In Veneto, in quello che era il ricco Nordest, dal 2008 al 2013 sono andati persi oltre 90mila posti di lavoro. Nel corso del 2013 e nei primi mesi del 2014 è aumentato il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e in deroga, e sono cresciuti in modo significativo i licenziamenti collettivi. Così come continuano ad aumentare le vertenze in importanti poli industriali, come ad esempio del chimico di Porto Marghera.

“E' una regione ricca di contraddizioni – afferma Elena Di Gregorio, segretaria generale della Cgil regionale, ai microfoni di “Italia Parla”, su RadioArticolo1 –. nel senso che il quadro è drammatico, in particolare per quanto riguarda la cassa in deroga, particolarmente legata a un tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese e di turismo. Tutti settori in cui non ci sono risorse sufficienti. Eppure qualche segnale di ripresa cominciamo in ogni caso ad averlo”.

“Chi ha lavorato sul made in Italy, sull'immagine e sulla qualità, infatti, ha mantenuto mercato e sta anche ampliandolo, soprattutto verso la Russia e la Cina - spiega Di Gregorio -. Chi invece non ha avuto questa capacità di innovazione si ritrova in segmenti bassi di produzione e soffre enormemente la concorrenza dei paesi asiatici”.

Un altro elemento della crisi
, però, è quello della fuga dei giovani. “Perché – afferma la sindacalista - anche se c'è questa piccola ripresa, abbiamo un problema di crescita della disoccupazione, in particolar modo di quella giovanile. Ormai anche il Veneto è quasi allineato con i dati nazionali”. “Infine abbiamo il grandissimo problema di Porto Marghera, con la rimessa in discussione degli impegni che erano stati assunti dall'Eni con l'amministrazione precedente. La preoccupazione è che ci sia un disimpegno che porti all'abbandono, alla desertificazione di un territorio che resta strategico. Non sarebbe solo un danno per il Veneto e per Venezia, ma per l'Italia intera. Per questo chiamiamo in causa anche il governo, per capire quali strategie ci sono, quale industria si vuole avere in questo paese”.

Inoltre, c'è in ballo la vicenda Mose. “Abbiamo chiesto in tempi non sospetti un patto per la legalità al governatore Zaia, - continua la segretaria Cgil - che aveva assunto con noi l'impegno di sottoscriverlo, ma non l'ha mai fatto. Il Mose, però, è un caso che ha due aspetti diversi. Uno riguarda l'utilità dell'opera, sulla quale abbiamo sempre espresso grandissime riserve, l'altro riguarda le modalità con le quali il progetto è stato portato avanti e gli interessi che ci sono dietro. Bisogna capire se è una cosa di cui Venezia ha bisogno e se la quantità enorme di risorse pubbliche che sono state utilizzate non potevano invece essere investite in maniera diversa, salvaguardando in maniera più equilibrata la città e il sistema produttivo. E' evidente che gli interessi coinvolti erano tanti, molto alti, e coinvolgevano non solo la parte imprenditoriale ma anche settori rilevanti delle istituzioni. La situazione è pesante perché adesso abbiamo un territorio lagunare devastato e un'opera che bisogna capire se funzionerà, e che avrà comunque dei costi pesantissimi di manutenzione”.

Le proposte della Cgil sono però chiare. “Il sindacato – conclude Di Gregorio – ha presentato un suo piano del lavoro regionale, perché crediamo che per creare sviluppo bisogna creare lavoro. Da qui si può ripartire. Su questo abbiamo cominciato a costruire delle proposte, e siamo riusciti a costruire un'intesa con Cisl e Uil del Veneto e ricreare una condizione di unità sindacale che da anni non si vedeva in regione. E poi siamo riusciti anche nel passo successivo: definire un accordo con le associazioni imprenditoriali, un documento che abbiamo presentato alla regione. Tra i principali punti presenti c'è un investimento pubblico sul riassetto del territorio, che metterebbe in moto un meccanismo, in grado di ridare fiato a un settore come quello dell'edilizia che è messo veramente male. Mentre l'altro aspetto sul quale puntiamo è quello del turismo. Anche qui, con un po' di investimenti pubblici, si riuscirebbe a valorizzare un patrimonio non solo artistico, ma anche ambientale ed enogastronomico. Infine, un accordo sulle relazioni industriali e la qualità del lavoro, perché bisogna anche ragionare su come fare per dare una prospettiva ai giovani e quindi anche per creare del lavoro buono, strutturato, sul quale investire veramente”.