“Un modello di accoglienza diverso, in grado di coinvolgere i territori e promuovere un'integrazione dei rifugiati presenti in Campania vera, effettiva, degna di un paese civile”. È questa in estrema sintesi la proposta presentata dalla Cgil durante la conferenza stampa promossa dalla Confederazione proprio per determinare una nuova policy dell'accoglienza sul territorio regionale. All'incontro, insieme a Giuseppe Spadaro (commissario Cgil Campania) e a Jamal Qaddorah (responsabile politiche dell'immigrazione Cgil Campania), i segretari delle Camere del Lavoro di Avellino e Benevento, Vincenzo Petruzziello e Rosita Galdiero, i responsabili alle politiche dell'immigrazione della Cdlt di Caserta e Salerno, Emanuela Borriello e Anselmo Botte, Padre Alex Zanotelli e un rappresentante dello spazio “Je so' pazz” ex Opg occupato.

Durante l'incontro la confederazione ha presentato un dossier sullo stato dell'immigrazione e dei rifugiati in Campania e ha lanciato la mobilitazione partenopea di “Ventiquattr'ore senza di noi”, e cioè lo “sciopero” dei lavoratori immigrati che si terrà, come di consueto (il primo si tenne nel 2010), nella data del primo marzo. A Napoli il corteo partirà da piazza Garibaldi e giungerà davanti alla sede della Regione Campania in via Santa Lucia, passando prima davanti a quelle del Comune e della Prefettura.

“Cosa accadrebbe se tutti gli immigrati scioperassero? Si fermerebbe il Paese”, ha affermato Jamal Qaddorah lanciando la mobilitazione del primo marzo. Il responsabile alle politiche dell'immigrazione ha quindi evidenziato il ruolo dei lavoratori non comunitari, a sostegno dell'economia nazionale e regionale, focalizzandosi in particolare sulla condizione dei rifugiati. In Campania, dal 2014 ad oggi, negli 11 sbarchi registrati (8 dei quali a Salerno e 3 a Napoli), sono approdati 11.123 rifugiati. Di questi, 6758 sono ancora presenti nella regione in 149 strutture di accoglienza. Spesso vittime di condizioni al limite del disumano, i rifugiati presenti nel centro di accoglienza trovano nella Cgil un approdo, dove chiedere sostegno nella difesa dei diritti e della dignità umana. Come a Benevento, dove il sindacato ha attivato una campagna itinerante, attraverso il ricorso ad un camper, alla scoperta e per l'emersione delle condizioni vissute all'interno dei centri di accoglienza dislocati ai margini delle comunità.

Ghetti in cui si consuma lo scempio della dignità umana, come accaduto ad Avellino, dove la Camera del lavoro guidata da Vincenzo Petruzziello si è fatta artefice di una denuncia alla Procura della Repubblica che ha condotto alla chiusura di ben sette centri di accoglienza. Condizioni igieniche precarie, sovraffollamento, mancata consegna del kit giornaliero e di vestiario adeguato sono solo alcune delle condizioni denunciate dalla Camera del lavoro di Avellino e purtroppo rilevate e denunciate anche dalle altre strutture camerali. Il ruolo della prefettura e la sinergia attuata con le Asl si fa fondamentale per la risoluzione dei problemi.

La risposta, però, nei cinque territori si manifesta come estramente diversificata. Ci sono territori dove la collaborazione con le istituzioni è celere e puntuale, altri dove è mancata la funzione di controllo e deterrenza della prefettura. Come accaduto in Irpinia, dove tra le cooperative assegnatarie dei servizi di accoglienza c'erano anche alcune afferenti a quell'In Opera, coinvolta nell'inchiesta Mafia capitale. E allora superare il ricorso alle cooperative è la soluzione proposta dalla Confederazione: “Ci sono 550 comuni in Campania, basterebbe attraverso il coinvolgimento dell'Anci e delle amministrazioni comunali, consentire l'insediamento in ciascuna delle città e dei paesi della Campania di quegli uomini e quelle donne scappate dalla fame e dalla guerra e in cerca semplicemente di una vita migliore”.

Quei seimila rifugiati che possono sembrare un numero enorme si trasformerebbero così in poco più di una decina di uomini e donne per comune. E si darebbe vita ad un'integrazione vera, fuori dai ghetti che sono i centri d'accoglienza ”dove – denuncia la Confederazione – nonostante sia prescritto dal bando, non sono neanche garantiti i corsi di lingua italiana”. Una manna venuta dal mare in grado di rifondere vita nei piccoli centri del profondo sud, anch'essi svuotati dall'immigrazione.