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Il racconto
La forza di lottare per l'altro, per aprire varchi in un mondo buio, in cui il desiderio si muove nell'aprire feritoie alle ferite di esistenze troncate, lasciate a sé stesse, di giovani che si ritraggono senza speranza e di chi attraversa vite d'inciampo, tra buca e buca. Emanuela, i suoi venticinque anni, il suo desiderio di lavorare nel sociale, una propensione allo sguardo che dilatasse le prospettive.
Un piccolo paesino, Carosino in provincia di Taranto, settantaquattro metri sul livello del mare: Lo amo, mi piace tanto, credo di rimanere qui, è qui che voglio restare.
I primi passi sono stati: un diploma al liceo pedagogico, l'inizio dell'università, la sospensione per un primo ingresso nel mondo del lavoro, animatrice di un villaggio calabrese. Ma le condizioni portano alla fuga: l'alloggio in un capanno, lo sporco sulle cose, sulle vite, la dignità sottratta.
Una fenditura per poter attraversare la percezione di quell'incedere in bilico.
Allora un bar, tre anni di incertezze ma con l'indole alla resistenza, gli orari a turni, le attese, le situazioni complicate, i ricordi difficili che solo oggi possono trasformarsi nell'accenno di una smorfia che sorride, soppiantati da una sicurezza ritrovata. Un tempo non vuoto ma attivo, la ricerca costante e parallela di un'apertura, una fenditura per poter attraversare la percezione di quell'incedere in bilico. Inizialmente uno stage, un contratto con Garanzia Giovani, poi contratti a scadenza senza motivazione.
Sentivo che non stavo andando da nessuna parte, uno stipendio al mese ma il pensiero non permetteva l'immaginario di un futuro.
Poi si accende un lumino: l'interinale chiama - prima per un call center, le scatole nere delle chiamate riattaccate, l'indisponenza dell'altro, il bombardamento acustico di insetti nelle orecchie a cui migliaia di persone si sottopongono di anno in anno, ma Emanuela si appresta al nuovo, l'offerta arriva a breve: un'azienda. Turni diurni e notturni, risponde con un sì che non si sottrae: non dire mai no - dice - buttarsi, cogliere ogni occasione.
E la notte si alterna al giorno, la decisione di provare, della relazione con l'ignoto, col già noto.
Se il desiderio spingeva al sociale, ciò che è sociale diventa l'ingresso nella Fiom. Nel settore metalmeccanico oggi la presenza femminile è minore. Anche per questo ho deciso di intraprendere questa strada: c'è bisogno della rappresentanza delle donne.
Sostenere gli operai in azienda, i ragazzi a contratto a tempo determinato, anche le nuove assunzioni di persone più grandi che ancora muovono nell'incerto.
Operaia: dissi di sì.
Operaia: Dissi di sì. Nel territorio dove abito c'era poco. Il lavoro come operaia non è sentito, non sapevo come mi sarei trovata.
Un inizio difficile, un gruppo di nove persone, entrate ed uscite, quasi tutti uomini, una situazione più grande di te.
Dodici mesi di rinnovi a breve termine, di tre mesi in tre mesi, e tre mesi sono troppo pochi, l'indeterminatezza, un traumatismo, poi lo staff leasing, e dopo un anno e mezzo svoltare, un contratto a tempo indeterminato.
Emanuela che desidera(va) una casa, un tetto che è sicuro e insicuro, ma: ce l'ha fatta.
Perché non se ne parla nelle scuole? Non conosciamo i nostri diritti, quello che verrà, che ci attende. Resta tutto in silenzio. Il futuro dobbiamo crearcelo noi.
Cosa può essere fattibile in questo paese di ombre e buche scure? Forse anticipare le pensioni, dice Emanuela, posti più liberi, la limitazione dei contratti stagionali, e allora ritenersi fortunati per una fortuna che dovrebbe essere un diritto, quella disponibilità trovata, l'accettazione, la sicurezza nel lavoro, i corsi, gli aggiornamenti.
Una generazione che aspetta.
Nell'attorno, il lamento dall'alto verso una generazione che sembra ferma continua, una generazione che aspetta, che vive sotto il tetto dei genitori, un ritornello che si abbevera alla fonte di chi nega il vero: perché quella condizione è una forma inevitabile, l'impossibilità diventa necessità, la necessità una forma di impossibilità.
