Il lavoro per tutti come urgente priorità. Com’è possibile pensare di sconfiggere la povertà, se in primo luogo non si creano nuove opportunità di lavoro dignitoso? Questo l’interrogativo posto dalla Cgil alla Commissione delle Nazioni Unite sullo sviluppo sociale (CSocD), in corso in questi giorni a New York (si concluderà domani 10 febbraio), con l’agenda sullo sradicamento della povertà e la realizzazione dello sviluppo sostenibile per tutti. Nell’occasione, la Cgil, unico sindacato in Italia e tra i pochissimi al mondo con status consultivo all’Onu, ha presentato la sua Carta dei diritti universali del lavoro, in quanto proposta coerente con le esigenze politiche e gli obiettivi di progresso e giustizia sociale affermati dalla comunità internazionale.

La Commissione sullo sviluppo sociale è quella che storicamente ha contribuito in maniera più significativa all’evoluzione di molti principi alla base dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu. Con l’ambizione di porre fine alla povertà e “trasformare le vite, preservando il pianeta”, l’Agenda 2030 ingloba 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, una sorta di nuova tabella di marcia per lo sviluppo del pianeta su cui costruire il futuro degli 8,5 miliardi di persone che nel 2030 popoleranno la terra. La povertà, premette l’Agenda, è la più grande sfida globale del mondo di oggi e il principale ostacolo al suo progresso e include in uno degli obiettivi la promozione di piena e produttiva occupazione, insieme alla creazione di lavoro dignitoso per tutti.

La Carta dei diritti universali del lavoro della Cgil, a garanzia dei diritti fondamentali e inderogabili da riconoscere ed estendere a tutti, indipendentemente dalla tipologia di lavoro, è proprio lo strumento di attuazione di libertà, dignità e democrazia, coerente con quegli Obiettivi, adottati dalla comunità internazionale per aggredire le cause della povertà. La visione politica che l’accompagna si basa sulla promozione dello sviluppo sostenibile, in quanto incentrato sulla tutela delle persone, sul valore del lavoro e sulla loro dignità, contro il crescente aumento delle disuguaglianze, dell’esclusione e del degrado ambientale e sociale.

Il dibattito di New York ha sottolineato come sia sempre più difficile raggiungere le persone che vivono in condizioni di povertà estrema, poiché i cosiddetti avanzamenti del libero mercato globale, spesso propagandisticamente, e opportunisticamente, celebrati dai media, riguardano di fatto pochissimi e si accompagnano a crescenti rischi per la coesione, la giustizia sociale, la democrazia e la pace. La Commissione sta vivendo tempi di contraddizioni globali. Se ci sono stati dei passi in avanti nella lotta alla povertà estrema, si sono anche registrate delle retrocessioni nel benessere sociale, mentre aumenta il divario ricchi-poveri. Le crescenti disuguaglianze globali minano l’universalità dei diritti umani.

Giovani, anziani, diversamente abili, migranti, minoranze, donne e ragazze continuano ad affrontare enormi ostacoli al loro sviluppo, mentre coloro che vivono in condizioni di grave disagio economico sono impotenti sul piano politico e privi di opportunità per potere gestire la loro vita. Servirebbe, invece, un ampio spettro di politiche economiche e sociali, così come la valorizzazione delle loro sinergie e la traduzione di quegli obiettivi in concrete azioni sul terreno, a partire da azioni internazionali coordinate: per esempio su pubblici servizi universali e nuovi posti di lavoro di qualità, soprattutto per donne e giovani; sostegno alla domanda e all’aumento dei salari, al dialogo sociale e alla contrattazione collettiva; sostegno incondizionato all’uguaglianza di genere e gestione politicamente coerente con la tutela dei diritti umani sulle migrazioni e le mobilità.

La dignità umana al centro di ogni processo di sviluppo sostenibile significa che lo sradicamento della povertà non può che basarsi sulla difesa dei diritti fondamentali della persona e del lavoro, a partire dalla libertà di associazione, di contrattazione, di protezione della salute e della sicurezza sul lavoro, del diritto a una retribuzione equa e alla protezione sociale. Non è possibile sconfiggere la povertà senza l’affermazione e il pieno rispetto dei diritti del lavoro: questa è la visione che si riflette nella Carta della Cgil, unica voce sindacale nell’ambito dei lavori della Commissione Onu sullo sviluppo sociale di quest’anno.

Le belle intenzioni espresse dai governi e nei documenti delle Nazioni Unite devono trovare adesso concreta attuazione. Proviamo almeno a individuare un punto di partenza. Gli Obiettivi di sviluppo hanno, purtroppo, natura volontaria. Non è tuttavia possibile pensare di aspettare fino al 2030 per individuare dei meccanismi vincolanti per la loro attuazione. Anche perché un miglioramento appare sempre meno probabile, guardando all’attuale quadro politico internazionale. Vale la pena, allora, di pensare a un sistema di periodiche relazioni su base nazionale, con degli indicatori che includano la libertà di organizzazione sindacale e la protezione dei diritti del lavoro in tutte le statistiche nazionali di riferimento. Non è certo una rivoluzione, ma potrebbe essere un serio passo in termini di migliore conoscenza, maggiore protezione della libertà delle persone, avanzamento della democrazia delle società e tutela della dignità del lavoro.