“Apprendiamo dalle dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Repubblica che, ancora una volta, la Rai dispone azioni contro la maternità e poi viene fraintesa nei suoi comportamenti. A nostro avviso è grave che a emergere ancora una volta sia il pessimo utilizzo che la Rai fa delle tipologie contrattuali e ancora una volta è una donna in attesa di un figlio a pagare il prezzo di clausole che limitano i diritti dei lavoratori”. Così in una nota Slc Cgil, Fistel Cisl e Snater. Che aggiungono: “Qualche mese fa, il direttore generale Lorenza Lei si era impegnata a cancellare la clausola sulla maternità: già allora dicemmo che il problema vero era l’utilizzo di contratti di lavoro impropri e precari. Oggi la confusione della Rai riemerge ancora più prepotentemente, vista anche la risposta della dirigenza al giornale”.
 
“Ricordiamo all’azienda e ai suoi dirigenti – proseguono lefederazioni di categoria – che la professione di annunciatrice è inserita all’interno del contratto di lavoro dei dipendenti: operai, impiegati e quadri della Rai. Un’annunciatrice deve essere tutelata dunque dal contratto collettivo di lavoro, che prevede almeno l’inquadramento al livello retributivo 5 e dopo 18 mesi al livello retributivo 3. Se la Rai utilizzasse correttamente i criteri di assunzione, la collega avrebbe diritto all’indennità di maternità obbligatoria, facoltativa, oltre alle ore di allattamento, alla malattia, alla malattia bambino, alle ferie, ai permessi”.

I sindacati denunciano da tenpo il fatto che le redazioni dei tg sono piene di lavoratori con contratti autonomi, ma che in realtà svolgono lavoro subordinato. “Purtroppo – concludono Slc, Fistel e Snater –, l’azienda è miope e non si rende conto che prima o poi il problema della precarietà e dei diritti esploderà e sarà, in quel modo, difficilmente gestibile. Alla collega, viste le condizioni in cui si trova, oltre alla solidarietà, le proponiamo la nostra assistenza sindacale e legale”.