L'assenza di politiche di sviluppo sostenibile e di dialogo sociale fa sì che in Guatemala tutto ruoti attorno alle dinamiche dei mercati internazionali ed ai prodotti d'esportazione. Il cambio di orientamento del mercato internazionale fa sì che la produzione delle banane si stia spostando dalla costa orientale, rivolta al mercato europeo, alla costa sud occidentale, rivolta al mercato degli Usa (west coast). Ciò determina che le piantagioni di banane nella zona orientale, zona di produzione tradizionale, verranno convertite in piantagioni di palma per l'estrazione di olio, con una perdita di mano d'opera enorme e con lo smantellamento dei sindacati. Nelle piantagioni di banana occorre 1 lavoratore per ettaro, mentre in quelle della palma, ne basta 1 ogni 20 ettari. Inoltre, le aziende prendono lavoratori da fuori, con la scusa della necessità di mano d'opera specializzata che sul posto non esiste. Portando, così, lavoratori controllati dall'azienda ed iscritti a sindacati di comodo, controllati dall'azienda.

Uno degli eventi storici del movimento sindacale del Guatemala è dato dall'espropriazione delle piantagioni della poderosa United Fruits Company (1944), da dove si formò il più importante sindacato bananero del Centro America e dal quale si forgiò il vero sindacalismo indipendente ed autonomo in Guatemala. Il Fetrabi di Izabal, è la federazione che ha ereditato queste lotte. Oggigiorno, i lavoratori iscritti a questa potente federazione hanno un contratto collettivo aziendale, ben superiore al minimo salariale.

Fetrabi è affiliato alla Cusg ed organizza sindacati tra le fincas collegate al marchio Dal Monte, mentre, le piccole fincas indipendenti, non collegate ad alcun marchio internazionale, e quelle collegate al marchio Chiquita sono organizzate in sindacati che fanno riferimento alla centrale sindacale Unsitragua. Ma si parla di pochi e piccoli sindacati 20 – 40 iscritti, con minor forza contrattuale e quindi con condizioni salariali inferiori a quelle che riesce ad ottenere Fetrabi, forte dei suoi 3.000 iscritti. Invece, nelle fincas che fanno riferimento al marchio Dole, proprietà della famiglia Bolaños, non è permesso costituire sindacati.

Il rapporto tra Fetrabi ed i proprietari delle fincas non è mai stato facile: minacce, licenziamenti assassinii hanno da sempre caratterizzato queste relazioni, anche se non sono mancati episodi di corruzione o accordi tra la federazione ed i proprietari, di dubbia moralità, ma va tenuto in conto il contesto in cui si opera e la veridicità delle fonti di informazione. Di fatto oggi assistiamo ad un momento molto teso e di conflitto a tutto campo, con divisioni tra sindacati e tra i lavoratori.

La strategia si completa nella regione sud, dove nelle nuove piantagioni di banano, vengono pagati salari inferiori anche al salario minimo legale, per la grande domanda di mano d'opera non sindacalizzata. Si parla di un bacino di oltre 40.000 lavoratori non sindacalizzati.

In questa contesto, vi è il tentativo di dividere i sindacati ed i lavoratori, provocando iniziative che generano scontri e divisioni. Un esempio è dato dall'utilizzo della strategia del blocco delle strade per non fare uscire le banane dalla finca, misura estrema che viene usata dai sindacati come misura ultima, in quanto illegale, e che può portare a conseguenze drammatiche, sia sul piano economico (perdita della produzione) che personale, intervento dei militari o delle guardie armate private. In questo contesto, gruppi di lavoratori, con iniziative autonome e contrastate dai sindacati, bloccano le strade, chiedendo appoggio alla centrale sindacale non presente nel settore, provocando così il conflitto tra centrali sindacali. E, stranamente, non avviene nessun intervento da parte delle forze dell'ordine o dell'azienda. Divisione tra lavoratori e sindacati, perdita della produzione, chiusura della piantagione a causa del caos imperante e dell'irresponsabilità dei sindacati. Trasferimento della produzione in zona sud.

La forza e la libertà d'azione che godono i proprietari terrieri è assoluta, nei confronti dei lavoratori e dei sindacati che, possono dire di rappresentare poco più dell'1,4% della popolazione economicamente attiva.

