Negli ultimi anni, a causa del momento di difficoltà per l’economia e il mondo del lavoro, l’agricoltura italiana è riuscita a collocarsi al centro del dibattito socio-politico, in modo particolare per le occasioni imprenditoriali e occupazionali che potrebbe offrire e che trovano il loro fondamento nel recente fenomeno di ritorno alla terra, specialmente da parte di giovani, di donne e di figure miste, che pur avendo un’altra attività mantengono il legame con le attività del mondo rurale.

A stupire non è solo la presenza di tante persone nel mondo agricolo, ma la loro naturale capacità di mostrarsi più aperti all’adozione di strategie innovative, ponendo particolare attenzione alla qualità dell’offerta produttiva, alla tutela dell’ambiente e ai fabbisogni del territorio e contribuendo così al miglioramento delle condizioni di vita e della vitalità socio-economica dei contesti rurali e agricoli.

Questi soggetti rappresentano un’opportunità per dare slancio a forme di agricoltura capaci di generare nuove tipologie di lavoro e vantaggi per i territori, dando così alimento a quella che comunemente viene definita agricoltura civica o civile, in cui a essere perseguita non è solo la produzione di beni primari, ma anche il benessere generale degli individui e dell’intera collettività. L’agricoltura civica infatti si fonda sul coinvolgimento delle comunità locali e dei cittadini, e fa riferimento a modelli di produzione agricola di piccole dimensioni integrati nei sistemi locali.

Le pratiche di agricoltura civica, condotte prevalentemente da produttori “non imprese”, consentono di assicurare oltre al cibo genuino infrastrutture fondamentali per la vita quotidiana, siano esse di tipo naturale (paesaggi, gestione delle risorse naturali, biodiversità, difesa del territorio) o sociale (conoscenza del mondo agricolo e rurale, identità dei luoghi, benessere delle persone, servizi socio-educativi e assistenziali). Riconoscere le differenti agricolture per farle convivere in una prospettiva di sviluppo, significa farsi carico della necessità di definire differenziate politiche atte a delineare e a orientare strumenti e servizi innovativi in una visione della società fondata su pratiche sociali, economiche e ambientali sostenibili, sul senso di responsabilità, sulla reciprocità.

Un modello particolarmente agevole per i piccoli produttori, incentrato su pratiche di qualità economica, ambientale e sociale, in cui lo “scambio mercantile” si intreccia fortemente con valori di relazione, produzione di servizi alla persona, gestione di beni sottratti alle mafie, forme di vendita diretta e di prossimità, gruppi di acquisto solidale o collettivi. In altre parole: l’agricoltura sorretta dalla comunità per migliorare la qualità della vita nei sistemi locali, cui destinare adeguate politiche – a cominciare dalla Pac (Politica agricola comune) – e risorse.

Attraverso la sua attività, l’Alpaa – l’associazione delle cosiddette “figure miste” del settore agroalimentare e della pesca affiliata alla Flai Cgil – vuole legittimamente rappresentare e tutelare i lavoratori-produttori orientati all’autoconsumo, a forme di vendita diretta, fautori di un’economia solidale, che fino a oggi purtroppo hanno avuto scarso ascolto. Sarà dunque compito della Conferenza di organizzazione dell’associazione – i cui lavori si svolgeranno oggi e domani (29 e 30 ottobre) a Salerno – affrontare il tema, in linea con le scelte compiute dalla Conferenza di organizzazione della Cgil dello scorso settembre, della “rappresentanza del mondo del lavoro, nelle diverse forme in cui si articola”, e di annoverare al suo interno i nuovi lavori ad alta qualificazione, comprese alcune specifiche forme di lavoro autonomo.

Un obiettivo tanto più necessario, quanto più si è consapevoli del fatto che avviare e mantenere un’attività agricola non è affatto facile. L’accesso ai fattori della produzione, alle conoscenze e all’innovazione, nonché le difficoltà a vivere e lavorare in territori dove è più limitato l’accesso ai servizi, rendono spesso problematica la permanenza e la stessa gestione della terra. Possono allora convivere ed essere sostenibili nel lungo periodo, da un punto di vista economico e lavorativo, forme di agricoltura più convenzionali con quelle forme sempre più emergenti, anche nei contesti più critici? Possono tali forme di agricoltura garantire lavoro nel medio-lungo periodo? A tutti questi interrogativi cercheremo di dare una risposta, con il contributo di illustri relatori, attraverso la tavola rotonda dal titolo “Moderne agricolture e nuovi lavori tra globalizzazione e ruralità”, che si terrà questa mattina (29 ottobre) nell’ambito della Conferenza di organizzazione.

*Alpaa nazionale