La quarta ondata è arrivata, governo e regioni studiano strategie per contenerla. La scalata a Tim che non riguarda solo il mercato, è in gioco il salto tecnologico del Paese e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici all’occupazione. La manovra esaminata dal Parlamento: per la Cgil è inadeguata e non contrasta le diseguaglianze. E poi, che fine ha fatto lo scioglimento dei movimenti neo fascisti? Se lo chiede l’Anpi ma nessuno risponde.

Prime pagine
“Tim, Vivendi: offerta Kkr troppo bassa” è il titolo de Il Sole 24 Ore che in contro apertura recita: “Per la riforma Irpef quattro aliquote e nuove detrazioni”. Il Corriere della Sera sceglie altro: “Green pass, decisa la stretta” mentre di spalle torna sulle Tlc dal versante della politica: “Tim vola in Borsa. Il freno all’Opa di Salvini e Meloni”.

La Repubblica sorprende: “Violenza sulle donne, 89 vittime al giorno”, mentre in taglio centrale torna sul Covid: “Vaccino, verso l’obbligo per agenti e professori” nel sommario: L’opzione nel piano straordinario di controlli. Pd e Fi a favore. Sondaggio Ipsos: italiani divisi sui brevetti liberi. Ricciardi: Delta Plus buca i tamponi rapidi. Il ministro tedesco Spam: in primavera immunizzati, guariti o morti”.

Anche per Il Messaggero scelta obbligata sul Covid: “Terza dose al quinto mese. Le regioni: divieti ai No vax”. Spariglia La Stampa aprendo su altro: “Mario fa la storia: si al suicidio assistito”, mentre in taglio centrale: “La stretta sui non vaccinati”.

“Un anno buttato: rianimazioni al palo” è quanto afferma Il Fatto Quotidiano. Mentre per il Manifesto: “No vax No Party” questo il titolo sulla foto notizia con lunga spiegazione nel sommario: “Le Regione incalzano e sul Super green pass si accelera: attività sportive, culturali e ricreative solo per vaccinati o guariti. Giovedì il Cdm, Speranza: booster a cinque mesi dal primo ciclo. Ma sui punti del Governo pesa la disponibilità delle dosi e la logistica della nuova campagna”.

Le interviste
Due i temi attorno ai quali ruotano le conversazioni pubblicate dai quotidiani questa mattina: la recrudescenza della pandemia e in vista del 25 novembre la violenza degli uomini contro le donne. E poi le mosse della politica in vista dell’elezione del presidente della Repubblica.

Dice sulla stretta sul passaporto verde Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, al Corriere della Sera: “C’è condivisione sugli obiettivi: la salute delle persone e dare certezze agli operatori economici, soprattutto ora che siamo alle porte della stagione invernale. Mi pare che la nostra proposta di differenziare le misure restrittive sia stata ascoltata“. E poi la parola passa agli scienziati: “È il momento di stringere le misure. Ma i dati parlano chiaro, la via italiana ha funzionato” lo afferma a pag. 2 sempre del quotidiano di via Solferino, l’immunologo Abbrignani, componente del Cts, che aggiunge. “Non credo vadano chiusi gli stadi, ma va rispettato il distanziamento e usata la mascherina”. Ma cosa significa stringere? La risposta è netta: “Una campagna decisa per le terze dosi e con l’introduzione di un passaporto verde più rigido per i non vaccinati”. "Occhio alla variante Delta Plus. Anche questa è nata in Inghilterra, dove continuano a fare disastri, e anche questa  è destinata a diventare predominante, nel Regno Unito probabilmente nei prossimi due mesi, in Italia a seguire".

Su La Repubblica Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Robeto Speranza, lancia un nuovo allarme su quello che potrebbe essere il prossimo step della pandemia con tutti i rischi che ne conseguono sulla tenuta dell'efficacia dei vaccini. E aggiunge lo scienziato: "Soprattutto perché è già stato accertato che è più contagiosa della Delta, che si è già dimostrata enormemente più contagiosa della versione originale del virus di Wuhan. Siamo a un 15-20 % in più, per capirci si presenta come più contagiosa del morbillo, ai livelli della varicella. Questo significa che un positivo è in grado di infettarne addirittura 8-9 contro gli 1-2 del virus originario e i 6-7 della Delta". La conclusione è netta: “Bisogna rapidamente passare alla certificazione verde a due velocità: Green Pass solo a chi è vaccinato o è guarito, chi si ostina a non volersi vaccinare, con il tampone potrà solo andare al lavoro. Ma poi occorrerà rendere efficace il dispositivo dei controlli perchè è inutile prevedere nuove misure se poi non c'è chi le fa rispettare".

