L’assemblea delle delegate e dei delegati della Fiom Cgil del settore automotive – che si è svolta oggi 24 gennaio a Roma – è partita dal tema centrale della mobilità per lanciare una vertenza nazionale nel settore. Si tratta di una mobilità “complessivamente intesa, come possibilità delle persone di potersi spostare e come produzione della mobilità stessa”, ha spiegato Michele De Palma, della segretaria Fiom, nel suo intervento. “C’è un dato impressionante – ha proseguito –: da gennaio a novembre 2019 le ore di ammortizzatori sono ammontate a circa 42 milioni, coinvolgendo 23-24 mila lavoratrici e lavoratori: senza questi ammortizzatori, avremmo quindi migliaia di occupati in meno e non so quante aziende”.

La Fiom Cgil vuole partire dalla situazione di crisi per avanzare proposte al governo e alle altre sigle sindacali e “provare a riportare al centro una capacità, che in Italia c’è, di saper immaginare, creare e produrre auto che siano ovviamente dentro la rivoluzione tecnologia e nell’innovazione, dal punto di vista ecologico e della sicurezza”.

 

Le politiche governative sono state richiamate anche nelle parole della segretaria generale del sindacato dei metalmeccanici della Cgil, Francesca Re David, la quale ha ricordato che “l’Industria dell’automotive nel suo complesso, in particolare Fca e indotto, ha centinaia di migliaia di lavoratori” e “non occuparsi in modo strutturale di questo tema, lasciare che siano le multinazionali a decidere le politiche del settore, vuole dire perdere sovranità sul Paese e non decidere dove stiamo andando”.

Per Re David “è arrivato il momento che il Governo faccia quanto non trascura da decenni e ricominci a fare politiche industriali”. Il sindacato, ha aggiunto, è deciso a porre “il tema di una vertenza automotive che attraversi l’intero Paese”. Chiare le parole della segretaria generale anche sulla specifica situazione di Fca: “In Italia non abbiamo più una grande industria automobilistica, perché Fca è statunitense e si sta andando verso una grande fusione. Quindi, se non si decide ora cosa succede negli stabilimenti produttivi italiani e cosa ne sarà delle eccellenze e dell’indotto, ci troveremo solo a trattare le conseguenze”.

Decine le delegate e i delegati intervenuti da tutta Italia che hanno portato nei loro interventi le specificità delle realtà territoriali, ma anche la richiesta di una visione e di un piano complessivo che interessi il settore dell’automotive e in generale il futuro dell’industria del nostro Paese. Per la segreteria nazionale della Cgil è intervenuto Emilio Miceli: “Sulla base delle acquisizioni scientifiche l’auto del futuro non avrà motore e nemmeno conducente, è quindi sui tempi della transizione energetica, sulla nuova concezione di macchina come oggetto, che dovremo misurarci fino in fondo. Si sta progettando un modo diverso di concepire la mobilità, attraverso una forte automazione, un processo di innovazione tecnologica spinto, un collegamento attraverso le reti. È questa è la sfida e il tema che ci troviamo di fronte”.