“Il crollo del ponte di Genova è uno dei fatti più gravi accaduti negli ultimi anni, in un Paese che non fa manutenzione, non riqualifica il territorio, interviene solo a tragedie avvenute, non investe in opere infrastrutturali, nemmeno laddove ce n’è assoluto bisogno, come nel Sud”. Così Gaetano Sateriale e Jacopo Dionisio, dell’Area politiche dello sviluppo Cgil nazionale, oggi ai microfoni di “Economisti erranti”, la rubrica di RadioArticolo1.  

 

“Quello delle infrastrutture è un tema dirimente per lo sviluppo del Paese, ma anche per la salvaguardia della democrazia, perché riguarda l’inclusione effettiva dei territori meridionali con il resto d’Italia, una questione spesso sottovalutata. Molte opere vanno portate a compimento, come quelle ferroviarie, dalla Roma-Napoli-Bari all’Alta Capacità sulla tratta Adriatica, alla Salerno-Reggio Calabria. Senza dimenticare i collegamenti trasversali dalla Puglia alla Basilicata, alla Calabria. La mancata realizzazione di tali opere impedisce a quei territori d’integrarsi fra loro, da un punto di vista sociale, economico, perfino culturale, aumentando le aree di marginalizzazione, escluse dai grandi flussi commerciali. Connettere territori e persone è dunque fondamentale. Pensiamo a Genova, oggi, tagliata in due, dopo la rottura del ponte Morandi, e comunque esclusa da sempre dai collegamenti ad alta velocità e alta capacità, in programma, ma non ancora realizzati né mai avviati. Di recente, abbiamo incontrato con Cisl e Uil il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, e insieme abbiamo condiviso alcuni punti che saranno oggetto di proposte unitarie, chiedendo che venga reintrodotto a livello nazionale un fondo per la realizzazione di opere pubbliche”, hanno detto i due dirigenti sindacali.  

“Sempre al ministro Lezzi, abbiamo presentato la proposta di un’agenzia per lo sviluppo industriale, una nuova Iri, con funzioni riviste rispetto allo strumento storico. Il governo attuale guarda molto alla Cassa Depositi e Prestiti, che secondo noi deve rimanere autonoma. Insomma, l’importante è che ci sia un luogo dove tale strategia possa essere decisa, implementata e applicata al di là delle contingenze politiche. Nel nostro Piano del lavoro abbiamo a lungo parlato di cura del territorio e delle persone, come leve per costruire un nuovo modello di sviluppo e trovare centinaia di migliaia di posti di lavoro. Per realizzarlo, va programmato negli anni, senza perdite di tempo, esteso non solo in Italia, ma anche in Europa. Uno sviluppo economico che non sia concentrato solo sull’industria, ma anche sul welfare del territorio, per creare nuovi potenziali mercati. Poi esiste il problema di come s’impiegano le risorse esistenti. Su questo, credo che la nostra politica negli ultimi vent’anni non sia stata all’altezza dei bisogni del Paese. Perciò, c’è necessità di un nuovo protagonismo dei territori, anche di quelli più periferici, che abbiano capacità d’iniziativa e collaborazione per cambiare i registri della politica economica. In tal senso, qualcosa si è fatto nel Nord, ma anche in regioni meridionali come Puglia e Basilicata, dove sono stati fatti accordi sul Piano del lavoro”, hanno continuato i due sindacalisti.

“Ricordiamoci quello che dice la nostra Costituzione all’articolo 3. Se non si garantisce la possibilità di una piena attivazione e partecipazione di tutti i cittadini alla vita del Paese, che vuol dire realizzazione economica e lavorativa, noi stiamo creando una marginalizzazione, un’esclusione di cittadini, che in questo caso corrisponde ad oltre la metà del Paese, a milioni di persone tagliate fuori dalla vita politica e sociale. Il segnale d’allarme è stato lanciato il 4 marzo alle ultime elezioni, ed è la dimostrazione più palese che garantire uno sviluppo coeso, uniforme è un tema di qualità della democrazia italiana e aggiungo dell’Europa. Insomma, ci stiamo giocando il protagonismo sociale e politico di una generazione di giovani, che proprio per trovare lavoro, ma anche per avere un ruolo di cittadinanza e partecipazione e non essere tagliati fuori scelgono di emigrare. Noi dobbiamo cercare d’invertire questo trend e in questo la Cgil può avere un ruolo importante”, hanno concluso Sateriale e Dionisio.