Non è un’economia per giovani”. Su questo tema – cruciale e fondamentale per il futuro del paese – si è svolto, nell’ambito delle Giornate del lavoro della Cgil in corso a Lecce, un dibattito nel quale si sono confrontati la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi, il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia e l’economista Innocenzo Cipolletta. Il contesto è noto: una timida ripresa che esclude le nuove generazioni, se è vero che in Italia la disoccupazione giovanile è al 35 per cento, i neet al 26 per cento e abbiamo solo il 18 per cento dei laureati.

Per Fracassi per mutare questa rotta bisogna innanzitutto “leggere i dati per quelli che sono e non come grimaldello politico: e sono oggettivamente negativi. I numeri ci dicono che questo paese ha bisogno di politiche per il lavoro per i giovani. Finora però si è agito solo in due modi: con la decontribuzione a abbassando i diritti”. E questo, per la sindacalista, non ha funzionato. Tante risorse su decontribuzione e bonus “hanno creato solo, quando lo hanno creato, lavoro precario, a termine. Altrimenti restano gli stage, magari anche per fare gli spazzini, o il lavoro gratuito. Bisogna invece fare vere politiche sul lavoro. La prossima occasione sarebbe la legge di bilancio, ma quello che si apprende non è rassicurante, visto che si parla ancora di decontribuzione”.

L’altra leva, per la segretaria confederale della Cgil, è la formazione: “Non accadeva da 15 anni che ricominciassero ad aumentare i ragazzi che dopo la terza media abbandonano la scuola. Un dramma, perché sappiamo tutti che i prossimi lavori saranno ad alta densità di conoscenza”. Tutto questo è il risultato, ha concluso, dei “continui tagli all’istruzione e al diritto allo studio”.

D’accordo sul giudizio negativo sui bonus Boccia: “Hanno un impatto di brevissimo termine. È vero che dopo la rivoluzione del digitale siamo in un’epoca in cui tutto è veloce e complesso, ma la politica ha affrontato queste complessità con strumenti vecchi”. Insomma: nelle politiche per i giovani “ipotizzare decontribuzione di due anni non serve a nulla. Abbiamo una politica che mette pezze, bonus di anno in anno: ma questo patchwork di misure non serve a nulla a un’impresa seria che programma investimenti e assunzioni nel tempo. In questo senso, anche gli ‘80 euro’ sono sbagliati: l’unico ritorno è elettorale. La politica deve essere di lungo respiro”.

Anche per Boccia il ruolo della conoscenza è fondamentale: “Con solo 300.000 laureati l’anno e una popolazione vecchia come quella italiana non andiamo lontano. Da qui dobbiamo ripartire, pareggiare questo gap con il resto dei paesi sviluppati. Ci vogliono dieci anni, ma a quel punto saremo in grado di giocarcela con tutti”.

Ha iniziato il suo intervento giocando su un paradosso, Innocenzo Cipolletta: “Dovremmo smettere di dire che la disoccupazione giovanile è quasi al 40 per cento. Diciamo piuttosto che la scolarizzazione è bassa. Non è la stessa cosa: perché nel primo caso ci fermiamo a dire che dovremmo trovare lavori poveri, per questi giovani lavoratori poveri di conoscenza”. Di chi è la responsabilità di questa situazione? “Certamente dei tagli alle risorse per l’istruzione, ma non solo. Il problema è anche culturale. Cominciamo anche a chiamare in causa le famiglie. In molte narrazioni diffuse, i genitori dicono ai loro figli che la scuola serve a poco, che non funziona, che gli insegnanti sono scansafatiche e così via. Non è così. Cominciamo a rivalutare la la scuola italiana, che è buona, perché quando gli italiani vanno all’estero non temono nessun confronto”.

Il problema per Cipolletta è il livello diseguale sul territorio nazionale: “Su questo bisogna agire. Non occorre che ogni governo faccia una riforma, ma andare a vedere dove le cose non vanno, intervenire anche istituto per istituto”. Così, ha concluso, “si migliora la scuola”.