in tre anni attraverso l'esonero contributivo hanno prodotto +48 mila posti di lavoro: parlare di successo appare una forzatura".

"La politica - sostiene Sorrentino - ha la responsabilità di verificare l'efficacia delle iniziative legislative, e se questi sono i dati occorre riflettere sulla reale portata del Jobs act". "Anche perché - aggiunge - nell'ultimo trimestre del 2015 si registra contemporaneamente la crescita degli inattivi ( +0.2%, pari a +32mila), dato che segnala un aumento dello scoraggiamento delle persone nella ricerca di occupazione e l'urgenza di un investimento serio sulle politiche attive. Cosa che finora non è stata fatta - sottolinea -  considerando la nuova agenzia Anpal, nata senza risorse e senza strumenti e non ancora operativa, e la vertenza dei lavoratori dei centri per l'impiego, che assume connotati sempre più drammatici e di incertezza. Come si vede quindi - continua la dirigente sindacale - siamo alla solita vecchia politica, grandi proclami, scarsi risultati, e soprattutto un uso sbagliato delle risorse".

"Per questi motivi, di fronte al fallimento delle riforme epocali che hanno snaturato il diritto del lavoro scegliendo di delegare alle imprese la crescita e di svalutare l'occupazione, la Cgil ha presentato la sua proposta di Carta dei diritti universali", ricorda Sorrentino. "Ci vuole una svolta radicale - conclude - sia sul fronte degli investimenti che sulla regolazione del mercato del lavoro. Se le risorse date alle imprese dalla legge di stabilità avessero finanziato un serio piano di politiche attive e progetti di inserimento lavorativo, l'occupazione prodotta sarebbe stata più alta e di maggiore qualità".