Discriminazioni nei luoghi di lavoro: sono allarmanti – ma non del tutto inaspettati – i dati che emergono dal sondaggio sul tema realizzato dall’Osservatorio Futura per la Cgil. Colpisce soprattutto il dato che a essere maggiormente colpiti sono i precari e i lavoratori e lavoratrici con qualifiche più “basse”. Fondamentale, per prevenire e combattere questi fenomeni, è il ruolo dei sindacati. Ma andiamo con ordine. 

Più di metà del campione (il 54% su 800 intervistati) ha provato o assistito a eventi di discriminazione sul posto di lavoro, anche se solo il 14% lo ha sperimentato direttamente e la percentuale sale al 18% tra le donne.

Notevole anche il fatto che gli intervistati ritengono che la discriminazione sui luoghi di lavoro sia molto più diffusa in Italia che in altri paesi europei e che il fenomeno è addirittura in crescita rispetto a qualche anno fa (solo il 10% del campione afferma che negli ultimi anni la discriminazione sia diminuita).

Il genere, prima di tutto

Ma quali sono le principali forme di discriminazione? Anche qui nulla di rassicurante: esse riguardano prevalentemente il genere (48%) e l’orientamento sessuale (45%), ma anche etnia (44%) e provenienza geografica (37%) occupano i primi posti nella graduatoria (la somma non fa 100 perché all’intervistato si chiedevano, come nelle altre domande, tre risposte in ordine di priorità).

Le discriminazioni interessano soprattutto i livelli più bassi della scala gerarchica aziendale: precari (71%) e non dirigenti (71%), mentre per quanto riguarda i settori non si coglie una grande differenza, se non una leggera prevalenza nell’industria e nei servizi. 

Tra le manifestazioni più frequenti di discriminazione sui luoghi di lavoro compaiono le violenze verbali (che si manifestano anche in rimproveri verbali di fronte ad altri colleghi) e l’imposizione di regole non ufficializzate. Molto diffuse sono anche le richieste di prestazioni lavorative in orario straordinario. Elemento inquietante il fatto che il 25% del campione “denunci” ricatti sessuali e molestie fisiche.

Chi difende meglio lavoratrici e lavoratori? Al primo posto stanno i sindacati (54%) e i colleghi (49%). Deficitario, ed è grave, il ruolo dei servizi sociali (21%).

Quali pene?

Le pene attualmente previste sembrano troppo lievi per oltre la metà degli intervistati, in particolare per i più giovani e i più maturi: la consapevolezza amara di molti intervistati (il 51%), infatti, è che chi commette il reato continua a lavorare senza subire conseguenze. Solo poco meno di un terzo del campione pensa che chi discrimina venga sospeso, licenziato o trasferito. Il 52% degli intervistati ritiene che la risposta a questo fenomeno debba risiedere invece in pene più severe, ma uno spazio importante occupa anche l’educazione e la formazione durante il percorso scolastico e nei luoghi di lavoro. 

L'importanza del sindacato

Infine il ruolo del sindacato: per metà campione il ruolo dei sindacati nella lotta alla discriminazione sui luoghi di lavoro è fondamentale. I sindacati dovrebbero impegnarsi sempre di più in difesa delle vittime di discriminazioni sui luoghi di lavoro (57%), avere un ruolo centrale nel controllo del rispetto delle norme (49%) e in relazione alla regolamentazione di un argomento così delicato (43%).

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