Le commissioni Affari Costituzionali e Ambiente della Camera, in sede di conversione in legge di un decreto dello scorso 15 maggio, stanno lavorando sul riordino della Protezione Civile. Si tratta di un servizio fondamentale per i compiti che le sono stati affidati e per l’importante funzione che svolge. La Cgil ha condiviso la necessità del riordino, non solo per cancellare le forzature introdotte dal governo Berlusconi (mi riferisco all’affidamento dei Grandi Eventi), ma anche perché il nostro paese, a grave rischio sismico e con un dissesto del suolo che ha pochi eguali, è caratterizzato dall’assenza di una pratica coerente di prevenzione (non solo a parole) e da un accavallarsi di norme in materia.

Anche per questa ragione abbiamo chiesto alle commissioni parlamentari di sollecitare la predisposizione di un Testo Unico delle normative in materia di Protezione per districare le sovrapposizioni nel frattempo intervenute nei diversi provvedimenti che, di volta in volta, si sono succeduti. Va segnalato, in premessa, che se le commissioni avessero dato modo alle organizzazioni sindacali di poter esprimere il proprio orientamento, in una specifica audizione, avremmo potuto contribuire con le esperienza che dal canto nostro abbiamo maturato su questi problemi.

Il decreto legge 59, insieme ad alcune scelte condivisibili contiene scelte di fondo che noi consideriamo sbagliate e non possiamo che esprimere apprezzamento per il fatto che il lavoro delle commissione ha prodotto la cancellazione dell’articolo 2, con il quale, di fatto, si sarebbe individualizzato il rischio mediante la forte sollecitazione a ricorrere alle assicurazioni sugli immobili da parte dei singoli proprietari. Al riguardo, è stato giusto cancellare l’articolo 2, ma occorre considerare che il nostro paese ha circa 26 milioni di case edificate antecedentemente all’approvazione della prima legge sulle costruzioni antisismiche. Pertanto, chiediamo che il governo dia il via a un piano di rilevazione degli interventi necessari e che si preveda la concessione di prestiti a tasso zero per la messa in sicurezza delle case.

Nel testo, allo stato attuale dei lavori, permane una scelta sbagliata laddove si sancisce la privatizzazione delle materie riguardanti la prevenzione e la gestione del territorio, in particolare sul versante dei costi. Infatti, i costi del soccorso e del ripristino delle condizioni di normalità, a partire dalla ricostruzione di abitazioni e siti produttivi e industriali, vengono fatti gravare sui governi locali e sui cittadini. Così come è particolarmente insistito il ricorso a fondi straordinari, finanziati attraverso una tassazione aggiuntiva dei carburanti. La previsione della possibilità di superare il blocco della spesa derivante dal Patto di stabilità deve rappresentare, invece, la scelta in base alla quale si rafforza l’impegno alla protezione dei propri cittadini.

Non solo. Limitare la presenza dello Stato a un massimo di 100 giorni è fortemente limitativo della necessità di operare, d’intesa e in sinergia con le istituzioni locali, per il ritorno alla “normalità”. Infine, c’è un tema dimenticato e che invece occorre riprendere con decisione. Mi riferisco alla necessità di incentivare fortemente gli interventi della Protezione Civile di tutela del territorio, previsione e prevenzione. Quasi 200 miliardi di euro sono stati spesi per intervenire a catastrofi accadute, senza contare le vite umane perse, proprio per la sottovalutazione di questi aspetti.

(* segretario confederale Cgil)