Alla presenza di circa 500 delegati, si è inaugurato oggi pomeriggio a Roma, (presso il Centro congressi Frentani) il sesto congresso dell’Slc, il sindacato della comunicazione della Cgil. Nella sua lunga relazione d’apertura, il segretario generale della categoria, Fabrizio Solari, ha dapprima accennato al dibattito congressuale in corso, dove l’Slc si è espresso nelle 1.500 assemblee che si sono tenute in tutto il Paese - cui hanno partecipato e votato più di 50.000 persone. E ha sottolineato anche l’omogeneità del dibattito interno alla Cgil, in vista dell’elezione del nuovo gruppo dirigente e del nuovo segretario generale, rispetto al quale “l’ultimo Comitato direttivo si è pronunciato con un voto quasi unanime, contribuendo a ricondurre la discussione nei canoni corretti. Assunto che in campo c’è una candidatura autorevole e che le nostre regole consentono la possibilità di presentarne altre, l’impegno di tutti, nella totale correttezza e trasparenza, dove essere rivolto alla scelta della migliore soluzione possibile, avendo tutti chiaro che l’unità della nostra organizzazione, ribadita da oltre il 98% di consenso al documento di maggioranza che il nostro congresso ci consegna, è un bene certamente superiore a qualsivoglia destino individuale”.  

Il leader Slc ha poi delineato il quadro  politico ed economico nazionale, da un decennio largamente condizionato dalla grande crisi, “i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, se è vero che almeno il 70% della popolazione ha visto gradatamente ridursi il proprio reddito disponibile, tanto da causare la scomparsa della classe media. Ma ancora più devastanti, dopo trent’anni di neoliberismo e una globalizzazione senza regole, sono gli effetti dell’ondata sovranista e populista nel mondo, con la riscoperta di dazi e confini nazionali. In Europa, poi, la politica di severità fiscale ha aggravato il quadro, mettendo a rischio anche il compromesso tra lavoro e capitale, storicamente rappresentato da un sistema di welfare universale”.

“In questa lunga fase, la sinistra politica ha largamente subìto, non solo in Italia, l’egemonia culturale della destra – ha proseguito Solari –. Ciò ha determinato una scissione fra le classi meno abbienti e la loro tradizionale rappresentanza politica, causando il progressivo distacco del centrosinistra dal mondo del lavoro. E così, forse per la prima volta, il sindacalismo confederale e ‘il partito di raccolta’ della sinistra non stanno più autonomamente dalla stessa parte, ma spesso su fronti opposti. La ricostruzione di una sinistra dovrebbe ripartire da queste elementari constatazioni, ma non credo che questo compito spetti alla Cgil. Noi, in ossequio ai nostri valori, sancìti dal nostro statuto e da oltre un secolo di storia, dobbiamo essere capaci di fornire il massimo della tutela a tutti i lavoratori, con una strategia di lungo periodo a difesa dei diritti e della dignità del lavoro: per tale obiettivo, sono utili il Piano del lavoro e la Carta dei diritti, ma occorre andare anche oltre”.


Il video che ha aperto il congresso

A tale proposito, il dirigente sindacale ha snocciolato un corpus di proposte specifiche, che dovranno accompagnare l’avvento delle nuove tecnologie con un nuovo corredo di diritti, in grado di conciliare le mutate esigenze produttive con il contrasto al pauroso aumento delle diseguaglianze, che ha prodotto il concentrarsi di enormi ricchezze su pochi, a fronte dei tantissimi poveri. “In particolare, si dovrà discutere di come rendere sostenibile una politica di riduzione dell’orario, in un quadro che deve rimodulare il tempo di lavoro, il tempo dell’apprendimento e il tempo libero; si dovranno garantire pari opportunità, che sempre più coincidono con il diritto alla conoscenza e alla formazione continua; si dovrà difendere un sistema di welfare universale e di come lo si può finanziare; di nuove frontiere e opportunità di partecipazione per il lavoro alle decisioni strategiche dell’impresa; di quale funzione sociale deve avere la libera impresa in una società a matrice solidale; di quale modello della rappresentanza sociale sia più efficace e in esso di quale modello organizzativo per il sindacato del futuro. Rispondere a questi interrogativi non è semplice, ma è fondamentale”.

Solari ha poi ricordato che questi temi sono già presenti nel documento della confederazione e anche nel documento congressuale di categoria e che l’Slc, d’intesa con la Cgil, si doterà di una ‘Consulta sull’innovazione’, aperta anche al contributo esterno. La relazione è poi scivolata sui temi interni alla categoria, soffermandosi più volte sulla portata epocale del cambiamento indotto dalle nuove tecnologie, dove proprio nel settore delle tlc si gioca buona parte del futuro e sulle principali vertenze in atto. Come quella che attiene a Tim, “dove si è avviato un processo di privatizzazione senza aver previsto a chi trasferire le funzioni di regolatore di sistema che ci ha consegnato la realtà attuale”. E il confronto fatto da Solari con il 1997, ultimo anno di gestione pubblica, è davvero impietoso: “L’allora Telecom era fra le prime cinque aziende del settore nel mondo. Sviluppava un fatturato di 23 miliardi, i debiti stavano sotto gli 8 miliardi, gli investimenti ammontavano a 6,5 miliardi, e assicurava lavoro a oltre 120.000 persone. Economicamente sana, adeguatamente capitalizzata e fortemente presente all’estero, l’azienda era perfettamente in grado di affrontare la sfida della globalizzazione. Oggi Tim fattura 19 miliardi, ha 30 miliardi di debiti, investe poco più di 3 miliardi, occupa 45.000 dipendenti e le partecipazioni estere si sono ridotte alle sola realtà brasiliana, Tim Brasil. Questi numeri raccontano di un lento ma costante processo di scarnificazione che ha impoverito l’azienda, il lavoro e il Paese”.

