Dopo uno stallo di mesi, se non di anni, sono ripresi gli incontri tra ministri e organizzazioni sindacali per il rilancio della contrattazione. Ed è un “fatto sicuramente positivo”, commenta Franco Martini (segretario confederale Cgil) ai microfoni di RadioArticolo1 (qui il podcast), al quale va aggiunto “il confronto che si sta aprendo sui contratti del pubblico impiego, bloccati per 8 anni e mai rinnovati”. “Finalmente – prosegue il sindacalista – già con il mese di agosto è ripartito il confronto successivo alle intese che con il governo Cgil, Cisl e Uil avevano siglato lo scorso anno, e che hanno consentito di riaprire questa stagione. Ricordo l'accordo sui comparti e quello del 30 novembre, che definisce anche gli obiettivi”.

 

Dopo una lunga stagione vissuta “in termini difensivi”, a causa della crisi economica, ora “siamo in presenza di una timida ripresa economica che come sempre nel nostro paese è inferiore alla media europea”: ma bisogna comunque sfruttarla – spiega Martini – in modo che la stagione dei rinnovi, sia pubblici che privati, sia considerata dal governo e dalle imprese “come una leva sulla quale agire per fare in modo che il processo redistributivo all'interno dei luoghi di lavoro favorisca da un lato la crescita della produttività, e quindi dello sviluppo dell'impresa e dell'economia, dall'altro la qualificazione”.

Tornando al rinnovo del contratto per circa tre milioni di lavoratori delle amministrazioni pubbliche, Martini ricorda che ad agosto “sono stati ben tre gli incontri, quindi stiamo entrando nel vivo della stagione contrattuale, che come è noto riguarda tanti comparti, da quelli della conoscenza, cioè scuola, università, ricerca, a tutto il comparto della funzione pubblica, enti locali, regioni, sanità. Ora stiamo discutendo della manovra economica, per assicurare le risorse che sono state oggetto dell'intesa del 30 di novembre. L'accordo – ricorda il dirigente sindacale – prevede un incremento non inferiore a 85 euro. Al momento non risultano esserci le garanzie per raggiungere questo obiettivo. Poi ogni ministero doveva produrre il proprio atto di indirizzo per fare in modo che l'Aran, l'agenzia incaricata di gestire le procedure di rinnovo, potesse sedere al tavolo e aprire negoziati. In queste ultime settimane si sono concluse le procedure, quindi l'Aran ha potuto avviare i confronti”.

Aggiunge il sindacalista: “Siamo consapevoli dell’attesa e delle aspettative tra le lavoratrici e i lavoratori pubblici, ma vorrei ricordare che questo rinnovo è importante non solo per la parte economica, ma anche perché dobbiamo invertire la tendenza di tutti questi anni nei quali i governi hanno riportato la centralità della legge rispetto all'esercizio contrattuale”.

85 euro di aumento, 80 euro di bonus fiscale: per una parte consistente dei lavoratori pubblici l'aumento contrattuale rischia di vanificare il bonus fiscale, e “questo è uno dei temi in discussione – spiega Martini –, naturalmente le soluzioni possono essere ricercate e vanno trovate a condizione che sia chiaro un concetto che abbiamo ribadito unitariamente al tavolo dell'Aran: gli 80 euro non possono essere caricati sull'aumento contrattuale previsto. È chiaro che occorrono per alcune fasce risorse aggiuntive, il tema degli 80 euro non si risolve con le risorse individuate per l'incremento contrattuale fissato a 85 euro, poi le modalità attraverso le quali dentro i singoli rinnovi contrattuali questo tema verrà risolto sarà oggetto dei singoli negoziati”.

Ma la questione riguarda anche il settore privato – incalza Martini – “tant'è che come Confederazione, ma anche insieme a Cisl e Uil, stiamo facendo delle simulazioni: il punto di fondo è capire se il governo ha veramente intenzione di fare un intervento strutturale di politica fiscale in ordine alla composizione dei redditi da lavoro. Questo è il punto. La vicenda degli 80 euro è la conferma che, procedendo con questa politica dei bonus, delle mance scollegate da un disegno complessivo di ordine strutturale, alla fine rischiamo di produrre dei danni. Potremmo dire la stessa cosa sull'esperienza del Jobs Act e delle decontribuzioni che avrebbero dovuto produrre gli incrementi occupazionali: a saldo abbiamo trasferito alle imprese palate di miliardi senza aver risolto il problema strutturale dell'occupazione, soprattutto giovanile. Insomma siamo di fronte a una strategia del governo che non è strategia, è una sommatoria, è un insieme di interventi che messi insieme non producono nessun disegno di politica fiscale e di sostegno dei redditi, tanto meno di politica di sviluppo e dell'occupazione”, conclude il dirigente sindacale della Cgil.