"Intese come quelle dei bancari e del terziario, ma anche accordi integrativi avanzati, come Novartis, con clausole che arginano gli effetti del Jobs act sui diritti dei lavoratori e salvaguardano l'articolo 18, testimoniano come banche e aziende private siano più inclini a dialogare con noi di quanto non faccia il Governo. A conferma che, quando si passa dalla propaganda alle condizioni di lavoro, serve un accordo tra parti sociali". Stamattina RadioArticolo1 ha fatto il punto sulla situazione contrattuale e occupazionale ai tempi del Jobs act e sullo scenario sindacale futuro, intervistando la segretaria confederale della Cgil, Serena Sorrentino (qui il podcast).  

"Penso alle condizioni drammatiche del terziario - ha detto -, alla riorganizzazione pesante del credito, che possono essere gestite solo con la contrattualizzazione delle regole e la sottoscrizione di accordi. Ora stiamo chiudendo altre intese nei cambi di appalto, che prevedono la non applicazione del Jobs act e il mantenimento delle vecchie tutele. Quando parliamo di competenza, di qualità del lavoro e del servizio reso ai cittadini, abbiamo bisogno di stabilire regole che guardino alla stabilità, alla strutturalità dei rapporti di lavoro e anche alle condizioni materiali in cui si esercita l'attività professionale. Non sempre, la competizione sui diritti è quella che rende meglio sul mercato". 

"La contrattazione – prosegue Sorrentino – può avere un funzione di resistenza attiva sugli effetti negativi della riforma del mercato del lavoro in tema di diritti. Si possono concordare trattamenti di miglior favore rispetto all'impianto derogatorio contenuto nel Jobs act. Conta molto anche la diversa articolazione del giudizio rispetto all'efficacia del Jobs act che si ha tra organizzazioni sindacali a livello nazionale e i rappresentanti locali che poi ci troviamo di fronte nelle aziende. In questo momento, il rafforzamento delle prerogative unitarie è uno strumento molto utile nei confronti di datori di lavoro e controparti per rafforzare quei diritti che la riforma del lavoro ha cancellato". 

"Noi siamo in mobilitazione permanente – conferma l'esponente della Cgil –. Nel pubblico impiego, l'11 aprile si terrà una manifestazione nazionale unitaria delle categorie sulle province, il 18 si mobiliteranno i lavoratori della conoscenza, perché sei anni di blocco contrattuale hanno causato danni sulla tutela della retribuzione dei lavoratori statali e dal punto di vista della riorganizzazione della pubblica amministrazione e dell'efficienza dei servizi pubblici. In questi anni abbiamo visto calare le retribuzioni dei dipendenti e le risorse alla contrattazione decentrata, funzionale per garantire il miglioramento della qualità dei servizi sanitari ed educativi. Il taglio indiscriminato a comparti strategici che sovrintendono diritti di cittadinanza, come istruzione e salute, ha portato all'impoverimento del Ssn e dell'istruzione pubblica e a un ampliamento delle fasce di esclusione, in virtù dell'aumento dei costi che si scaricano sulle singole persone, e quindi anche a un aumento delle disuguaglianze".

"Come ha confermato l'Istat – osserva ancora Sorrentino –, l'occupazione femminile diminuisce: su base annua, è caratterizzata da oscillazioni molto costanti. La tendenziale piccola ripresa è prevalentemente nei settori a occupazione maschile, l'industria manifatturiera soprattutto, dove sale il fatturato industriale. Invece, entrano in crisi quei settori che nella crisi avevano retto un po' meglio, come i servizi, dove l'occupazione femminile è prevalente. Questo spiega il calo delle donne. In più, potremmo aggiungere che proprio il settore dei servizi è quello che era coperto dai famosi ammortizzatori in deroga che, come sappiamo, sono dal primo maggio prossimo non ci saranno più. Quindi, è evidente che alla scadenza degli accordi sottoscritti nel 2014, a copertura dei primi mesi del 2015, ci saremmo trovati con un gran numero di aziende che non hanno più alcuna forma di ammortizzatori sociali".

"Sull'efficacia degli incentivi governativi sull'occupazione giovanile abbiamo molti dubbi – è il giudizio della sindacalista –, anche perché i primi dati, monitorati dal ministero del Lavoro, mettono in luce che non c'è una distribuzione anagrafica concentrata sulle fasce più giovani, ma una trasformazione di contratti già in essere, per cui l'età non è mediamente quella riferibile all'occupazione giovanile, così come avviene a livello europeo. Effetti positivi poteva avere il piano 'Garanzia giovani', preludio a un percorso di formazione finalizzato all'inserimento lavorativo. Invece, si è rivelata un flop, per la modalità con cui il Governo ha deciso di sperimentare il programma Ue: di sicuro, una forma d'incentivazione così consistente avrà un impatto su una quota di occupazione giovanile. Certo, però, i numeri sono spaventosi: un giovane su due non lavora, e al Sud la percentuale aumenta. Da tempo, chiediamo un piano straordinario per l'occupazione giovanile, che non sia connesso alla capacità del mercato di determinare una quota di occupazione temporanea, con una distribuzione oraria molto bassa, ma che, al contrario, aumenti la domanda di lavoro, in ragione dell'offerta assai alta sul mercato di occupazione giovanile. In questo momento proprio i giovani, la cui unica alternativa è l'emigrazione, potrebbero dare quell'impatto positivo al mercato del lavoro, in quanto portatori di competenze necessarie al sistema d'innovazione, sia nell'industria che nella pubblico impiego".