“L’ondata di cambiamento è già tra noi e crescerà ancora nei prossimi anni, sostanzialmente riconducibile alla pervasività della digitalizzazione, che riguarderà il modo di produrre beni e servizi, ma che cambierà anche la vita delle persone, ed è forse l’ultima occasione per evitare il declino. Servono risposte dalla politica e dal governo, ma serve anche la presa di coscienza delle forse sociali, imprenditoriali e del lavoro. Ad esempio, bisogna spingere alle estreme conseguenze la filosofia del Testo unico, rivendicando una legge di sostegno e regolazione dei cosiddetti corpi intermedi, che, fatta salva la verifica dell’effettiva rappresentatività e l’obbligo di un ordinamento interno a matrice democratica, rilasci alle parti sociali il compito di regolare tra loro il rapporto di lavoro in tutti i suoi aspetti, a partire dall’estensione erga omnes dei contratti, in luogo del salario minimo per legge, sino alle regole del mercato del lavoro, dell’attuazione del diritto alla formazione permanente, e oltre. Prima Confindustria e le altre associazioni datoriali rifletteranno su questo punto e meglio sarà per tutti. Così potremo evitare lo scandalo degli ‘esodati’, il rimaneggiamento ormai annuale delle normative pensionistiche e degli strumenti di sostegno al reddito, l’inganno del Jobs act, la presunta medicina del ‘decreto Dignità’, che rischia di stendere definitivamente il malato”, ha precisato Solari.

Il sindacalista ha poi ripercorso gli ultimi diciotto mesi di attività sindacale, che lo hanno visto alla guida dell’Slc. “Abbiamo rinnovato quasi tutti i contratti incagliati, abbiamo affrontato la crisi e la ristrutturazione nel settore della carta, lasciando sul terreno morti e feriti, ma per fortuna ora il comparto, seppur ridimensionato, comincia a dare qualche timidissimo cenno di stabilizzazione e ripresa. Continua invece la crisi della stampa quotidiana, che oggi ha una diffusione sopra i due milioni di copie, circa un terzo rispetto a dieci anni fa e continua a perdere fatturato da pubblicità, al ritmo del 10% l’anno. Nella grafica industriale, invece, si assiste a un processo di concentrazione che pone seri problemi di tenuta occupazionale. In tutti questi settori l’impatto dell’innovazione tecnologica ha prodotto rilevanti trasformazioni, tanto da impegnarci a normare nuovi profili, all’inseguimento di un perimetro produttivo in costante evoluzione e come Slc abbiamo proposto un innovativo contratto nazionale di filiera”.

Un discorso a parte meritano Poste italiane, che costituiscono la più grande azienda del Paese. “Veniamo da un rinnovo contrattuale giudicato assai positivamente dai lavoratori e da un percorso negoziale ininterrotto che ha introdotto miglioramenti, anche innovativi, nella vita delle persone, come il lavoro agile e il diritto alla disconnessione. Siamo riusciti a evitare che si portasse a compimento l’ennesimo processo di privatizzazione, vera anticamera alla frantumazione societaria e produttiva dell’azienda. Tuttavia resta molto da fare. Il gruppo ha rinunciato a proporsi come soggetto trainante di una rinnovata catena logistica nel Paese. Lo stesso hanno fatto soggetti pubblici come Fs cargo".

Il risultato è che "non abbiamo una presenza di un’azienda italiana nell’olimpo della logistica e il settore resta preda nella parte pregiata delle grandi multinazionali, spesso derivate da ex monopoli postali stranieri, e nella parte meno ricca della selva dei ‘padroncini’ o del subappalto, spesso soggetto a infiltrazioni malavitose. Il costo di questa mancata efficienza del sistema logistico ricade negativamente sulla competitività italiana. Non abbiamo mai contestato all’azienda la scelta di sviluppare il settore finanziario e assicurativo, da cui provengono i maggiori utili del gruppo; del resto, il risparmio postale nasce assieme alle Poste, tuttavia, anche alla luce dell’esplosione dell’e-commerce, ci parrebbe insensato non riconsiderare quella scelta. La capillarità degli uffici e una collaudata rete di recapito può essere agevolmente ridisegnata in funzione di una capacità logistica integrata, anche a seguito dell’importante commessa Amazon. Per puntare a tutto questo, serve un contratto di settore, che superi quello aziendale, e serve un impegno del governo e dell’autorità di regolazione del mercato per collegare il nuovo ccnl alla licenza per il servizio di recapito. Realizzare tale progetto costituirebbe un ottimo esempio della potenzialità della contrattazione d’anticipo”, ha osservato Solari.

Inoltre, il leader sindacale si è soffermato sulla Rai e sul sistema radiotelevisivo “in cui siamo giunti alla terza rivoluzione in pochi anni”, dove credo sia giusto accorpare le responsabilità delle tlc con quelle dell’emittenza. Il tutto, in un nuovo rapporto più stretto con la produzione culturale. Quest’ultimo settore, nella sua enorme complessità, ha una rilevanza strategica fondamentale”. Solari ha chiuso la sua relazione soffermandosi anche sui comparti dello spettacolo, dei call center, dello sport, dei problemi della rete tlc, e della ‘guerra delle tariffe’, senza dimenticare il rapporto unitario con Cisl e Uil “da rinsaldare fortemente” e i problemi organizzativi interni, “dove c’è bisogno di una rivisitazione con nuovi assetti delle categorie nell’ambito della confederazione e dove potremmo azzardare soluzioni strutturali, con un percorso tendente a far confluire maggiori risorse economiche e agibilità verso il basso”.