Nonostante lunghe ore di trattative e vertici ristretti, il tavolo tra i sindacati dei metalmeccanici e Am Investco, la nuova società acquirente dell'Ilva guidata da Arcelor Mittal, non ha prodotto l'atteso accordo sul futuro dell'azienda. La riunione ristretta si è conclusa molto tardi, intorno all'una della scorsa notte (23 maggio) ma, secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa, "restano ancora distanze importanti sulle garanzie di fine piano industriale per tutti, sui numeri dell'occupazione iniziale”. Rimane comunque aperta la possibilità che nella mattinata di oggi l'azienda possa dare comunicazione per capire se è in grado di riprendere la discussione su questi punti. Si resta, insomma, in attesa di sviluppi.

L'inizio del tavolo era previsto a Roma per le 10 di ieri mattina, ma in realtà è cominciato con molto ritardo ed è andato avanti per diverse ore. Nel tardo pomeriggio avevano cominciato a circolare notizie ottimistiche su una prima schiarita. Poi c'è stata una sospensione per dar modo alle parti di aggiornarsi. Il confronto è ripreso dopo le 20 in ristretta: i vertici dei sindacati metalmeccanici, Am Investco e i legali di quest'ultima. Ma senza risultati apprezzabili.

Sul tavolo resta sempre il nodo dell'occupazione. I sindacati sono contrari agli esuberi nel gruppo Ilva e per diverse settimane il confronto si è sostanzialmente bloccato sul fatto che Mittal propone 10mila assunti sui poco meno 14mila totali di Ilva ad avvio di piano industriale che si conclude nel 2023, quando poi la forza lavoro scenderà a circa 8500 unità. Fim, Fiom e Uilm, invece, vogliono occupazione e assunzione per tutti.

Quello concluso stanotte è il secondo incontro tra le parti senza la presenza del governo, dopo la brusca interruzione del tavolo al Mise lo scorso 10 maggio. In quella sede il ministro Calenda propose un testo di accordo che prevedeva oltre ai 10mila assunti da Mittal, come da contratto firmato dall'acquirente, anche altri 1200 lavoratori assunti da una società mista tra Ilva in amministrazione straordinaria e la società pubblica Invitalia, 200 milioni di risorse pubbliche per consentire esodi volontari agevolati e anticipati, l'avvio della spesa di 30 milioni di fondi sociale per Taranto e i comuni dell'area di crisi ambientale, soldi stanziati da uno dei precedenti decreti legge Mezzogiorno, nonché attenzione alla crisi dell'indotto locale, che avanza pagamenti arretrati, e ulteriori garanzie per gli aspetti ambientali sollevati dal Comune di Taranto. L'offerta è stata respinta dai sindacati.

Nel frattempo, nello stabilimento di Taranto è anche morto un operaio in appalto di 28 anni. Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno proclamato uno sciopero immediato all’Ilva di Genova e Taranto, chiedendo di non rinviare più “una seria discussione sull'intero sistema degli appalti", in una trattativa “in cui uno dei punti delle nostre rivendicazioni è proprio l'avvio di un vero e proprio codice degli appalti".

"Gli incontri che si sono protratti fino a tarda notte non hanno prodotto le condizioni necessarie per sbloccare il negoziato tra ArcelorMittal e i sindacati che è condizione preliminare per la ripresa della trattativa con gli altri soggetti coinvolti e per l'accordo complessivo che comprenda tutti gli altri aspetti che riguardano una trattativa complessa come quella sull'Ilva, a partire dalle questioni ambientali di Taranto, dagli strumenti di sostegno anche legati all'amministrazione straordinaria, e dall'accordo di programma di Genova". Lo dichiara in una nota Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil. "La condizione preliminare - sottolinea - è la garanzia dell'occupazione per tutti i 14 mila dipendenti e la salvaguardia dei salari e dei diritti. E' necessario che l'azienda modifichi la sua posizione che è rimasta sostanzialmente sempre la stessa". "La Fiom - conclude la Re David - convocherà le proprie strutture per discutere lo stato delle cose nella convinzione che è necessario trovare una soluzione positiva della vertenza Ilva".