Il 26 aprile del 1937 gli aerei tedeschi, in appoggio alle truppe del generale Franco contro il governo repubblicano di Spagna, radono al suolo con un bombardamento la cittadina basca di Guernica.

Il primo bombardamento su civili

Il bombardamento a tappeto dura tre interminabili ore. Gli Heinkel 51, Junker 52, Dornier 17 e Messerschmidt 109 tedeschi, con il supporto dei Fiat CR32 italiani, sganciano 31 tonnellate di bombe. È il primo bombardamento su popolazione civile della storia. Il governo basco conterà 1.654 morti, centinaia saranno i feriti. Tra loro anche anziani, donne, bambini.

Il quadro immortale di Picasso

Una strage immortalata nell’omonimo famoso quadro di Pablo Picasso, realizzato su commissione del governo della Repubblica socialista in piena guerra civile per essere messo al centro del padiglione spagnolo in occasione dell'Esposizione internazionale di Parigi nel 1937.

Guernica è un racconto di guerra, un dipinto di storia della quale mostra, in modo spietato, il lato più tragico.

Chiusa l’esposizione del 1937, l’opera (351 cm di altezza x 776 cm di larghezza) volerà oltre oceano e per oltre quarant’anni sarà esposta al MoMa di New York con la scritta “prestito del popolo di Spagna” (l’autore farà dono della sua opera alla Spagna alla condizione che questa non metta piede sul suolo spagnolo fino a che non siano in esso ripristinate libertà e democrazia).

Picasso morirà nel 1973, Franco nel ’75 e il 10 ottobre del 1981 Guernica tornerà definitivamente a Madrid. Si racconta che l'ambasciatore tedesco Otto Abetz, in visita allo studio di Picasso, vedendo Guernica gli abbia chiesto: "È lei che ha fatto questo orrore?". Picasso si racconta abbia risposto: "No, signore, è opera vostra".

Le truppe di Mussolini

Solo quattro mesi prima, il 23 dicembre del 1936, su decisione diBenito Mussolini, la prima formazione di 3 mila soldati italiani del corpo truppe volontarie atterrava a Cadice in supporto dei golpisti. 

Gli italiani antifascisti in Spagna

Ma dall’Italia arrivano anche i volontari per la libertà. “Oggi in Spagna, domani in Italia” è il motto degli antifascisti italiani, ripreso dalla frase “Oggi qui, domani in Italia”, pronunciata da Carlo Rosselli a Radio Barcellona. 
 

“Compagni, fratelli, italiani - diceva Rosselli - ascoltate. Un volontario italiano vi parla dalla Radio di Barcellona per portarvi il saluto delle migliaia di antifascisti italiani esuli che si battono nelle file dell’armata rivoluzionaria. Una colonna italiana combatte da tre mesi sul fronte di Aragona. Undici morti, venti feriti, la stima dei compagni spagnuoli: ecco la testimonianza del suo sacrificio. Una seconda colonna italiana, formatasi in questi giorni, difende eroicamente Madrid. In tutti i reparti si trovano volontari italiani, uomini che avendo perduto la libertà nella propria terra, cominciano col riconquistarla in Ispagna, fucile alla mano. Giornalmente arrivano volontari italiani: dalla Francia, dal Belgio. dalla Svizzera, dalle lontane Americhe. Dovunque sono comunità italiane, si formano comitati per la Spagna proletaria. Anche dall’Italia oppressa partono volontari. Nelle nostre file contiamo a decine i compagni che, a prezzo di mille pericoli, hanno varcato clandestinamente la frontiera. Accanto ai veterani dell’antifascismo lottano i Giovanissimi che hanno abbandonato l’università, la fabbrica e perfino la caserma (…)
 


Proseguiva Rosselli:
 

Non prestate fede alle notizie bugiarde della stampa fascista, che dipinge i rivoluzionari spagnuoli come orde di pazzi sanguinari alla vigilia della sconfitta. La rivoluzione in Ispagna è trionfante. Penetra ogni giorno di più nel profondo della vita del popolo rinnovando istituiti, raddrizzando secolari ingiustizie. Madrid non è caduta e non cadrà. Quando pareva in procinto di soccombere, una meravigliosa riscossa di popolo arginava l’invasione ed iniziava la controffensiva. Il motto della milizia rivoluzionaria che fino ad ora era ‘No pasaran’ è diventato ‘Pasaremos’, cioè non i fascisti, ma noi, i rivoluzionari, passeremo (…) Dalla Spagna guadagnerà l’Europa. Arriverà innanzi tutto in Italia, cosi vicina alla Spagna per lingua, tradizioni, clima, costumi e tiranni. Arriverà perché la storia non si ferma, il progresso continua, le dittature sono delle parentesi nella vita dei popoli, quasi una sferza per imporre loro, dopo un periodo d’inerzia e di abbandono, di riprendere in mano il loro destino (…) Qui si combatte, si muore, ma anche si vince per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli”.