La situazione dei precari in Italia, le singole esperienze nei luoghi di lavoro, i contratti distorti e la lotta per condizioni migliori. L'impegno del sindacato a rappresentare queste persone, nel mondo del lavoro del 2015, un sindacato che vuole fare sempre di più attraverso la contrattazione inclusiva. Questi temi sono stati al centro della tavola rotonda "Controvento", che si è svolta oggi (15 luglio) a Roma, nel corso della prima assemblea nazionale dei quadri e dei delegati di Nidil Cgil. I lavoratori hanno dialogato con il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che ha risposto alle loro domande.

Claudio Treves, segretario generale del Nidil, ha introdotto l'incontro. "Noi del Nidil possiamo dare un grande contributo al movimento sindacale - ha detto - perché, semplicemente, partiamo da noi stessi. Siamo le sentinelle delle trasformazioni, delle condizioni di lavoro e delle realtà nelle aziende. Le condizioni degli atipici, che noi raccontiamo, possono ricostruire ciò che abbiamo perso in questi anni: la conoscenza dei luoghi di lavoro. Il sindacato - a suo giudizio - deve superare gli steccati, intrecciare le esperienze delle sue categorie. Così si combatte l'isolamento".

Poi spazio alle esperienze dei precari,
che sono state raccontate a lungo dalla platea. I lavoratori hanno ripercorso le loro storie, fatte spesso di condizioni complesse, salari poveri, contratti al ribasso. Come Alessandro, co.co.pro. della sanità: "Sono biologo molecolare specializzato in tumori infantili, faccio ricerca da anni. E da molti anni sono precario. Ogni volta il ministero fa promesse, ma di concreto non succede nulla. In questo periodo il sindacato parla di contrattazione inclusiva: è davvero auspicabile che i lavoratori facciano fronte comune per avere un peso maggiore".

La parola a Simonetta, lavoratrice in somministrazione dell'ex Alcatel in Friuli, ora Flextronics. "Ho iniziato a lavorare come metalmeccanica con contratto di un mese: dopo un anno continuavano a rinnovarmi il contratto, mi sono fatta qualche domanda. Mi sono guardata intorno: i miei colleghi avevano contratti di pochi mesi rinnovati anche per dieci anni. Eravamo 450 somministrati e 300 lavoratori fissi. Poi, con varie battaglie sindacali, grazie al Nidil abbiamo ottenuto l'assunzione di 100 persone. Quando è arrivata la Flextronics, abbiamo fatto una trattativa al ministero e firmato un accordo. Entro due mesi ci saranno altre 100 assunzioni".

Annarita è una co.co.pro. del ministero della Giustizia. "Chiediamo la rivalutazione della figura dell'interprete giudiziario: siamo professionisti laureati, ci pagano 3,67 euro l'ora con pagamenti che avvengono molto dopo i 90 giorni previsti per legge. Il nostro lavoro - insomma - è pagato la metà di una badante in nero". Emanuela lavora in somministrazione alla Camera di commercio del Lazio. "Dopo la laurea mi hanno fatto questo contratto, il mio obiettivo era un contratto a tempo indeterminato: volevo costruire una famiglia come ha fatto mia madre. Ora, con il contratto a tutele crescenti del Jobs Act, non ho più obiettivi, solo mantenere il contratto che ho". Elisa, architetto a partita Iva: "Ho 43 anni, da 15 anni sono precaria nella pubblica amministrazione. Ho ottenuto 'finalmente' un contratto a tempo determinato: i pagamenti sono molto bassi e sempre in ritardo".

Susanna Camusso ha ascoltato le loro voci
e poi ha risposto, riflettendo sul ruolo stesso del sindacato. "La nostra capacità di leggere cosa succede nei cicli produttivi è gradualmente diminuita - così il segretario generale -. Tanti eventi hanno cambiato e frantumato la natura del mondo del lavoro, senza che noi riuscissimo sempre a leggerla. La vicenda di Alcatel - per esempio- è la destrutturazione delle condizioni dentro un'organizzazione del lavoro tradizionale: ovvero il lavoro è rimasto lo stesso, ma le condizioni si sono degradate". Adesso, a suo avviso, "dobbiamo preoccuparci di come dare rappresentanza a queste persone, come dare una risposta sindacale e contrattuale. La contrattazione inclusiva significa proprio questo: mettere insieme tutte le nostre forme di rappresentanza, fare lo sforzo per vedere i lavoratori nella loro totalità, considerare ognuna delle figure che fanno parte di un luogo di lavoro".

Camusso ha quindi proseguito: "Oggi è necessario rovesciare un parametro storico del sindacato: l'idea che per essere un lavoratore devi avere un contratto a tempo indeterminato. Non possiamo continuare a immaginare che tutti devono essere a tempo indeterminato, perché in questi anni sono cresciute forme di lavoro che hanno sostituito quello tradizionale. Non vederlo, da parte nostra, ha determinato un conflitto in basso, ovvero si è creato un effetto dumping sulle condizioni di lavoro senza che il sindacato ne sia stato soggetto regolatore. Si sono moltiplicate le forme contrattuali e con loro le possibilità di dumping".

Ora come ripartire?
"Bisogna utilizzare la forza di chi ha tutele per estendere le tutele anche a tutti gli altri. Questa è la contrattazione inclusiva. Bisogna impegnare quella parte di lavoratori che ha mantenuto le sue tutele, diffondere un'idea di inclusione, quella che si chiama 'solidarietà'. Occorre sgretolare l'abitudine che ognuno pensa per sé: bisogna abbassare l'idea che la nostra identità è data delle singole categorie e rafforzare l'idea di un'identità confederale. L'obiettivo è agire tutti insieme per ricostruire una condizione positiva", ha concluso Camusso. (EDN)