La Flc Cgil sostiene la mobilitazione degli studenti. Oggi, 9 maggio, è infatti la giornata delle prove Invalsi per gli alunni di seconda superiore, che da questa mattina sono impegnati nei test standardizzati, che dovrebbero valutare i livelli di apprendimento raggiunti. E l'Unione degli studenti è sul piede di guerra, contro “la retorica esasperata della necessità di parametri scientifici che “soffoca la didattica, le attitudini e le capacità individuali degli studenti”.

Il sindacato dei lavoratori della conoscenza della Cgil si dichiara “al loro fianco”, per riaffermare “il bisogno di riscrivere le regole fondamentali di una scuola moderna e inclusiva, che non lasci nessuno indietro”. Secondo il segretario generale Francesco Sinopoli, infatti, “la deriva sempre più ideologica della valutazione, introducendo diseducativi meccanismi di competizione tra studenti e tra singoli istituti, ripropone antichi vizi che credevamo eliminati”. Bene fanno quindi gli studenti “a scendere in piazza oggi per affermare il loro bisogno di una scuola diversa, gratuita e di qualità, universale, pubblica, nel senso pieno del termine di res pubblica, laica, e plurale”.

Secondo la logica dei test Invalsi, la competizione fra scuole dovrebbe contribuire a risolvere le criticità emerse dalle indagini nazionali e internazionali sui livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti, incentivando il miglioramento delle istituzioni scolastiche in termini di efficacia e di efficienza. Da qui la centralità delle informazioni che le famiglie possono ricevere per effettuare la scelta. In particolare quella sui livelli delle conoscenze e competenze ottenuti dagli studenti che frequentano quelle scuole. In questa direzione viene sempre più piegato l’Invalsi.

Nel modellino tutto funziona - continua Sinopoli -. Nella realtà no. Nella realtà come dimostra ciò che è accaduto e sta accadendo nei Paesi dove questa idea di scuola si è sperimentata, chi si trova nelle condizioni di operare la scelta sono i figli delle famiglie più istruite e spesso relativamente più agiate, con l’effetto più che di favorire una competizione virtuosa quello di produrre un vero e proprio rischio segregazione”.

Nelle scuole dei quartieri più difficili e nelle zone più disagiate, in effetti, si concentrano i figli di chi per ragioni culturali ed economiche non è nelle condizioni di orientare la scelta. Il punto, per il sindacato, “non è quello di consentire una scelta informata ma come si fa ripartire anche nel nostro Paese quella mobilità sociale che da tempo è in crisi, come si costruiscono le condizioni per far sì che la scuola sia uno strumento di contenimento delle disuguaglianze e non un moltiplicatore”.

Le presunte ragioni “meritocratiche” che hanno determinato gli interventi sulla scuola degli ultimi anni, “dai tagli della Gelmini, al primitivismo della chiamata diretta, del bonus docenti e di tutto il managerialismo straccione della legge 107/15, compreso l’assurdo sistema di valutazione dei dirigenti scolastici che funge da strumento di pressione per introdurre una competizione interne alle scuole e tra le scuole”, producono a detta della Falca l’effetto opposto: “Alimentano le disuguaglianze costruendo una scuola che specchiandole nei fatti le moltiplica”.

La mobilitazione degli studenti in tante città di oggi, accanto alle assemblee e tutte le iniziative che si sono tenute in questi giorni promosse dal sindacato, che hanno al centro proprio quello della valutazione e della sua deriva ideologica, conclude Sinopoli, “rappresentano non solo una scelta legittima degli studenti e del personale che ha deciso di prendervi parte ma ci auguriamo la base di partenza di una nuova e vasta mobilitazione per rilanciare in questo Paese le vere priorità della scuola pubblica certamente molto lontane da un modello di scuola pensato per aderire alle disuguaglianze esistenti piuttosto che per combatterle”.