E ancora sullo stesso quotidiano parla Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità: Prendere il virus non è una libertà. Contro il Covid servono vaccinazioni, distanziamento e mascherine. Le pillole anti virali non sostituiranno l’iniezione: comunque avremo in farmaco in più, facile da somministrare” E sulla vaccinazione ai bambini aggiunge: “la dose ai bimbi è sicura e frena i contagi, i genitori possono fidarsi”.

Editoriali e commenti
“Parità di genere, se il lavoro è degli uomini” è il titolo dell’editoriale de La Repubblica a firma Elisabetta Camussi. Una riflessione significativa che non solo merita di esser letta, ma approfondita: “…….Sì, perché le donne spariscono nel mondo del lavoro, anche se non sembra. Non c'erano prima, non ci sono adesso. Ci saranno poi? Sappiamo che la realizzazione delle pari opportunità si misura con la percentuale di donne che lavorano, per tutto il loro arco di vita. Perché il lavoro femminile è principio di benessere individuale e collettivo, espressione di sé e crescita del Pil, protezione contro la violenza di genere, e anche generatività. Ma perché questo si realizzi, la gender equity deve essere adottata da studenti, docenti, politici, manager, cittadini e cittadine come un paio di lenti attraverso cui guardare la realtà.

Una volta adottato, quello sguardo, è difficile perderlo. Però è necessario che qualcuno, prima, ti mostri l'invisibile. L'università può fare molto in questa direzione, anche e soprattutto in quei corsi di laurea in cui i processi cognitivi, i loro automatismi e i bias che ne derivano nella visione del mondo non sono disciplina di studio. Perché all'università c'è ancora apertura, desiderio, scoperta.

E per i giovani che all'università non andranno? Sappiamo infatti che in Italia la percentuale dei diplomati che proseguono gli studi è solo intorno al 67%, mentre tutti avrebbero diritto ad una formazione sulle disuguaglianze e su come agire per non riprodurle, nel corso della loro scolarizzazione. I dati ci dicono che meno del 50% delle donne italiane lavora, e per la maggior parte con lavori non continuativi, poco qualificati, mal retribuiti.

Dunque non è strano che, nella testa di chi sta ancora studiando, la rappresentazione di un lavoro qualificato, ben retribuito, continuativo coincida con quella di un uomo. È l'interiorizzazione di quel che ci circonda, della realtà per come si presenta. Su questo bisogna agire, da subito, se vogliamo parlare di futuro e realizzare innovazione”.

E Linda Laura Sabbadini, dalle colonne de La Stampa afferma. “Si avvicina il 25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne. E il presidente Draghi annuncia l’impegno forte del governo su questo fronte. Femminicidio. Parola densa di significati. Parola sconosciuta ai più in un passato non molto lontano……” e conclude il suo ragionale la statistica dell’Istat: “Per una democrazia questi due numeri (quelli delle violenze e quelli delle denunce n.d.r.) sono da brivido. Vuol dire che le nostre iniziative falliscono nella capacità di intercettare il bisogno di liberarsi dalla violenza sulle donne. …..Il diritto a una vita felice dei bambini non può essere messo in discussione da padri violenti. Né la libertà femminile. E allora investiamo di più in tutti i sensi su questo aspetto. Ci sono tante donne che lavorano egregiamente con le donne che subiscono violenza dentro e fuori le istituzioni. Ampliamo il loro raggio di azione. Investiamo in formazione del personale, facciamo sempre più rete. Solo quando cambieranno quei due numeri cambierà anche il destino incrociato di donne e bambini. E allora sì, sarà grande vittoria della nostra democrazia”.

