Giustizia è fatta. A Ravenna, rilasciato il permesso speciale “per grave sfruttamento lavorativo” a due lavoratori migranti richiedenti asilo sottratti, grazie all’azione congiunta di sindacato e istituzioni, alla condizione di sfruttamento da parte di un’organizzazione criminale attualmente sotto processo. A darne notizia un comunicato della Cgil Emilia-Romagna, che aggiunge che “a conclusione delle indagini condotte assieme all’Ispettorato del lavoro e all’Inail, su disposizione del Gip di Forlì, la Polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia in carcere nei confronti di quattro cittadini pachistani accusati di aver reclutato i lavoratori, di averli accompagnati al lavoro in un clima di minacce e intimidazioni, oltre ad aver individuato e gestito i committenti”.

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, i braccianti stranieri sul territorio attraversano un momento critico e hanno avuto sempre più difficoltà a trovare lavoro. “Alcuni di loro, già prima della pandemia, avevano preso contatti con la Flai di Forlì per il controllo degli stipendi e dei contributi previdenziali (da cui è nata un’indagine della Procura della città romagnola). Successivamente, a pandemia in corso, si è attivata la federazione dell’agroindustria della Cgil a Ravenna, poiché la casa di campagna in cui erano domiciliati si trovava a Bagnara. Il sindacato e il Comune di Bagnara hanno subito contattato le forze dell’ordine e attivato i servizi sociali per offrire ai lavoratori un sostegno alimentare e la sanificazione dei luoghi in cui vivevano”.

A versare in queste condizioni più di venti lavoratori (in gran parte pachistani e afghani, sia in possesso di un titolo di soggiorno che richiedenti asilo) che alloggiavano in una grande casa di campagna isolata. “Al mattino – si legge nella nota – venivano condotti a lavorare per raccogliere frutta e verdura o potare gli alberi fuori dal territorio di Bagnara (con viaggi medi di un’ora), per tornare solo alla sera, guadagnando 50 euro al mese e lavorando fino a 80 ore settimanali. Le indagini della Squadra Mobile di Forlì hanno ricostruito un quadro di sfruttamento da parte di un’organizzazione che li faceva lavorare in diverse aziende agricole non solo dell’Emilia-Romagna e li alloggiava senza acqua calda, poco cibo e materassi a terra ammassati in poche stanze”. Nel casolare, abitazione dei lavoratori ma anche sede operativa della rete di sfruttamento, è avvenuta la prima visita del Comune di Bagnara, dei servizi sociali e della Polizia locale. Presenti un rappresentante della Flai Cgil e l’avvocato incaricato di assicurare assistenza e difesa a queste vittime del caporalato. Attraverso il coinvolgimento della Regione Emilia-Romagna, che a sua volta ha attivato il servizio Immigrazione del Comune di Ravenna, è stato possibile l’ingresso di due lavoratori all’interno di un progetto “Oltre la Strada” (sistema integrato di interventi socio-sanitari nel campo della prostituzione, del grave sfruttamento e della tratta di esseri umani). Tra i loro diritti è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno speciale per grave sfruttamento.

“Come Cgil Emilia-Romagna – si legge nella nota – esprimiamo soddisfazione per questo esito e per l’iniziativa messa in campo, che va sempre perseguita affinché i lavoratori deboli vengano sottratti dal giogo di nuovi sfruttatori e di reti criminali che violano i diritti e la dignità umana. Le associazioni criminali, qualunque esse siano, impediscono ai sindacati di esercitare le proprie attività di promozione e tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Per questa ragione le Organizzazioni Confederali dell’Emilia-Romagna si sono costituite parte civile anche nel processo di Forlì, per rivendicare il ruolo di garanzia della tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Non smetteremo di denunciare queste situazioni e non smetteremo di rivendicare diritti e dignità per ogni essere umano, sperando di poter sempre contare sulle istituzioni al fine di garantire il controllo del territorio e la partecipazione democratica”.