“È il dato peggiore dal 2014, quando si toccò il punto più basso degli ultimi 30 anni”. Marco De Silva, responsabile dell’ufficio economico Cgil Liguria, commenta così i numeri sull’occupazione nel 2020 pubblicati oggi dall’Istat: per questa regione si attestano sui 601.258 unità, l’1,71 per cento in meno rispetto al 2019. La maglia nera va ai servizi che perdono 11.659 occupati (-2,42 per cento), mentre il calo maggiore in percentuale è quello del settore commercio e turismo che perde 5.482 occupati (-3,9 per cento) mentre in valore assoluto le altre attività dei servizi calano di 6.179 unità (-1,81 per cento), in particolare commercio, alberghi, ristoranti. “Diminuiscono soprattutto i maschi, i lavoratori dipendenti ed al loro interno i tempi determinati, i part-time, gli occupati delle fasce più giovani e con bassi titoli di studio – aggiunge De Silva -. Tengono invece gli occupati nelle costruzioni, in agricoltura, tra i laureati e soprattutto nel quarto trimestre 2020, nel lavoro indipendente”.

“È una conferma di tutto quanto abbiamo visto in questi mesi – dichiara Fulvia Veirana, segretaria generale Cgil Liguria -. Le chiusure di bar ed esercizi commerciali e di tutto quanto attiene al comparto del commercio e del turismo hanno subito pesantemente le misure a contenimento della pandemia. In regione sono cresciuti i neet e gli inattivi, che testimoniano lo sconforto di chi il lavoro non lo cerca neanche più”. Per le statistiche i neet sono i ragazzi tra i 18 e i 29 anni che non cercano lavoro e non studiano: in Liguria aumentano di quasi 5mila unità, del 13,8 per cento. Gli inattivi (15-64 anni) crescono del 5,11 per cento (più 14.182) e si attestano a quota 291.577. “Se salterà il blocco dei licenziamenti senza forme di tutela e di sostegno al reddito, rischiamo di sprofondare in una crisi senza precedenti – conclude Veirana -. Contemporaneamente serve programmare in Liguria investimenti per la ripresa e perché si creino nuove occasioni di lavoro". Calano infine anche i disoccupati, soprattutto le donne, il cui numero scende di un quarto: non è necessariamente una buona notizia, in quando si tratta di lavoratrici che hanno smesso di cercare e che probabilmente sono state impegnate con la cura di figli e degli anziani durante la pandemia.