Lungo intervento sul fisco a firma Federico Fubini, pubblicato a pag. 2 del Corriere della Sera: “L’obiettivo taglio delle tasse e le domande prive di risposte” il titolo della riflessione. ”I partiti non dicono quali sarebbero i prelievi da aumentare per far sì che lavoratori e imprese paghino meno. E quali uscite dello Stato sarebbe meglio evitare o contenere”. E nell’ incipit del pezzo la sintesi di quanto sta avvenendo: “Ieri i rappresentanti dei partiti di maggioranza si sono riuniti attorno al ministro dell’economia, Daniele Franco, per suddividere gli otto miliardi dei tagli alle tasse. Non c’è da tenere il fiato sospeso. Tra non molto un compromesso dovrà per forza profilarsi, probabilmente con una distribuzione a favore del taglio delle imposte sui redditi personali ma senza dimenticare le richieste delle imprese”.

Altro tema che interroga, ovviamente, i commentatori e ciò che sta avvenendo attorno a Tim. Scrive Vicenzo Vita sulle colonne de Il Manifesto: “Arrivano davvero gli americani nel territorio delicato e strategico di Tim-Telecom, l’ex monopolista delle telecomunicazioni in Italia, privatizzato con rudezza nel 1997 e successivamente gestito con i piedi da padronati antiquati e furbacchioni. Che si tratti di luogo ad alto rischio per le relazioni democratiche è chiaro: all’azienda ancora fanno capo i decisivi tratti finali della rete, quelli che arrivano nelle abitazioni; e sono parte della casa madre la società Sparkle, cui appartengono i cavi sottomarini, più Telsy che si occupa di cybersicurezza. Vi è anche la partita del Cloud dell’amministrazione pubblica, laddove risiedono le identità e i dati di milioni di persone, con Tim in gara per l’aggiudicazione della commessa.

ome si vede, dunque, la questione di Tim non è una consueta vicenda di mercato, come spesso si usa affermare in assenza di una chiara strategia. Infatti, lo stesso esecutivo presieduto da Mario Draghi, dopo un implicito silenzio-assenso offerto all’annunciata razzia di azioni da parte del fondo statunitense Kkr (acronimo dai proprietari Kohlberg, Kravis, Roberts & Co.) volto a conquistare almeno il 51% della società, sembra ora correre ai ripari.

…….Il fondo americano, che vede tra i suoi massimi protagonisti (presiede l’istituto che svolge analisi di rischio) quell’ex generale Petraeus, a capo dei marines e delle spedizioni in Iraq o Afghanistan nonché alla testa della Central Intelligence Agency (Cia) tra il 2011 e il 2012, era già accasato nella Fibercop fondata da Tim per avventurarsi nell’opera di cablatura con la banda larga e utralarga in vista del traguardo della rete unica. Ci torniamo.

Curiosamente, nel periodo recente si è scatenata una campagna contro i vertici e il titolo è sceso a 30 centesimi per azione. Non c’è bisogno di essere esperti di finanza per capire che è nell’aria qualcosa quando il valore si deprezza così fortemente. In genere, una scalata.

Si tratta del Capitalismo casinò, l’altra faccia del terribile ma evoluto mondo delle piattaforme. Insomma, ci voleva la notiziona sparata in prima pagina sul Corriere della Sera della scorsa domenica per mettere la testa nel problema? Il governo dormiva? Purtroppo, stava dalla parte sbagliata.

Torniamo al tema della rete unica, ovvero l’ottimizzazione delle sparse dorsali che operano attorno al medesimo obiettivo: la posa della fibra in un paese tuttora diviso in zone coperte bene, benino, malino e malissimo. La concorrenza è utile nell’offerta all’utenza dei servizi. Quando è strutturale è solo un danno. Tant’è che l’Italia naviga verso il ventesimo posto in Europa secondo il rapporto in materia, aggiornato al 2021, e intere zone non hanno connessioni adeguate: in che misura lo siano lo dicono i buchi dell’educazione a distanza.

