“Le misure del governo sulla pubblica amministrazione non rappresentano quella riforma, tanto sbandierata, che cambia la vita ai cittadini. Siamo in presenza di provvedimenti assolutamente scollegati fra loro, che a propria volta necessitano di ulteriori provvedimenti, quindi con tempi assolutamente lunghi e imprevedibili. Da quello che abbiamo potuto leggere, ad esempio, finisce la privatizzazione del rapporto di lavoro del pubblico impiego e si ritorna al principio che è la legge a governare tutto. Possiamo tranquillamente sostenere che nemmeno Brunetta era arrivato a tanto”. A dirlo è Michele Gentile, responsabile dei Settori pubblici della Cgil nazionale, commentando alla trasmissione “Italia Parla” di RadioArticolo1 gli ultimi provvedimenti del governo in materia di pubblica amministrazione, divisi tra decreto 90 e legge delega (di cui ancora non si conosce ufficialmente il testo).

Una materia di importanza cruciale per il sindacato, di cui si parlerà mercoledì 16 luglio a Roma nel corso di un dibattito, che sarà seguito in diretta streaming da RadioArticolo1, cui parteciperanno il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia e il segretario generale della Cgil Susanna Camusso.

Affrontando specificamente il decreto 90, Gentile entra nel merito delle singole misure, a partire da quella che introduce il divieto di trattenimento in servizio. “Quella misura individua cinque diverse discipline (per magistrati, medici, forze armate, professori universitari e tutti gli altri), quindi con una gestione complicata e costi non indifferenti, che rende molto complessa la realizzazione della seconda parte della misura, ossia la cosiddetta ‘staffetta generazionale’, che invece sarebbe assolutamente necessaria” spiega il responsabile Cgil: “inoltre, non si è fatto il lavoro di fondo, cioè l’eliminazione di tutti quei vincoli normativi che oggi impediscono di assumere nella pubblica amministrazione”.

C’è poi la norma sulla cosiddetta “mobilità volontaria obbligatoria: in realtà si tratta del fatto che l’ufficio nel quale il dipendente lavora non è più chiuso tra quattro mura, ma ha una dimensione di 50 chilometri. E avendo, l’ufficio, una dimensione di 50 chilometri, non si pone il problema della mobilità: l’amministrazione può spostare la mia scrivania da dove sta a un qualsiasi altro ufficio nel raggio di 50 chilometri senza alcuna motivazione o esigenza di carattere organizzativo”.

A queste prime due misure, se ne aggiungono altre due che vedono l’opposizione della Cgil: la prima è “quello che abbiamo chiamato il demansionamento, cioè la possibilità di individuare una classificazione inferiore e una retribuzione inferiore per collocare il dipendente”; la seconda, di carattere più generale, è quella che “toglie al sindacato nei luoghi di lavoro la possibilità di esercitare la propria funzione di ricerca e di rappresentanza dei lavoratori”.

Ma il cahier de doléances è lungo, ed è fatto di misure più minute: “il taglio del 50 per cento delle entrate delle Camere di commercio, che mette a rischio lo stipendio dei 7.500 dipendenti; l’abolizione delle entrate dei segretari comunali, il cosiddetto rogito; la possibilità di assumere dirigenti degli enti locali, che prima era limitata al 10 e ora passa al 30 per cento; la possibilità di premiare con stipendi dirigenziali coloro che sono assunti direttamente dai sindaci e dai presidenti delle province; lo spostamento discrezionale da Napoli a Roma dell’Autorità per la comunicazione”.

Riguardo alla legge delega, il ministro Madia ha sottolineato alcuni filoni principali, come la digitalizzazione della pubblica amministrazione o la riorganizzazione dello Stato. “Ancora non è chiaro qual è il disegno di riforma di questa legge delega, quindi è difficile commentare” spiega Gentile.

“La digitalizzazione, ad
esempio, presuppone investimenti in informatica, in internet, che non si prevedono: anzi, dall’anno prossimo ci saranno ulteriori tagli di spesa pubblica a causa del cosiddetto rapporto Cottarelli. E poi la digitalizzazione è uno strumento, non è un obiettivo: l’obiettivo è la semplificazione, la riduzione delle amministrazioni pubbliche sul territorio, la creazione di sportelli unici. Ma anche qui occorre fare attenzione: la riduzione delle organizzazioni pubbliche sul territorio non può significare il ritiro delle amministrazioni pubbliche dal territorio”.

Proprio sul rapporto Cottarelli, infine, il responsabile dei Settori pubblici della Cgil nazionale ricorda che l’anno prossimo è previsto un taglio di 17 miliardi di euro della spesa pubblica. “Ma il 31 dicembre di quest’anno scade il blocco dei contratti, quindi noi ci troveremo ad applicare la cosiddetta riforma della pubblica amministrazione all’interno di un programma di riduzione della spesa. La riforma, dunque, non è uno strumento per migliorare l’amministrazione, bensì per attuare i tagli di Cottarelli” conclude Gentile: “il disegno vero di questa riforma è la riduzione della spesa, quindi non penso proprio che questa riforma produrrà benefici sia per i lavoratori pubblici sia per i cittadini che fruiscono dei servizi della pubblica amministrazione”.