Fermi il trasporto e la movimentazione delle merci per lo sciopero della logistica, dell’autotrasporto e delle spedizioni proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti per le intere giornate di venerdì 27, lunedì 30 e martedì 31 ottobre, a cavallo tra la domenica e la festività del primo novembre. L’agitazione interessa circa 70 mila lavoratori in Veneto: dipendenti di trasportatori, corrieri espresso, e-commerce, agenzie marittime e di spedizioni e delle aziende della logistica, dal facchinaggio alla movimentazione. Diverse manifestazioni si svolgeranno in regione, a partire dall’effettuazione di presidi con volantinaggi esterni al porto di Venezia, agli interporti di Padova e di Verona, oltre a un corteo a Vicenza per le vie cittadine.

È la risposta alle associazioni datoriali che negano il contratto nazionale, scaduto da due anni, e che puntano ad abbassare il livello di diritti e tutele in un settore già fortemente esposto a forme di dumping, alimentando una conflittualità che ha portato alla rottura delle trattative. “Le rappresentanze datoriali - scrivono Filt, Fit e Uiltrasporti del Veneto - vorrebbero più precarietà e libertà di licenziamento, il Jobs Act, il lavoro a chiamata, ridurre il valore della trasferta. Vogliono toglierci la responsabilità solidale nei cambi di appalto, vogliono più orario di lavoro, vogliono rompere il contratto nazionale in miserevoli contrattini di settore, non vogliono darci aumenti salariali”. Il sindacato ribadisce il contratto nazionale unico per tutti i lavoratori del settore e sostiene le richieste di aumento salariale, i valori della trasferta per gli autisti e chiede nuove professionalità soprattutto per gli autisti e l’e-commerce. Insomma, “regole e diritti al passo con i grandi cambiamenti del lavoro che ci sono stati e che ci saranno nei prossimi anni”.

“Il fatturato della logistica nel Paese è stimato in 40 miliardi, e nel Veneto sono localizzate circa il 10 per cento delle imprese” dice Renzo Varagnolo, segretario generale della Filt Cgil del Veneto: “Oltre un terzo dei lavoratori del settore lavora nei magazzini logistici e il 25 per cento è personale viaggiante. Quasi la metà di tutti questi lavoratori hanno contratti a tempo determinato e atipici, solo il 25 per cento è a tempo indeterminato”. Ogni impresa, continua l’esponente sindacale, ha governato la crisi “agendo prevalentemente sulla leva della riduzione del costo del lavoro e dell’incremento della produttività. Altre hanno innovato (ad esempio l’e-commerce), ma sempre su un modello basso circa le condizioni del lavoro. Il settore logistico ha aumentato complessivamente importanza, fatturati, redditività, ma il lavoro si è impoverito. Un paradosso inaccettabile. Da qui l’importanza di rilanciare sugli incrementi salariali per i lavoratori”.

In questo settore, poi, il lavoro si misura a cottimo: tanto al chilo, tanto al pacco. “Negli anni – riprende Varagnolo – si è stravolto il valore del lavoro (rispetto all’orario, alla professionalità, al diritto a un’equa retribuzione) a fronte di un sistema tariffario che compete con i modelli delle multinazionali sull’e-commerce, sulle tariffe degli autisti delle aziende non italiane, sull’illegalità spesso anche criminale, e con offerta e domanda al ribasso proposta da aste su internet. Abbiamo sempre più cooperative spurie, imprese/fornitori senza autonomia e caporali del cosiddetto ‘esercito industriale di riserva della manovalanza’, caratterizzato da forte presenza di lavoratori stranieri”. Infine vi è la filiera della logistica, dove tutto gira strategicamente ed economicamente in stretto rapporto organizzativo e commerciale, seguendo la merce dalla produzione al consumatore.

A fronte di tale contesto, passare da un contratto nazionale unico di filiera a tanti piccoli contratti (come vorrebbero le associazioni datoriali) non farebbe altro “che confermare un modello al ribasso sui diritti e sui costi del lavoro, ma anche sulla possibilità di avere un’organica dimensione di produttività e di costi su tutte le diverse articolazioni della filiera (magazzini, trasporto, consegna), processo che è già in atto con industria 4.0 o Logistica 4.0”. Il confronto in cui siamo impegnati - prosegue il segretario generale Filt Veneto - ha alla base “il cambiamento del modello di sviluppo e di impresa (e delle sue distorsioni). Pensiamo che l’attuale abbia mostrato tutti i suoi limiti e che sia anche interesse delle imprese serie condividere con noi la necessità di questo cambiamento”.

Ciò vale anche per le istituzioni. “Con la Regione Veneto – illustra Varagnolo – abbiamo contrattato un possibile protocollo sul tema della legalità negli appalti della logistica, che è però fermo da quasi un anno e che, nonostante la sua importanza rispetto al controllo e al governo dei fenomeni distorsivi nel Veneto, non abbiamo ancora concluso”. In conclusione, il segretario Filt si dichiara “non disponibile ad abbassare (come vorrebbero le controparti) diritti normativi come ferie, permessi trasferte e festività, ad aumentare la precarietà mediante il lavoro a chiamata, il Jobs Act, la somministrazione” e chiede “protezione sociale nei cambi di appalto, aumenti salariali, diritti per i driver e raider, una nuova classificazione coerente con le trasformazioni delle professioni di questi anni”.