Ebbene, il progetto, a maggior ragione con lo stanziamento di 7 miliardi di euro ad hoc previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), avrebbe avuto oggi la sua epifania. La compagine Conte-bis battezzò un’ipotesi positiva, con il superamento di velleità egemoniche di Tim. Anzi, l’amministratore delegato Gubitosi si era spinto a immaginare un mosaico in cui l’incumbent scendeva in minoranza nel pallottoliere delle quote. No, il governo attuale, a partire dal ministro per l’innovazione tecnologica Colao, si è opposto, prendendo a pretesto (ma che domande sono arrivate a Bruxelles?) l’Europa. La dirimpettaia Open Fiber, costituita per il 60% dalla Cassa depositi e prestiti e per il 40% dal fondo australiano Macquarie, ha ripreso fiato. Al momento, però, la confusione regna sovrana.

……A proposito di Cdp, hanno ragione Maurizio Landini e la categoria della Cgil a porre senza veli il punto: serve una visione industriale evoluta con un ruolo cruciale dello stato, perché la rete è un bene comune e ci lavorano decine di migliaia di persone. Spezzatini e rigurgiti liberisti sono arnesi arrugginiti. Pubblico non è una parolaccia”.

Sullo stesso tema ma da un punto di vista differente è lo scritto di Stefano Folli su La Repubblica: “…….Non c'è un nesso diretto, naturalmente, ma il cronista non può fare a meno di notare quello che si muove sullo sfondo. In primo luogo, la firma a giorni del famoso Trattato del Quirinale tra Italia e Francia, vale a dire la conferma di un rapporto privilegiato tra le due nazioni (anche su questo il Parlamento dovrebbe essere coinvolto). E in un cerchio ancora più largo ci sono i sussulti politici Oltralpe. Bolloré, impegnato a difendersi dall'americana Kkr nella Tim, è anche uno dei maggiori protagonisti della campagna elettorale francese: Zemmour, il quasi candidato della destra non rappresentata dai partiti, gode del sostegno del finanziere e attende solo di rendere ufficiale la sua sfida a Macron. Questi ha ottime amicizie in Italia e conta anche sul loro aiuto per restare all'Eliseo. Affari e politica s'intrecciano come non mai”.

Infine segnaliamo una riflessione che suona come un appello. È quella di Chiara Saraceno a pag. 26 de La repubblica: “Non archiviamo i navigator”. Scrive la sociologa: “……..Al di là del nome infelice e un po' ridicolo con cui sono stati designati, l'idea che per fare incontrare domanda e offerta di lavoro ci voglia qualche cosa di più di un database, che occorra fare emergere la domanda per orientare ed eventualmente (ri)qualificare l'offerta, era tutt'altro che sbagliata. Tanto più nel caso di una offerta così poco qualificata e lontana dal mercato del lavoro quale è quella di gran parte dei beneficiari del Rdc "occupabili….".

Economia lavoro e sindacato
Dallo scorso fine settimana in Senato sono cominciate le audizioni sulla legge di bilancio, ieri è toccato, tra gli altri alla Cgil essere audita. Su Collettiva.it il resoconto dell’incontro con la delegazione di Corso di Italia giudata dalla vice segretaria Gianna Fracassi Una manovra inadeguata.

Tema caldo del confronto tra le forze politiche e sociali la riforma del fisco. Ne scrive Giuliano Santoro su Il Manifesto: “……Tra scontri nella maggioranza, critiche delle parti sociali e difficoltà tecniche la strada per l’approvazione della manovra finanziaria si fa più impervia. Ieri l’articolo 2 della legge di bilancio, quello che stanzia 8 miliardi per il taglio delle tasse, è finito nel mirino del Servizio bilancio di Palazzo Madama. Secondo l’organismo di controllo il testo rappresenta «un’inversione del corretto ordine» secondo il quale prima si stabiliscono le misure e poi il loro onere. I tecnici, dunque, sottolineano come al momento, a dispetto delle coperture, le norme «non esistano».

