“Meno tasse per tutti”: il solito slogan ripetuto ormai da anni. Ma da questi “tutti” a rimanere fuori sono i più giovani, sempre più precari e flessibili, che tutti sembrano scordare e nessuno riesce ad aiutare concretamente. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ripete spesso che grazie alle misure contenute nella legge di stabilità la pressione fiscale calerà al 42,4 per cento, contro la precedente stima del 44,2 per cento. Tra tutte, la misura più importante e discussa riguarda la completa abolizione dell'Imu e della Tasi sulla prima casa, con l'eccezione, decisa successivamente, delle case di lusso e dei castelli. In totale la cancellazione costerà alle finanze pubbliche quasi 3,7 miliardi di euro. Appena pochi mesi fa lo stesso Matteo Renzi aveva spiegato che, "smettere di tassare la prima casa è giusto e anche equo in un paese dove l'81 percento degli italiani ha sudato per acquistarsi un'abitazione".

Un dato sembra, comunque, chiaro: l'abolizione di Imu e Tasi sulla prima casa avvantaggia molti, ma non tutti e, soprattutto, non i giovani. Gli italiani che dispongono di una "prima casa" di proprietà sono, infatti, persone relativamente ricche rispetto alla media: possiede una casa di proprietà circa il 91 per cento di chi ha un reddito superiore ai 42.547 euro l'anno, ma solo il 34,7 per cento delle famiglie che possono contare su 14.457 euro annui. Queste famiglie, che per la maggior parte vivono in affitto, continueranno a pagare la Tasi secondo la quota stabilita dal comune di residenza (sempre che l'inquilino non abbia spostato la propria residenza nella casa in affitto).

Così non tutti beneficeranno degli annunciati tagli, anzi; molti studenti fuori sede in regola e molti giovani lavoratori che vivono in affitto continueranno tranquillamente a pagare la Tasi. Sono dunque proprio i contribuenti più giovani, i cosiddetti millenial, che maggiormente dovrebbero essere aiutati e sollevati dalle spalle dei genitori, a essere penalizzati dalla decisione di abolire Imu e Tasi sulle prime case, dal momento che evidentemente, per lo più, non possiedono abitazioni.

Servono, infatti, oltre 12 anni di reddito ai millenial per potersi permettere di acquistare un'abitazione. E secondo l'Agenzia delle entrate è per questo motivo che dei 24 milioni di italiani proprietari di casa solo 810 mila hanno tra i 21 e i 30 anni e solo 77 mila meno di 20 anni. Quindi, i giovani rappresentano non più del 3,5 per cento dei proprietari di case in Italia, con valori delle abitazioni che in media ammontano a meno della metà di quelle possedute da chi ha 50 anni e più. Alla fine così il taglio delle tasse sulla prima casa andrà a beneficiare più che proporzionalmente gli ultra 50enni e solo marginalmente chi ha meno di 30 anni, anche nei rari casi in cui questi possiedono un'abitazione.

Alla fine dei conti, la manovra redistribuirà un carico fiscale da 3,5 miliardi di euro in favore dei cittadini più anziani e tendenzialmente più ricchi. Questo mentre sempre più giovani sono disoccupati, non possiedono una casa di proprietà e non hanno molti mezzi per sostenere il proprio reddito. Secondo la Banca d'Italia, il governo non è nuovo a questi tipi di interventi che escludono le fasce più giovani: quasi il 40 per cento dello stanziamento per il bonus degli 80 euro è andato a famiglie con un reddito sopra la media nazionale, mentre appena poco più del 10 per cento è finito nelle tasche dei lavoratori dipendenti con redditi più bassi, categoria dove spesso si trovano proprio i più giovani. Che proprio in questi “tutti” non vogliono rientrare.