Una altra picconata al Jobs act. Il Comitato europeo dei diritti sociali, oggi (11 febbraio), ha decretato che l'Italia viola il diritto dei lavoratori a ricevere “un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione” in caso di licenziamento illegittimo. È il risultato del reclamo collettivo presentato dalla Cgil nel 2017, con il sostegno della Confederazione europea dei sindacati.

“Dal Comitato arriva una buona notizia che rappresenta una vittoria. Con il Jobs act, l’Italia viola un diritto sancito dalla Carta sociale europea”. È quanto fa sapere la Cgil nazionale.

“Il Comitato - continua il sindacato - ha accolto tutte le contestazioni da noi espresse e ha riconosciuto che il decreto legislativo n. 23/2015 è in contrasto con l’art. 24 della Carta sociale europea che sancisce il diritto alla reintegra per ogni lavoratore ingiustamente licenziato, oppure, se questa non è concretamente praticabile, un risarcimento commisurato al danno subito, senza ‘tetti’ di legge”.

Il Consiglio ha infatti riconosciuto che il sistema sanzionatorio del licenziamento illegittimo configurato dal Jobs act, anche dopo le modifiche del 2018, resta privo dei requisiti di “effettività” e “deterrenza” richiesti dall’articolo 24 della Carta sociale europea. Infatti la legislazione italiana esclude a priori la possibilità di essere reintegrati nella maggior parte dei casi di licenziamento e fissa l’importo massimo dell’indennizzo erogabile al lavoratore: 36 mesi di retribuzione per i dipendenti di imprese medio-grandi, e 6 mesi per quelli delle piccole imprese. Questo, di fatto, impedisce al giudice ogni possibilità di valutare e di riconoscere l'eventuale danno supplementare subito dal lavoratore a seguito del licenziamento.

“Il monito arrivato da Strasburgo - prosegue la Cgil - è netto e ineludibile, smentisce l’impianto teorico del Jobs act. Ora va ripensata la disciplina del licenziamento non domandandosi quale sia il regime più favorevole per le imprese, ma quali siano le tutele più adeguate per i lavoratori e le lavoratrici. La via da seguire - conclude - esiste già: il ripristino e l'allargamento dell'articolo 18, come da noi sostenuto nel progetto di legge di iniziativa popolare 'Carta dei diritti universali del lavoro', tuttora pendente in Parlamento”.