Il tavolo del fisco riunito al Mef dal ministro Daniele Franco, alla presenza di un esponente per ogni forza di maggioranza si riconvoca quest’oggi. «Riteniamo che gli otto miliardi sono pochi, riteniamo che ne debbano essere messi almeno tredici su un taglio forte contributivo del cuneo fiscale» è la critica del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Più in generale, da via dell’Aeronautica, dicono che la manovra «non fa segnare passi avanti verso la modernizzazione del paese». Dal canto loro, Cgil, Cisl e Uil criticano la riduzione dell’Irap e chiedono di destinare le risorse a lavoratori e pensionati. Per il taglio del cuneo fiscale servirebbero 13 miliardi. Che ci sia un problema salariale lo dice anche il presidente Istat Gian Carlo Blangiardo, audito sulla manovra dalle commissioni bilancio: «L’attuale fase di risalita dell’inflazione si accompagna a una moderata crescita delle retribuzioni contrattuali. Possiamo dire che i lavoratori stanno perdendo, anche se in maniera non drammatica, potere d’acquisto». Se davvero tutte le risorse venissero destinate alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, è la stima dell’Istat, si avrebbe un incremento del reddito a disposizione dei lavoratori dipendenti dello 0,71% rispetto al 2020”.

Anche Giorgio Pogliotti su Il Sole 24 Ore da conte della posizione della Cgil su fisco e pensioni così come illustrata di fronte alla commissione Bilancio del Senato. Enrico Marro a pag. 2 del Corriere della Sera annuncia che oggi ci sarà un nuovo vertice tra il ministro Franco e i partiti sul fisco: “L’ipotesi Irpes dal 38% al 34%. Quattro aliquote, chi guadagna di più? La riduzione favorirebbe i redditi tra 30 3 50mila euro”.

Ci piace segnalare una notizia, si una vera e propria notizia riportata, però, solo dal quotidiano Avvenire: “Anche l’Istat scende in campo a difesa del Reddito di cittadinanza” e scrive l’anonimo articolista: “Il reddito di cittadinanza svolge effettivamente una funzione redistributiva e nel 2020 le famiglie che ne hanno beneficiato sono diffuse maggiormente nel quinto più povero. Lo ha sottolineato Gian Carlo Blanciardo, nel corso dell’Audizione sulla manovra nelle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato”. Magari se anche altri organi di stampa ne avessero parlato sarebbe stata una corretta informazione vista la campagna di denigrazione contro il Rdc a cui anche i giornali hanno alacremente partecipato.

E poi Tim. A questo è dedicata l’apertura di Collettiva.it di oggi.
Intervista a Emilio Miceli, segretario nazionale Cgil: Tim strategica per il Paese. Non può valere solo il mercato
La riflessione di Fabrizio Solari, segretario generale della Slc Cgil: Servono infrastruttura e formazione

Scrive Massimo Franchi su Il Manifesto: “La guerra finanziaria su quel che rimane di Telecom ieri ha registrato un punto a favore dei francesi di Vivendi. Gli azionisti di maggioranza di Tim con il 23,75% hanno fatto sapere di ritenere l’offerta di acquisto del fondo americano Kkr da 11 miliardi «totalmente insufficiente». Il gruppo di Vincent Bolloré non ha intenzione di farsi da parte: «Non siamo in discussione con nessun fondo», ha precisato un portavoce di Vivendi riferendosi anche al possibile interessamento di Cvc e Advent. «Cerchiamo di lavorare il meglio possibile con governo e istituzioni per garantire un futuro per Tim», ha continuato. L’ormai certezza che l’irruzione del fondo americano possa essere un colpo di coda di Luigi Gubitosi, attuale amministratore delegato, messo sulla graticola da Vivendi che ha guidato la lettera degli 11 consiglieri (su 15) ha spinto per la convocazione di un cda straordinario, previsto venerdì, nel giorno in cui Emmanuel Macron – non in buoni rapporti con Bollorè – sarà a Roma per firmare con Mario Draghi il Trattato del Quirinale. …….

La proposta di Kkr per Tim è sul tavolo del governo che si prepara a convocare il supercomitato – formato dai ministri Franco, Giorgetti e Colao, i sottosegretari Garofoli e Gabrielli, il consigliere economico del premier Francesco Giavazzi e il capo di gabinetto del Tesoro Giuseppe Chinè e altri esperti – per analizzare la proposta del fondo Usa su due questioni: rete e occupazione. ………

