In Lombardia nel settore della sanità una vera libertà di scelta non esiste: le strutture pubbliche hanno liste d’attesa lunghissime e questo obbliga il cittadino a rivolgersi al privato, se può permetterselo. Anche avere investito risorse quasi esclusivamente sugli ospedali, dimenticando e impoverendo i servizi territoriali, è stata una scelta che durante l’emergenza sanitaria si è dimostrata sbagliata. Le strutture di prossimità, mai attivate, avrebbero potuto rispondere ai bisogni di salute e sociali delle persone. Invece la popolazione è stata lasciata da sola di fronte all’emergenza.

Il modello del servizio sanitario lombardo da vent’anni è disallineato rispetto alle norme nazionali, con il rischio, adesso, che si espanda in tutto il Paese, complice l’autonomia regionale in tema di salute. Oggi è in discussione la revisione della legge regionale e la declinazione del Pnrr, cioè delle risorse che arriveranno dall’Europa per lo sviluppo della grande assente, la rete territoriale.

“Il disegno di legge non ci convince perché persiste, tra le altre cose, l’equiparazione tra strutture pubbliche e private, non in un’ottica di integrazione ma di sostituzione uno dell’altro – sostiene Monica Vangi, della segreteria Cgil Lombardia -. Con Cisl e Uil abbiamo presentato i nostri emendamenti, una serie di proposte oggi sul tavolo della Regione. Tra questi, la necessità di potenziare il servizio pubblico per metterlo in grado di rispondere velocemente ed efficacemente alle richieste dei cittadini, ripartire dai distretti, dalla creazione dalle case e dagli ospedali di comunità, investire in personale e tecnologia e definire i criteri per frenare l’aumento delle rette delle case di riposo”.

“Nei mesi dell’emergenza pandemica in Lombardia sono state vissute tutte le mancanze del nostro sistema sanitario – prosegue Vangi – e già allora insieme alle associazioni e ai liberi cittadini contestammo l’operato della Regione. La situazione era ed è nota a tutti”. Difficile parlare di un “fiore all’occhiello”, il cosiddetto “modello lombardo” nei mesi dell’emergenza sanitaria ha fatto acqua da tutte le parti. A depotenziare il pubblico per avvantaggiare il privato cominciò l’ex governatore Formigoni (condannato nel 2019 per corruzione nel processo per il crac delle fondazioni Maugeri e San Raffaele). Da allora la strada è tracciata: prima Roberto Maroni, poi Attilio Fontana e l’assessora Moratti hanno perseguito la privatizzazione e la frammentazione del sistema.

Il progetto di legge attualmente in discussione è contestato da Cgil, Cisl e Uil, dalle categorie dei pensionati e della funzione pubblica. Nei territori si susseguono campagne di informazione, con iniziative e volantinaggi, per sensibilizzare i cittadini e spiegare che sì, un’altra sanità è possibile, anzi è doverosa. Serve una visione politica e servono investimenti. “La nostra Costituzione all’articolo 32 stabilisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo – chiosa Vangi -. Non smetteremo di chiedere l’applicazione della nostra Carta, nell’interesse di tutte e tutti, non di pochi”.