Un caldo asfissiante, il surreale suono delle cicale che ti penetra nella testa, la splendida campagna pugliese. Ma tutto intorno è l'inferno. Due treni, su di un binario unico, si scontrano e le loro perfette linee geometriche in un attimo si attorcigliano. Dentro donne, uomini e bambini. Per tanti di loro non ci sarà niente da fare.  Subito dopo il boato, nei placidi campi della Puglia, i lamenti e le lacrime, e poi il sudore e la fatica dei soccorritori, “quella che ti arriva addosso ma che rigetti, spingendoti sempre più in là, se solo con le tue mani potessi piegare quelle lamiere e riportarle com'erano prima”.

Com'era tutto prima delle 11.43 del 12 luglio. Prima di quel tragico incidente ferroviario avvenuto nel tratto a binario unico fra Corato e Andria che ha tolto la vita a 27 persone e fatto oltre 50 feriti. Abbiamo parlato con chi era lì per prestare soccorso. Un singolo ingranaggio di quella macchina che come sempre dimostra con grande orgoglio il valore insostituibile del lavoro pubblico. Abbiamo scelto così, come figura simbolica, un vigile del fuoco, tra i primi accorsi in zona pochi minuti dopo il tragico e devastante impatto. Lo chiameremo Mario Rossi, ha deciso di non mostrarsi col suo nome, perché non vuole che si pensi sia un eroe. 

Mario ci racconta come stanno le cose adesso: “In questo momento - spiega con una certa concitazione - gli interventi sono ancora in corso, ci si sta adoperando per la rimozione dei vagoni, per permettere di ripristinare al più presto la linea ferroviaria per i cittadini ma, soprattutto, per permettere la ricerca di possibili dispersi”. E il pensiero va alla giornata di ieri e a quelle prime e concitate ore: “Noi siamo stati tra i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente - racconta Mario -, e come si può immaginare quello che ci siamo trovati davanti è stato uno scenario terribile, fatto di lamiere contorte, feriti, e morti”.

Ma quali sono state le prime operazioni messe in campo? Mario risponde: “Intervenire in uno scenario simile è complicato, bisogna in primo luogo capire come spostare le lamiere per rimuovere in sicurezza i feriti, anche attraverso l’ausilio di macchinari. La nostra prima preoccupazione, insieme agli operatori del 118, è stata quella di stabilizzare i feriti ed estrarre le persone ancora vive dalle lamiere”.  Un’operazione, aggiunge, “non semplice e complicata dal grande caldo, ma la macchina dei soccorsi ha funzionato bene su tutti i livelli, allertando immediatamente tutti i comandi limitrofi”. Mario ha già vissuto una situazione del genere nel corso della sua carriera. Un sospiro, ripesca nella memoria e poi di getto racconta: “Non è la prima volta che mi trovo in uno scenario così grave, è passato appena un anno dall’incidente nella fabbrica di fuochi d’artificio Bruscella, e in situazioni del genere l’impatto emotivo è sempre molto forte. In queste occasioni ci facciamo forza tra compagni, vinciamo le nostre paure facendo squadra, gomito a gomito, con un unico pensiero nella testa: mettere anima e corpo per aiutare, per salvare quante più vite possibile”.

Banale dirlo ma si tratta di eventi che segnano, lasciano solchi dentro. “Sono eventi che in un modo o nell’altro rimangono nella memoria, come ricordi indelebili nella nostra carriera. Spesso tra noi parliamo di queste esperienze, dei nostri stati d’animo, ma sappiamo che dobbiamo andare oltre, nonostante alcune volte ci si porti dietro il rammarico di non esser riusciti a fare anche l’impossibile”. E cosa lascia dentro di te questa esperienza? “Ancora non posso dire quanto di questa triste esperienza rimarrà impressa nella mia memoria, ma posso affermare con certezza che né  i miei compagni né io ci fermeremo mai di fronte a nulla, e ci faremo sempre trovare pronti in caso di necessità”. 

 

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