Con questo governo che sembra aver saldato gli interessi tra alcune potenti famiglie guatemalteche, tanto da coniare il detto “G8”, gruppi di potere appartenenti all'esercito, da cui proviene Otto Perez Molina, ed i cartelli del narcotraffico che dal Messico oramai hanno occupato il Guatemala, come paese di transito della droga verso il mercato Usa e di lavaggio del denaro sporco. Si dice che nel triangolo Salvador, Honduras, Guatemala vi siano oltre 200.000 guardie private e paramilitari al soldo di questi interessi malavitosi e criminali. L'opinione pubblica ha oramai identificato nella vice Presidente della Repubblica, Rossana Baldetti, la vera vincitrice delle elezioni e la figura che detiene il potere nel paese, in quanto referente dei cartelli del narcotraffico, mentre il Presidente Perez Molina, è relegato ad ruolo di esecutore della politica militare e repressiva, in funzione degli interessi loschi e criminosi.

Quotidianamente escono sulla stampa locale le denunce contro la vice presidente, accusata di azioni squadriste e diffamatorie nei confronti degli avversari politici durante la campagna elettorale, i suoi collegamenti con ambienti legati al narcotraffico e la dubbia provenienza dei fondi spesi per la campagna elettorale del Partito Patriota, oltre 80 milioni di Euro, una cifra spropositata per questo paese. La sicurezza dell'impunità di chi detiene il potere si è già manifestata con il dato dell'84% della spesa pubblica realizzato in modo anomalo, senza le dovute procedure, e con uno spoiling system gestito direttamente dalla vice Presidente per collocare nei posti chiave persone di assoluta fiducia personale.

Oltre al tentativo di imporre nell'agenda del governo una riforma costituzionale che le permettesse di candidarsi alla presidenza, alle prossime elezioni, che vede una ampia opposizione e che è stata rimandata solamente per l'emergenza terremoto, che ha colpito la costa occidentale del paese, costringendo il governo a cambiare la propria agenda ed uscire da un impasse istituzionale molto imbarazzante. Il paese è militarizzato, la corruzione, la violenza e l'impunità dilagano tanto che anche la chiesa cattolica, attraverso la Conferenza Episcopale, ha richiamato il governo a cambiare la propria politica clientelare e di militarizzazione del paese che sta portando ad una nuova ondata di disordini, favorendo i ricchi e mantenendo povertà e discriminazione.

Anche la comunità internazionale inizia a porre condizioni per il mantenimento degli accordi commerciali, vedi USA e Unione Europea, e l'Organizzazione Internazionale del Lavoro ha deciso di dar corso alla richiesta di una Commissione d'Inchiesta per verificare le denunce di sistematiche violazioni della Convenzione 87, che regolamenta la libertà di organizzazione.

Le denunce internazionali sono la vera minaccia a questo tipo di governi, perché hanno una ricaduta sugli investimenti privati, sui fondi del sistema della Banca Mondiale e dell'FMI e sugli interessi economici dell'oligarchia nazionale.

Mentre il ministro del Lavoro invia note all'estero per comunicare che, oggi, in Guatemala in meno di 20 giorni si può costituire un sindacato, le organizzazioni sindacali denunciano licenziamenti, minacce e violenze in ogni settore economico del paese, compreso il settore pubblico, nei confronti di lavoratori che cercano di organizzarsi. Una situazione talmente generalizzata e strutturale che ha costretto le centrali sindacali a inoltrare richiesta di costituzione di nuovi sindacati solamente in quelle aziende dove sono già in corso denunce depositate nei tribunali, in modo tale che, in caso di licenziamento dei lavoratori, sia possibile avere la protezione del reintegro al posto di lavoro, per la precedente causa in corso che obbliga le parti a non agire dal momento dell'apertura del caso. Ricordando che il Guatemala, oltre agli assassinati di dirigenti sindacali e attivisti di movimenti sociali, contadini ed indigeni, ha un tasso di sindacalizzazione che va dal 4% all'1,4%, a seconda delle fonti e dei periodi.

Il tentativo di approvare la legge di riforma del lavoro, finalizzata a legalizzare la precarietà e la terziarizzazione, ha visto per la prima volta una presa di posizione unitaria dei diversi blocchi sindacali, riuscendo così a fermare il progetto di legge. E' invece stato sottoscritto un accordo tra governo e parti sociali sul lavoro dignitoso. Un protocollo d'intenti, oggetto di forti discussioni e posizioni diverse nel movimento sindacale, che ha visto però il prevalere di una posizione di sfida al governo ed agli imprenditori, pur riconoscendo il rischio di strumentalizzazione mediatica e di utilizzo in sede internazionale da parte del governo, per ridurre il peso delle denunce, dimostrando così la buona volontà e il dialogo sociale in corso. Sindacati che finalmente hanno ottenuto di avere una rappresentanza indipendente nella Commissione tripartita, pur se in minoranza, ma con il riconoscimento della rappresentanza e della loro legittimità.

