La campagna-progetto “I diritti che non sai”, realizzata sul territorio di Rimini, nasce dalla volontà di integrare l'attività del Sistema Servizi della Cgil con l’azione contrattuale svolta sul territorio dallo Spi e dalla Confederazione, soprattutto al fine di far conoscere ad una vasta platea di potenziali aventi diritto le opportunità che quella contrattazione ha messo a loro disposizione. Attraverso vari focus group e l’utilizzo di un questionario di gradimento, si è poi cercato di indagare sia l’efficacia della campagna, sia le sue criticità per valutare la possibilità di replicare ed estendere l’esperienza.

L'avvento delle tecnologie digitali ha generato un clima di generale disorientamento da parte dei cittadini, soprattutto quelli di età più avanzata. Contemporaneamente ha però anche aperto le porte allo sviluppo di nuove modalità di tutela capaci di integrare quelle più tradizionali. Grazie ad un efficace utilizzo dei database a disposizione dell’apparato dei servizi sindacali, è infatti divenuto possibile  agevolare il passaggio da tutela passiva a tutela attiva, contattando in modo diretto coloro che godono dei requisiti necessari ad usufruire delle agevolazioni previste. Le testimonianze dei collaboratori intervenuti nei focus group hanno sottolineato come la tutela attiva abbia avuto effetto anzitutto nel processo di diffusione, informazione e supporto, non solo riguardo i bonus e le agevolazioni frutto della contrattazione territoriale, ma anche per le pratiche di origine Inps e/o legate agli enti locali.

Rendere più accessibili i diritti frutto del lavoro di contrattazione rappresenta spesso soltanto l’occasione di primo di contatto che svela una condizione di disagio e di disorientamento molto più profonda. Stabilire la prima connessione con chi può fornire un aiuto è divenuto l’ostacolo maggiore per coloro che si trovano a fare i conti con il proprio gap informativo. È in questo senso che una volta entrati in contatto con i pensionati, per i collaboratori SPI si presentano situazioni caratterizzate dalla sovrapposizione di bisogni che necessitano di una risposta adeguata, che richiedono sempre più capacità di integrazione di competenze e alti livelli di coordinamento nei servizi erogati.

La necessità di formazione degli operatori diviene uno degli aspetti più problematici emersi nei focus group: pensare di poter raggiungere un livello di preparazione tale da coprire tutta la domanda degli utenti risulta ad oggi ancora difficile, specie in un contesto normativo in costante dinamismo, e le strategie messe in campo dai collaboratori SPI per supplire alle lacune informative spesso rischiano di cadere in soluzioni “casalinghe”, come il ricorso all’utilizzo di internet. Chi può, fa leva su competenze provenienti da esperienze lavorative e/o sindacali pregresse. I collaboratori chiedono di poter disporre di un punto di riferimento costante, sottolineano la necessità di maggiore integrazione dei servizi sindacali e di un sistema informativo centralizzato. Per chi ha operato nelle sedi periferiche è stata sottolineata la difficoltà di comunicazione verso la sede centrale e l’assenza di un database centralizzato degli appuntamenti. Contraddittoria è stata, anche, la descrizione del rapporto con il computer. Se alcuni hanno trovato obsoleti gli strumenti messi a disposizione, altri ne hanno evidenziato la scarsa fruibilità, soprattutto per mancanza delle skill necessarie. Il contatto telefonico risulta ancora essere il preferito; Sms e mail risultano accessibili il più delle volte solo grazie all’intervento da parte di un familiare.

“Finalmente qualcuno che si occupa di me”: questa è la frase che rappresenta al meglio lo spirito con cui è stata accolta l’iniziativa. Il valore della campagna sembra, infatti, risiedere proprio nella capacità di rompere l’isolamento sociale: una volta superata l’iniziale fase di scetticismo, il riscontro più positivo è stato proprio la rinnovata relazione di fiducia nei confronti del sindacato. La tutela attiva ha permesso al sindacato di “venire incontro” alle difficoltà dei pensionati, fornendo un servizio di norma inaccessibile a molti e un importante supporto nel contesto di crescente disorientamento informativo. Ad essere premiato non è stato soltanto l’approccio attivo della campagna, ma anche il merito del beneficio percepito: le agevolazioni contrattate dal sindacato spesso non erano utilizzate a pieno proprio per carenza informativa (vedi tabella).

La quasi totalità degli interpellati ha espresso un giudizio ottimo sul livello di accoglienza degli operatori ed è emerso come, prima del contatto, solamente poco più della metà degli intervistati fosse informata dei propri diritti. Ricordando come la campagna “I diritti che non sai” si caratterizzasse per gli aspetti “attivi” del servizio di tutela, non era scontata la reazione che avrebbero avuto i pensionati. Tale processo ha rappresentato un’innovazione assoluta nell’ambito dell’erogazione di servizi connessi al sindacato e avrebbe potuto prestarsi facilmente all’alimentazione di ambiguità e atteggiamenti di diffidenza.

La campagna ha agito su due aspetti fondamentali del rapporto utenza/sindacato: da un lato il servizio di informazione agli iscritti, dall’altro l’attività di proselitismo. Per quanto riguarda il primo versante, i dati raccolti hanno restituito un giudizio ampiamente positivo di questa prima sperimentazione. Mentre va sottolineato che, dopo il contatto, il 26% dei non iscritti ha espresso la volontà di iscriversi. Restano evidenti spazi di miglioramento legati ad aspetti organizzativi e formativi degli operatori che esprimono la necessità di disporre di più strumenti capaci di soddisfare le richieste degli utenti che, molto spesso, vanno oltre lo svolgimento della singola pratica.

Da un lato lo sviluppo della digitalizzazione delle informazioni, dall’altro l’isolamento sociale, disegnano un panorama dove l’elemento attivo della tutela diviene sempre più stringente. Cresce la necessità di rovesciare l’impostazione e di non limitarsi ad attendere le persone negli uffici, di agevolare la tutela individuale nei luoghi di lavoro consegnando ai delegati, attraverso una formazione mirata, strumenti più ricchi per esercitare il proprio ruolo, capaci di fornire una prima lettura del bisogno e mettere in contatto il lavoratore con la struttura di servizio preposta. In un contesto di crisi, caratterizzato dalla difficoltà di estendere la contrattazione collettiva, la tutela individuale assume una rilevanza sempre maggiore. Crediamo che monitorare e sperimentare queste nuove forme di tutela attiva, possa rinnovare la relazione di fiducia tra la Cgil e i suoi iscritti e, come emerso dalla ricerca, favorire quell’integrazione vera che oggi è ancora ben lontana dall’essere attuata.

* Ricercatore Ires Emilia-Romagna