La Tirrenia conferma “la chiusura delle sedi operative/amministrative di Napoli e di Cagliari e il trasferimento di tutte le risorse ivi impiegate presso altri uffici”. Così si legge nel verbale che nella serata di martedì 21 gennaio ha chiuso l’incontro (tenutosi presso la sede Assarmatori di Roma) tra la compagnia di navigazione e i sindacati. L’azienda, dunque, intende così completare il “processo di riorganizzazione avviato nel 2019”: la decisione, già annunciata a metà dicembre, è rigettata da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti nazionali e regionali, che si avviano verso una forte mobilitazione, chiedendo nel contempo un incontro con la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli.

I lavoratori coinvolti sono 61, tutti del comparto amministrativo (principalmente dalle divisioni armamento/alberghiero, finanza/controllo e acquisti) e con contratti a tempo indeterminato. Il trasferimento avverrà a partire dal 1° maggio prossimo. La stragrande maggioranza verrà trasferita negli uffici di Livorno e Portoferraio (Livorno), altri trasferimenti sono previsti verso le sedi di Roma e Milano. A motivare la decisione, spiega Tirrenia, sono le “esigenze di efficientamento e di ottimizzazione delle risorse” e la necessità di “un più adeguato controllo dei costi aziendali attraverso la creazione di ulteriori poli aggregati”.

Per i sindacati è “inaccettabile un’ipotesi di trasferimento forzato che ha come unica alternativa la perdita del posto di lavoro”. Ed evidenziano come la chiusura delle sedi di Napoli e Cagliari appaia come “il primo passo di una strategia aziendale che mette in discussione centinaia di posti di lavoro in tutto il gruppo Tirrenia-Cin”. A complicare ulteriormente le cose c’è anche la scadenza a luglio della convenzione tra la compagnia e lo Stato “per il collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori”, per la quale Tirrenia riceve circa 72 milioni di euro. Il mancato rinnovo, ha dichiarato l’amministratore delegato Vincenzo Onorato, comporterà scelte drastiche, e bene 1.000 marittimi potrebbero essere dichiarati in esubero.

“Adesso è chiaro a tutti ciò che accadrà qualora le decisioni unilaterali del gruppo non venissero revocate”, ha commentato Arnaldo Boeddu, segretario generale della Filt Cgil Sardegna: “Pure in questo caso, così come richiesto per il trasporto aereo, anche la Regione non farebbe male a verificare in prima persona le reali intenzioni dell’armatore nella nostra isola”. Qualche giorno fa i sindacati hanno accolto positivamente la volontà espressa dal ministro di procedere a una proroga del servizio, considerato che non ci sono i tempi necessari per una nuova assegnazione. Ma il bando prima o poi si farà, e tra qualche mese si conoscerà il nome dell’assegnatario del servizio. Certo, sarà una proroga cosiddetta “tecnica” al fine di consentire l’aggiudicazione del nuovo bando e, conclude Boeddu, “questo significa che non ci sarà un’interruzione dei collegamenti marittimi. Adesso però auspichiamo che nel bando che verrà predisposto ci sia anche la clausola sociale in maniera da tutelare i posti di lavoro”.