La possibilità dell’Italia di ricorrere al prestito del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, per fare fronte alla crisi da pandemia divide il governo e anima da oltre due mesi il mondo politico ed economico, così come le diverse anime della compagine di governo, tanto che ancora non sono state prese decisioni in merito, nonostante le grandi difficoltà nelle quali versa il paese. Andando oltre gli esiti del dibattito tra i sostenitori del e quelli del no e sulle reali condizionalità del Fondo salva Stati, quale uso si potrà fare di questo prestito che dovrebbe aggirarsi attorno ai 36 miliardi di euro e la cui erogazione è subordinata a un utilizzo correlato alle spese sanitarie sostenute e da sostenere per fare fronte alla diffusione del Covid-19? Abbiamo rivolto questa domanda a Pier Carlo Padoan, già ministro dell’Economia e delle Finanze e attualmente componente della commissione Bilancio della Camera:

Con il Mes si possono fare molte cose, perché l’interpretazione dell’utilizzo dei fondi è molto ampia: si permette di utilizzare queste risorse per spese correnti - ad esempio per il personale sanitario – e per tutto ciò che ha a che fare direttamente e indirettamente con la sicurezza sanitaria. Indirettamente vuole dire per esempio potere dare risorse a scuole e imprese per potere raggiungere una situazione di sicurezza minima indispensabile per lo studio e il lavoro. Ho sentito spesso le persone sollevare critiche dicendo che quelli del Mes sono tanti soldi e non ne abbiamo bisogno, ma in realtà, se abbiamo questa interpretazione più ampia della sanificazione e della messa in sicurezza sanitaria, i soldi sono esattamente quelli che ci servono. Non dimentichiamoci che gli scienziati, pur nelle loro diversità di opinione, ci dicono che stiamo entrando in una fase in cui le pandemie globali saranno più frequenti, perciò non si tratta solamente di Covid-19 ma di sicurezza sanitaria in generale.

Quali sono i capitoli della nostra Sanità che potranno essere supportati?

Sappiamo bene che il sistema sanitario italiano è complesso e presuppone un’interazione di massima cooperazione possibile tra ministero della Salute, governo centrale e governi regionali, come abbiamo visto con questa pandemia, e io direi che si possono migliorare i modi in cui questa interazione va avanti. Rifacendomi all’esempio di prima, credo sia necessaria una collaborazione più stretta sia con il mondo della scuola, per capire come si fa a mettere in sicurezza i giovani, sia con il mondo delle imprese, per capire come si fa a mettere in sicurezza i lavoratori. Quindi si tratterebbe di una collaborazione più ampia che naturalmente dovrebbe richiedere un coordinamento centrale da parte del governo.

Sta parlando di meno potere alle Regioni?

Non la metterei in questi termini, direi piuttosto che le cose da fare sono talmente tante che c’è bisogno della collaborazione di tutti.

C’è chi sostiene che il rapporto costi/benefici che offre il Mes rischia di essere svantaggioso per l’Italia: è il prezzo che dobbiamo pagare?

Qualunque cosa si faccia a debito ha un costo e i soldi del Meccanismo europeo di stabilità sono in assoluto quelli che costano meno, quindi chi fa questa osservazione dovrebbe innanzitutto criticare il fatto che abbiamo un debito di 2 mila e 500 miliardi di euro che costano un sacco di soldi, mentre il Mes costa molto poco rispetto a questa massa. In ogni caso i costi benefici sono molto chiari e misurabili e dal punto di vista strettamente razionale anche se il beneficio fosse di un decimo di punto percentuale, sarebbe comunque conveniente perché costa di meno e non ci sono alcune condizioni. Sfiderei chi dice che esistono condizioni a dirmi dove sta scritto.

Se allarghiamo lo sguardo al Recovery fund, benché al momento non si conoscano i tempi di realizzazione e nemmeno la portata finanziaria, possiamo dire che è un’istituzione che ha un senso o siamo solamente di fronte a una mossa politica che consente alla Francia di costituire un asse con la Germania?

Può avere un’utilità ed è anche un atto politico, ma sta all’Italia sapere come usarlo. Non conosciamo ancora le cifre complessive, sappiamo però che a ogni Paese saranno date risorse destinate al finanziamento di progetti di riforma per riprendere la crescita in sicurezza. Il governo ha da poco fatto circolare la bozza del Piano nazionale di riforma che è uno strumento fondamentale per dire a noi stessi e al resto del mondo cosa vogliamo fare dal punto di vista del lungo periodo, quali riforme ci servono e come implementarle: il Recovery fund è qualcosa che mette soldi dentro il piano di riforme generale del Paese, riforme  delle quali abbiamo un bisogno enorme,  perché stiamo accumulando debito e siamo in una recessione profonda dalla quale dobbiamo uscire in modo che il debito diminuisca rispetto al Pil, altrimenti avremo seri problemi.  Inoltre vorrei, se posso, rivolgere un avviso a chi legge questa intervista: il contributo che l’Europa sta dando a tutti - e quindi anche all’Italia - va al di là del Mes e del Revcovery fund, perché ci sono altri strumenti, come ad esempio il Sure, che mette a disposizione risorse per il mercato del lavoro. Poi ora l’Europa ha sospeso le regole del Patto di stabilità, che andranno riviste e riscritte, ha notevolmente affievolito il vincolo dovuto all’uso delle risorse pubbliche per gli aiuti di Stato e la Bce ha messo in campo un ammontare di liquidità mai visto prima, quindi è chiaro che stiamo in un ambiente economico-finanziario molto permissivo, in cui ci sono numerose risorse ed è responsabilità principale dei Paesi e dei governi farne il miglior uso possibile.