Noi donne siamo in grado di fare qualsiasi lavoro. Operaia: sì. Se non avessi accettato sarebbe una limitazione che mi sarei posta io.
Al sindacato Emanuela ha sempre pensato, quel volgersi all'altro in forma di soggetto - e non conta l'essere retribuiti: conta la scelta, la (dis)posizione al fuori, ripagati nel portare luce alla luce spenta di compagni conosciuti e sconosciuti, una forma di resistenza.
Ora nessuna donna rappresentante, ma l'esposizione per dire: Ci siamo.
Uno spostarsi di lato, avanzare di rifiuto in rifiuto.
Il legame con il ragazzo che è invece a tempo determinato, e la casa, il mutuo, è stato concesso per la condizione di Emanuela: possibile se Emanuela fosse stata precaria? Forse la risposta sarebbe stato un silenzio, uno spostarsi di lato, avanzare di rifiuto in rifiuto, ché gli affitti chiedono: sicurezza. E la sicurezza è rara, si resta nel bilico delle zone d'ombra, ritrovarti a ritrarsi nelle scelte, l'arretrare, un congelamento.
L'ambiente aziendale è stato ed è meglio dell'ambiente del bar: sono sempre loro, le persone non cambiano, impari a sopportarle e supportarle. Di allora ricordiamo l'assurdo degli avvenimenti e dei movimenti, l'entrata e l'uscita, ora gli aneddoti, allora le difficoltà.
Cercare di superare i limiti, i limiti che la società vede nella donna, e le profezie autoavveranti che la donna teme di riconoscere in sé stessa: Emanuela li varca, li attraversa, il cercare di arrivare negli ovunque del: Siamo uguali.
A volte la paura della discriminazione ma la fortuna dell'apertura dei colleghi: Non potrei lavorare in un mondo in cui l'essere donna è considerato invalidante, a ribasso, da relegare nei sottosuoli.
Ma la domanda: Vorrai dei figli, a Emanuela, nella sua azienda, non è mai stata fatta: la rarità troppo frequente di un esistenza lavorativa impedita all'inizio, non permessa, messa in forma di scarto.
Resta la presentificazione di un'incertezza.
Il futuro: Si può sempre migliorare, ma non lascerei mai la sicurezza senza certezze. Cambierei solo se potessero garantirmi un futuro migliore. Ma il futuro ora è ancora un presente, resta la presentificazione di un'incertezza: La casa è tua quando hai finito di pagare un mutuo. Se qualcosa va storto, la prima cosa che perdi sono le mura.
Emanuela ha combattuto per sé stessa: e là dove il mondo gravita nell'ombelicale, quando l'io che trova stabilità abbandona il pensiero di chi affonda, ora la lotta è per l'Altro. La finestra è aperta verso il fuori. Migliorare un domani per chi sembra non avere un domani.
L’autrice
Mariasole Ariot, poetessa , è nata e vive a Vicenza. Tra le sue pubblicazioni, Simmetrie degli spazi vuoti (Arcipelago 2013), Anatomie della luce (Aragno 2017), Essendo il dentro un fuori infinito (Caffèorchidea 2022), Elegia (Anterem 2022), opera vincitrice del XXXV Premio Lorenzo Montano e del premio Bologna in Lettere 2024.
Illustrazione di Silvia Marseglia.
L’iniziativa
a cura di Carola Susani e Davide Orecchio
Collettiva ospita un gruppo di scrittrici e scrittori che aderiscono alla campagna referendaria della Cgil che si concluderà col voto dell’8-9 giugno. Alla domanda: “Cosa possiamo fare per questa campagna?”, queste “penne” hanno trovato la risposta in quello che sanno fare, scrivere, e quindi in un atto di militanza narrativa. I racconti sono il risultato, il resoconto potremmo dire, dell’incontro che ciascuna scrittrice (o poeta) e scrittore ha avuto con una lavoratrice o un lavoratore. Sono la resa testuale di dialoghi preziosi soprattutto per gli autori, che hanno potuto guardare e ascoltare l’obiettiva realtà, e restituirla in una storia scritta, in un ritratto.