"Noi non abbiamo mai rifiutato il confronto con il Governo – sottolinea inoltre Sorrentino –, ma attualmente non c'è dialogo con Renzi. Abbiamo anche proposto un Piano per il lavoro, che aveva la stessa filosofia del Jobs act originario, con investimenti nei settori produttivi che guardassero all'innovazione, alla qualità, per generare nuova e buona occupazione. Certo, l'autosufficienza politica non basta, in questo momento ci vorrebbe un concorso di soggetti che hanno una finalizzazione di obiettivi. In tal senso, non siamo nostalgici della concertazione, anche perché per riaprire una siffatta stagione bisognerebbe condividere gli obiettivi. Se il Governo decidesse di combattere le diseguaglianze, di proporre un piano straordinario per l'occupazione, di tornare indietro rispetto ai decreti attuativi del Jobs act e quindi di non scegliere come unica via della competizione quella della svalorizzazione del lavoro, noi saremmo pronti a fare la nostra parte. Ma se ciò non dovesse avvenire, è ovvio che il confronto con l'esecutivo sarebbe tutto in salita, perché non c'è nessuno scambio possibile tra diritti e occupazione. Noi abbiamo sempre pensato che la prospettiva della piena occupazione dev'essere accompagnata da un piano di sostegno all'occupazione di qualità. Secondo l'Ocse, fattori strutturali di scarsa competitività e di calo della produttività, sono l'instabilità occupazionale, la scarsa qualificazione delle competenze dei lavoratori, l'incapacità d'investire in settori a più alto contenuto tecnologico e d'innovazione. In pratica, proprio ciò che ha fatto finora il Governo Renzi, attraverso la liberalizzazione del mercato del lavoro e l'abbassamento dei diritti dei lavoratori". 

"Non sollecitiamo la riemersione dei decreti attuativi del Jobs act – precisa la segretaria confederale –, anche perché quelli sulle tipologie e sulla revisione dei congedi di maternità avevamo molti aspetti di criticità. Non c'è nessuna versione ufficiale, noi sappiamo che giacciono presso la Ragioneria dello Stato: il che, significa che c'è un problema di coperture e di valutazione rispetto al percorso che era stato individuato dal Governo. In queste settimane rileviamo che ci sono anche molti punti d'incongruenza e di coordinamento con altre norme; in più, il decreto sul riordino delle tipologie, che segue la filosofia di sottrarre competenze alla contrattazione collettiva e di aumentare il principio di ciò che è possibile decidere unilateralmente da parte dell'impresa - penso per all'orario aggiuntivo del part time, piuttosto che alla disciplina di alcuni contratti come il lavoro intermittente -. Quindi, siamo ancora al tema dell'aumento della precarietà - vedi estensione del valore del voucher e quindi la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio fino a un reddito annuo di 7.000 euro -, non sulla strada della sua riduzione".

"D'altro canto – aggiunge Sorrentino –, il decreto sul riordino dei congedi aveva degli aspetti sicuramente positivi, dal punto di vista del pronunciamento di alcuni princìpi: ad esempio, la possibilità per le donne, vittime di violenza, di usufruire del congedo. Poi ci sono oggettivamente delle cose che non collimano con tale principio, come la durata massima del congedo di tre mesi che non ha nessuna relazione, nessun rapporto, con il tipo di violenza subìto, con il percorso di reinserimento lavorativo, ma anche di accompagnamento psicologico e sociale che la donna dovrebbe avere e che richiama il tema dei consultori e dell'efficienza dell'assistenza, dei piani individualizzati e anche dalla presa in carico. Ho fatto questo esempio, ma sul riordino della materia dei congedi ne potremmo fare molti altri. Ragion per cui, i decreti saranno anche dispersi, ma forse per i lavoratori è meglio così. Una pausa di riflessione in più potrebbe evitare al Governo qualche errore di troppo". 

"Anche sulla riforma della pubblica amministrazione non c'è dialogo con Renzi. I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno scritto, come avevano già fatto in precedenza le categorie, per segnalare al Presidente del Consiglio e ai ministri di Funzione pubblica ed Economia, la necessità di avviare un confronto, non solo perché siamo vicini alla definizione del Documento di programmazione economica e finanziaria, dove bisogna trovare le risorse per riaprire la contrattazione, ma anche perché sul ddl delega in discussione in commissione al Senato, sappiamo che è in corso la disamina sugli emendamenti e la revisione del testo. Ma neanche lì c'è stato un confronto con l'esecutivo, e, come sul Jobs act, siamo all'esaurimento della discussione con le commissioni parlamentari competenti. E visto che siamo in una stagione in cui anche la funzione parlamentare viene del tutto esautorata, tanto poi il Governo decide in sede di Consiglio dei ministri, cancellando ogni livello di mediazione, in questo momento ci sembra oggettivamente necessario riaprire il confronto", conclude la dirigente della Cgil.