Il rischio c’è e nessuno se lo nasconde: il ruolo del contratto nazionale collettivo di lavoro può rischiare di sparire dall’orizzonte come un elemento non prioritario in una fase di emergenza che sicuramente non è destinata a finire in poche settimane. Se a questo sommiamo le funeste previsioni sul Pil e la nuova Confindustria di Bonomi che sembra – nelle prime dichiarazioni – aver rispolverato i vecchi fasti derogatori di D’Amato, è evidente che ci troviamo di fronte a una sfida importante per i sindacati e per quei 9 milioni di lavoratori che hanno il contratto scaduto o assai prossimo alla scadenza. Sarebbe una beffa anche perché tanti di questi lavoratori – “essenziali” o meno – in questi due mesi hanno continuato a lavorare e non sempre. Collettiva continua il suo viaggio nei vari settori.

Possibile attacco sul modello contrattuale
Di essere in presenza di un contesto non facile è convinto Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil: “Credo che sul tema delle relazioni sindacali e sul modello contrattuale dovremmo prepararci a un attacco dal mondo confindustriale. In tanti stanno utilizzando i numeri negativi delle imprese e del paese anche come alibi per sostenere che non ci sono le condizioni per rinnovare i contratti di lavoro. Ma noi dobbiamo ribadire con forza che si tratta di un errore anche strategico: sono le imprese stesse che avrebbero bisogno di ragionare proprio all’interno di contatti dei nuovi modelli organizzativi necessari per affrontare una fase che sarà del tutto inedita”.

“Quale migliore cornice del contratto nazionale – aggiunge il sindacalista – per modificare turni di lavoro e cicli produttivi? Capisco che in una fase di crisi le risorse sono quelle che sono. Nessuno chiede la luna anche se bisogna ricordare che in Italia la questione salariale dura da almeno un decennio; abbiamo tra le più basse retribuzione in Europa, quindi i contratti vanno rinnovati, su questo non c’è alcun dubbio. Anche perché oggi dobbiamo mettere le basi per riprogettare il paese , ripensare il modello di sviluppo, nuovi investimenti e in questo la contrattazione nei vari comparti è fondamentale”.

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Nello specifico, per quanto riguarda la Filctem (che nel suo perimetro ha 22 ccnl), prima dell’epidemia erano stati chiusi fortunatamente i rinnovi che riguardano i settori cosiddetti “essenziali”: elettrici, petrolio, gas-acqua, chimico- farmaceutico. Negli altri settori le situazioni sono diversificate: per quanto riguarda la moda ci si è fermati alla fase delle assemblee per la piattaforma. Fermi a causa dell’emergenza anche i rinnovi negli altri settori settori manifatturieri: vetro, ceramica e gomma-plastica. Le resistenze più forti vengono in particolare da quest’ultimo comparto che, non a caso, è quello più vicino al metalmeccanico. In questa situazione di stallo, riprende il numero uno della Filctem, “alcune delle controparti hanno ipotizzato la sigla di contratti ponte. Per noi non è accettabile: i contratti vanno rinnovati per intero, compreso il salario. Pasticci di ingegneria negoziale non ci interessano”.

Turismo, uno dei settori più colpiti
Molto complessa e variegata la situazione dei rinnovi nei settori del terziario, del commercio e del turismo: complessivamente siamo a più di tre milioni di lavoratori .Anche in questo caso la segretaria generale della Filcams, Maria Grazia Gabrielli, paventa il rischio che la contrattazione, con la “scusa” dell’emergenza, possa essere messa un po’ da parte. Anche in questi settori, in alcuni contratti, le associazioni legate a Confindustria potrebbero far pesare gli orientamenti che arrivano da viale dell’Astronomia.

Per la sindacalista, tuttavia, deve valere un punto di principio: “La situazione di crisi e il necessario senso di responsabilità, che per altro abbiamo sempre dimostrato, non può far venire meno il valore dei ccnl e del loro rinnovo. Quindi, i percorsi vanno avviati e non possiamo partire dall’idea che vista la situazione a pagare siano i lavoratori con il peggioramento delle proprie condizioni. Dunque, né deroghe né indietreggiamenti: il ccnl deve dare valore e qualità al lavoro”.

Se questo vale per tutti i contratti del settore, un’attenzione particolare in più va prestata, spiega Gabrielli, “per quei comparti che nell’emergenza covid sono stati particolarmente in prima linea, come la sanità, senza però avere lo stesso riconoscimento pubblico. Mi riferisco ai lavoratori delle Multiservizi (ben 600.addetti con il contratto scaduto addirittura da otto anni, ndr) – che hanno garantito le sanificazioni degli ospedali, delle Rsa e dei luoghi di lavoro – ma anche a quelli delle farmacie che, con la sanità in difficoltà, hanno spesso garantito un presidio e un aiuto importante ai cittadini”.

In una situazione contrattuale particolarmente complessa si trova anche uno dei settori più pesantemente colpiti dalla crisi, il turismo, in cui anche il precedente rinnovo, con tavoli contrattuali frammentati (il pezzo dei pubblici esercizi e della ristorazione sono usciti dai contenitori tradizionali dando vita a due altri contratti) era stato molto impervio. Il tavolo contrattuale è aperto da un anno, ma sulla trattativa per il rinnovo arrivano come un macigno i dati di un’indagine di Demoskpopika secondo cui oltre 40.000 imprese rischiano il fallimento a causa della perdita di solidità finanziaria con una contrazione del fatturato di almeno 10 miliardi di euro e una possibile perdita di oltre 184.000 posti di lavoro.

Mancano all’appello anche i rinnovi per la vigilanza privata e i servizi fiduciari, colf e delle badanti, studi professionali, acconciatura estetica. Nel dicembre 2019, infine, sono scaduti i quattro contratti del terziario per i quali si stavano costruendo le piattaforme, prima che arrivasse l’emergenza sanitaria. “Insomma – aggiunge Gabrielli – ci troviamo di fronte a situazioni molto diverse. Ma il principio rimane lo stesso: i contratti devono essere rinnovati”.

Industria cartaria: fatturati triplicati
Un altro settore di quelli che hanno continuato a lavorare è quello dell’industria cartaria, scaduto lo scorso dicembre: “Qui operano veri colossi del settore anche a livello mondiale – spiega Giulia Guida, segretaria nazionale Slc –. Lavorano a ciclo continuo, producono carta per uso domestico e sanitario e per tutto quello che riguarda gli imballaggi per il cibo da asporto. Molte aziende sono arrivate, in questa fase, persino a triplicare la produzione. Va detto che nella stragrande maggioranza dei casi sono state molto attente alla sicurezza, applicando i protocolli. Del resto ha contato anche una grande tradizione sindacale e operaia”.

Per ciò che riguarda il contratto, spiega la sindacalista, “abbiamo detto che la trattativa per il rinnovo deve partire. I segnali delle controparti sembrano positivi: per noi tra fine maggio e inizio giugno bisogna riprendere a negoziare”. Anche qui un po’ di timore di dover scontare una posizione non troppo conciliante di Confindustria naturalmente c’è: “Ma per noi – ribadisce la sindacalista – il contratto nazionale è fondamentale per due aspetti principali. Deve passare di qui il governo del cambiamento dei processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro, che va, appunto, contrattata”. E poi c’è una questione salariale: “Serve un adeguato riconoscimento economico perché le aziende non si sono mai fermate e hanno avuto in questi mesi margini di guadagno molto ampi”.