Per uscire dall'emergenza rifiuti e garantire autosufficienza a Napoli e alla sua area metropolitana, “creando valore e abbassando i costi dello smaltimento, occorre dare attuazione a quanto già deciso: realizzare gli impianti, a partire da quelli di compostaggio, superando interessi e resistenze”. Impianti che dovranno essere gestiti “da una società pubblica di carattere regionale, mettendo a valore le esperienze già presenti sul territorio, dalla Sapna all'Asia". È quanto affermano, in una nota, la Camera del lavoro e la Funzione pubblica Cgil di Napoli.

“Napoli – ricorda il sindacato – si è risvegliata all'alba del 2020 con quartieri interi coperti da cumuli di rifiuti, come se dieci anni non fossero passati, perché, a dispetto di ogni roboante annuncio, la città vive una situazione non dissimile da quella che la portò, assieme a buona parte della sua provincia, alla crisi del 2010. Naturalmente in questi anni passi in avanti sono stati fatti, tracciando una via di uscita dalla crisi, primo fra tutti il completamento e la messa in funzione a pieno regime del termovalorizzatore di Acerra. Ma sono stati passi insufficienti, compiuti per lo più nel momento culminante della crisi, senza che negli anni successivi si compissero le scelte davvero decisive e conseguenti necessarie per consentire al nostro territorio di essere autosufficiente”.

“Nonostante i tanti appelli alla raccolta differenziata – secondo Cgil e Funzione pubblica – Napoli e la Campania sono del tutto sprovviste di un sistema strutturato che faccia del gesto del singolo cittadino un percorso virtuoso. Nei fatti, a Napoli differenziare l'immondizia per il singolo cittadino non si traduce in alcun miglioramento della sua vita quotidiana, né in termini di impatto ambientale, né dal punto di vista della riduzione di una tariffa esorbitante. La causa sta principalmente nel fatto che, al di là del termovalorizzatore, il sistema si regge unicamente sui quattro Stir, cioè su un sistema che sostanzialmente permette di gestire autonomamente solo la frazione secca indifferenziata. Tutto il resto, indipendentemente dai comportamenti virtuosi dei cittadini a partire dall'umido, è destinato a seguire un'altra strada che porta i rifiuti fuori regione, producendo costo aggiuntivo per i cittadini e per il sistema delle imprese. E in un sistema così precario, con gli Stir che svolgono la funzione di discariche provvisorie, con mezzi e lavoratori costretti a lunghe code per poter conferire, il minimo guasto o disservizio provoca il blocco di tutto”.

“Prova di questa fragilità – secondo il sindacato – è la stessa gestione sconsiderata fatta nel recente passato dai precedenti amministratori di Asia del sito di stoccaggio dell'ex Icm, nato per il conferimento degli ingombranti e riempito di umido fino a creare una situazione d'emergenza igienico-ambientale, con la comprensibile rivolta dei cittadini e la necessità di chiudere nottetempo il sito, provocando di fatto l'ultima crisi. È evidente che se le risposte a questa ennesima difficoltà sono quelle di conferire il tal quale direttamente all'inceneritore e di aumentare il conferimento a uno Stir queste non sono che un palliativo in attesa di una prossima crisi”. 

“E tra le tante dichiarazioni istituzionali – secondo Cgil e Funzione pubblica di Napoli – risulta clamoroso il silenzio degli enti di ambito, investiti dalla legge regionale di precise responsabilità e, per quanto a noi risulta, regolarmente costituiti con tanto di dirigenti. A nostro parere non esiste altro modo per uscire dall'emergenza che dare attuazione a quanto già deciso: realizzare gli impianti a partire da quelli di compostaggio, superando interessi e resistenze. Questa è l'unica strada per dare autosufficienza al nostro territorio, creando valore e abbassando i costi dello smaltimento.

Ma bisogna anche fare un passo ulteriore: gli impianti devono essere gestiti da una società pubblica di carattere regionale, mettendo a valore le esperienze già presenti sul nostro territorio, dalla Sapna all'Asia. Perché una società pubblica è garanzia di trasparenza per i cittadini, ma anche perché questo è l'unico modo per mettere a valore il pubblico creando allo stesso tempo un ciclo industriale vero che metta insieme le diverse fasi della raccolta, dallo spazzamento al conferimento dei rifiuti fino al riciclo”.

“Solo a queste condizioni, che presuppongono la responsabilità di tutti gli attori istituzionali – conclude il comunicato –, Napoli e la sua provincia potrà svegliarsi in un decennio davvero nuovo nel quali i rifiuti non siano più un problema ma una fonte di sviluppo”.