Sul fronte sindacale a difesa dei circa 40mila addetti rimasti in Tim ieri è arrivata una nota unitaria durissima di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom: «Siamo sorpresi e trasecolati rispetto a quanto indicato dal Mef. In un paese dove il settore delle telecomunicazioni è stato lungamente martoriato a partire dalla scellerata privatizzazione della Telecom Italia del 2000 e nel quale, a differenza di altre importanti nazioni europee, i primi quattro operatori sono in mani straniere, leggere che il mercato valuterà la solidità del progetto è per noi a dir poco lunare – attaccano i sindacati – .Ci domandiamo che ruolo ha la politica tutta e la golden power rispetto ad una tema strategico come la rete demandato nell’ennesimo gruppo di lavoro governativo e di esperti: tutto ciò non può che farci sobbalzare dalla sedia, parlando di un settore che pur essendo considerato strategico da dieci anni perde ricavi e marginalità e non ha un chiaro indirizzo politico. In questi ultimi mesi abbiamo chiesto formalmente di essere convocati al Mise senza successo, in un silenzio assordante: aver superato il memorandum di intesa della fine di agosto 2020 tra Tim e Cdp finalizzato alla realizzazione del progetto di rete unica nazionale – denunciano Slc, Fistel e Uilcom – ha prodotto una nuova impennata della fragilità della governance di Tim e allontana le forti prospettive di modernizzazione del PaeseLa difesa degli attuali livelli occupazionali ed il loro sviluppo non possono passare dal rimanere in attesa di cosa farà il mercato o da un gruppo di lavoro, la politica e il presidente del Consiglio prenda una posizione urgente e chiara che preservi le infrastrutture del paese e gli occupati del settore», concludono Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom”.

E poi la lotta al Covid. Scrivono Tommaso Ciriaco e Giuliano Foschini su La Repubblica: “Allargare l'obbligo vaccinale anche alle forze dell'ordine e ai professori. Per bloccare il contagio tra i banchi di scuola, che corre veloce. E per difendere l'operatività di chi si occupa di sicurezza. Proprio agli agenti, infatti, l'esecutivo intende affidare un piano straordinario di controlli sotto la regia del Viminale, con l'obiettivo di verificare il rispetto delle nuove regole imposte con il Green Pass…….. Nel pacchetto dell'esecutivo, questo è già certo, entrerà anche l'obbligo di vaccinazione per i sanitari e per chi lavora nelle Rsa. E la riduzione della validità del Green Pass, oggi fissata a un anno. Si è ipotizzata una soglia di nove mesi, ma resta possibile una strada più radicale: sette mesi dalla seconda dose. Chi non si metterà a norma con il booster vedrà decadere il proprio passaporto vaccinale. Nel frattempo, il ministro della Sanità annuncia che si potrà accedere alla terza dose a 5 mesi dalla seconda (e non più dopo sei mesi). In stand by, ma comunque in corso di valutazione nonostante le resistenze di Matteo Salvini, anche la possibilità di far valere la carta verde per i minori di 11 anni……. Sullo sfondo, ma neanche troppo, resta il tema dell'obbligo vaccinale per il mondo del lavoro. La Confindustria è favorevole, come la Cgil. Lo stesso vale per Pd, Forza Italia e Coraggio Italia (che con Marco Marin ha congelato un ordine del giorno in questa direzione, ma solo in attesa di risposte chiare). E un ulteriore segnale è arrivato ieri dal partito di Silvio Berlusconi. "Chiediamo di valutare l'obbligo per categorie di lavoratori che operano a contatto col pubblico o per i cittadini che fruiscono di servizi pubblici, compresi i trasporti". Ecco, anche quest'ultima opzione è sul tavolo di governo. Nonostante le resistenze del ministro Enrico Giovannini.

Infine una notizia sui diritti civili. Ne parlano tutti i giornali, La Stampa – come dicevamo -gli dedica l’apertura: “Mario fa la storia: si al suicidio assistito” e la notizia è questa, dopo la sentenza della Consulta e uno scontro legale durato anno un malato marchigiano ha finalmente ricevuto il via libera dell’Asl delle Marche al suicidio assistito. Tutta la storia a pag. 3 del quotidiano torinese.

Ieri l’Anpi ha tenuto una conferenza stampa per denunciare che dal fronte scioglimento delle organizzazioni neo fasciste nulla si muove. Ne scrivono Il Manifesto e Il Fatto Quotidiano

L’Agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’Agenda di Collettiva.