Sul versante rurale, dove le condizioni di vita e di sfruttamento sono più vicine al medio evo che al secolo XXI, dove all'esclusione sociale ed allo sfruttamento economico si somma la discriminazione razziale nei confronti delle popolazioni Maya, Quiché e degli altri gruppi etnici, le proteste e le mobilitazioni hanno raggiunto il livello di scontro armato. La problematica della terra che dovrebbe essere restituita alle comunità campesinas – indigenas, come parte integrante degli accordi di pace (1996) ma che in realtà viene oggi ripresa dai grandi latifondisti e dalle multinazionali, le politiche di sviluppo selvaggio dell'estrazione dei minerali e delle grandi opere idroelettriche, l'aumento dei prezzi del trasporto e dei prodotti alimentari, stanno generando una nuova stagione di conflittualità che sfugge al controllo delle organizzazioni sindacali e sociali, facendo il gioco della destra più reazionaria che non perde occasione per sostenere l'intervento armato dell'esercito e giustificare l'uso delle forze paramilitari.

Nel marzo scorso una grande mobilitazione delle comunità campesinas – indigenas ha realizzato una marcia di nove giorni da Coban alla capitale, dando vita ad un nuovo movimento, L'Assemblea Indigena Campesina Popolare, per la difesa del territorio, dei beni comuni, del diritto ad una vita dignitosa, riuscendo ad aggregare altri settori della società civile, gruppi e comitati di giovani, di donne e gli studenti universitari, mentre i sindacati indipendenti, si sono avvicinati ed hanno manifestato solidarietà e vicinanza. Altre iniziative di protesta e di aggregazione dal basso si stanno diffondendo nel paese, a indicare che le condizioni di vita sono oramai insostenibili e la necessità di organizzarsi e di mobilitarsi.

La risposta del governo e delle forze reazionarie a questo fermento sociale non si è fatta attendere, ed il 4 ottobre, nella località di Toconicapan, un distaccamento militare, forzando un blocco della polizia, ha attaccato una protesta di strada, ammazzando deliberatamente, con colpi di arma da fuoco alla schiena, sei persone che manifestavano pacificamente.

La scarsa rappresentatività e affiliazione del movimento sindacale e campesino guatemalteco è sempre stato accompagnata da divisioni e personalismi. Attualmente, si può fotografare in 5 blocchi diversi:
1. il Movimento Sindacale Autonomo Popolare Guatemalteco che rappresenta l'alleanza delle 3 centrali sindacali affiliate alla CSA/CSI con l'aggiunta del Movimento dei Lavoratori Contadini di San Marcos, che svolge un ruolo di promozione sociale tra le più avanzate nel paese, raccogliendo l'eredità dei movimenti della chiesa progressista latino-americana degli anni 70/80;
2. La Unione Guatemalteca dei Lavoratori (Ugt) che raggruppa sindacati di categoria, come il Festras degli agro-alimentari, bancari, organizzazioni contadine; con posizioni molto ambigue e di opportunismo politico dei suoi dirigenti, anche se con una reale base sociale e di rappresentanza; questa aggregazione fu promossa dai due tecnici molto contestati (Levia e Efrain) che ruppero l'unità sindacale, del Misig, dando vita all'ultima stagione dei conflitti e delle divisioni tra sindacati.
3. Il Fronte Nazionale di Lotta, che rappresenta soprattutto il settore della sanità; che da posizioni di sinistra è finito a ad essere accusato di una politica filo-governativa;
4. La Conic, il coordinamento storico delle organizzazioni indigene e campesinas, che ha perso la propria traiettoria, diventando dipendente dalle politiche governative, perdendo autorevolezza e base sociale;
5. L'Assemblea Indigena, Contadina, Popolare; il nuovo soggetto nato dalle proteste dell'ultimo anno, che aggrega la Cuc (Centrale Unitaria Campesina), comunità indigene, organizzazioni di studenti, donne, giovani, ed altre piccole realtà locali.

Il percorso del Movimento Sindacale Autonomo del Guatemala è di rafforzarsi anche attraverso l'alleanza con altri settori della società civile indipendente, ed è in questa direzione che va letta l'alleanza con il Mtc di San Marcos ed il dialogo in corso con l'”Asamblea Indigena, Campesina, Popular” ed il coordinamento dei “48 Cantones Maya” di Tonococapan.