“La scelta dell'obiezione di coscienza da parte dei medici, e in misura minore ma significativa anche del personale del comparto, purtroppo riguarda alte percentuali in tutte le Regioni. In media sette ginecologi su dieci che lavorano nei servizi pubblici sono obiettori di coscienza”. Così Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil, su una questione assai complessa che in molte zone del paese mette da tempo a rischio il diritto delle donne a una libera scelta in materia di maternità.

A partire dal Lazio dove l’obiezione raggiunge orma il 90 per cento e proprio per questo il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, ha firmato un decreto che impone anche ai medici obiettori che operano nei consultori di rilasciare certificati per l’interruzione di gravidanza e di prescrivere pillole del giorno. “Nel Lazio, in particolare – commenta la sindacalista –, i numeri sono ancora più elevati per il forte radicamento del privato religioso che ha comunque influenzato anche il modo di operare dei servizi pubblici. Vi è inoltre un problema di formazione degli stessi specializzandi in ginecologia ed ostetricia a fronte degli alti numeri di obiettori in alcune Università. Le donne, specie nel Lazio, incontrano sempre maggiori difficoltà anche per la carenza sempre più grave del personale sanitario per il blocco del turn-over e per le scelte storiche di destinate i fondi sanitari in modo rilevante al privato. Sempre nel Lazio, infine, si sta diffondendo la pratica del ricorso a medici specialisti esterni o retribuiti a gettone, senza garanzia di continuità del servizio”.

Rassegna Insomma, la situazione è critica…

Dettori Sì. È sempre più difficile essere un medico o un operatore sanitario non obiettore, poiché si finisce per praticare quasi esclusivamente interruzioni di gravidanza, con una penalizzazione della propria professionalità e della propria carriera. Considerato poi che nei prossimi anni molti medici “anziani” non obiettori andranno in pensione temo che il problema potrebbe acuirsi.

Rassegna Come valuti il decreto Zingaretti? È un passo avanti?

Dettori Il decreto della Regione Lazio sui consultori familiari rappresenta un passo avanti importante per ripartire dal servizio pubblico come garante della civile attuazione della legge 194.Voglio ricordare che l'Italia è stata recentemente condannata dal Consiglio d'Europa in quanto l'obiezione di coscienza non deve impedire la corretta applicazione delle norme sulla 194. Con questo decreto si riafferma, finalmente, il diritto all'attuazione del principio dell'autodeterminazione della donna, obbligando il personale dei consultori familiari, medici compresi, all'attività di attestazione dello stato di gravidanza e della certificazione necessaria per la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare l'Ivg, oltre che alla prescrizione delle pillole contraccettive. Si tratta di un tema già affrontato dalla legge 194. Voglio ricordare, infatti, che l'articolo 90 esonera il personale solo dal compimento delle procedure dirette a determinare l'interruzione della gravidanza e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. La stessa giurisprudenza ha ormai affermato il principio secondo il quale l'obiezione di coscienza è strettamente attinente al processo propriamente chirurgico con il quale si determina l'interruzione di gravidanza.

Rassegna Ma bastano misure di questo tipo?

Dettori Certamente non sono sufficienti per risolvere alla radice il problema. Andrebbero portate avanti scelte ancora più coraggiose e incisive, come la garanzia di un numero sufficienti di non obiettori, partendo proprio dalla legge 194 che assegna alle Regioni questo compito, anche attraverso la mobilità, e dalla possibilità di rifarsi all'interruzione di pubblico servizio. Infine, abbiamo più volte chiesto che tra i criteri di affidamento della responsabilità dei consultori e dei servizi nei quali si pratica l'Ivg sia valutata la scelta della non obiezione, partendo dal principio che si tratta di organizzare il servizio garantendo l'applicazione della 194 in tutti i suoi aspetti.

Rassegna Sono le Regioni, dunque, a doversi far carico della risoluzione di questi problemi?

Dettori No, si tratta di un tema di fondamentale importanza e che non dovrebbe essere lasciato alla discrezionalità delle singole Regioni. Dovrebbe essere assunto nel Patto per la salute, purtroppo oggi portato avanti come atto solo istituzionale tra Governo e Regioni, senza alcun coinvolgimento dei principali attori: i cittadini e gli operatori.