"C'è un problema nel nostro Paese: non si ascolta più nulla e nessuno. I meno ascoltati sono proprio i giovani". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha esordito nel suo intervento che chiude "Giovani, formazione e buona occupazione", l'assemblea pubblica svolta oggi (18 gennaio) a Bari. Nel corso degli anni, ha spiegato, "ci hanno raccontato che i giovani del futuro non sarebbero stati più lavoratori fissi, che avrebbero deciso come e quando lavorare: da qui si è sviluppata la flessibilità e i contratti a tempo".

È stata "l'ideologia liberista" a suggerire la strada sbagliata: "Ci dicevano che il lavoro non era più la dimensione centrale delle persone - a suo avviso -, ed è questa la ragione per cui oggi i giovani non si ascoltano: perché ci dicono che non è andata così, il presente non è come l'hanno descritto. I ragazzi e ragazze vogliono lavorare, scegliere il loro impiego, esercitarlo senza una corsa continua per ottenere l'autosufficienza ed evitare la povertà. I giovani, se possibile, vogliono un collegamento tra i loro studi e il posto di lavoro".

 

La situazione di oggi è pero molto diversa. "I giovani si trovano davanti a varie forme di sfruttamento, in alcuni casi molto grave: chi ha pensato di scambiare i diritti con altre forme di libertà ha sbagliato tutto, e insiste a continuare a pensare che quella sia la via maestra. Ora hanno aggiunto perfino gli incentivi: in una condizione di distribuzione del reddito già squilibrata, l'idea è stata dare soldi alle imprese per vedere se si regolano da sole. C'è stata un'abdicazione del governo verso altri soggetti". Camusso ha criticato anche le aziende: "Molte di loro hanno deciso che lo sfruttamento organizzato è la nuova forma di lavoro, come nel caso del caporalato che abbiamo contrastato con una buona legge. Prima di quella, però, ci dicevano che il caporalato non esisteva".

Il tema dei giovani è strettamente legato all'istruzione. "Quale formazione dare ai ragazzi è tornato ad essere un tema solo economico, non un dovere dello Stato - per Camusso -: bisogna allora cambiare la politica del diritto allo studio. Per esempio, se ci sono alcuni criteri per ottenere una borsa di studio quella deve esistere veramente: abbiamo inventato perfino le 'borse virtuali', ovvero alcune persone che hanno diritto ad ottenere una borsa ma di fatto non la ricevono. Tra l'altro, le borse di studio in Italia sono troppo poche: questo perché prima si vede quante risorse ci sono, dopo si stabilisce il numero di borse, un sistema sbagliato".

Non va bene neanche la scelta del numero chiuso all'università. "È lo stesso discorso: prima vogliamo far crescere l'istruzione, poi mettiamo il numero chiuso. Poi ancora scopriamo che nel nostro territorio mancano i medici: ecco un esempio di grave miopia. L'università deve tornare il centro di elaborazione del Paese. Bisogna determinare il cambiamento della scuola, contrattando e tornando a discutere: critichiamo le leggi sbagliate, ovviamente, e allo stesso tempo cambiamo la condizione concreta delle persone". La chiusura è per ribadire il ruolo dell'organizzazione: "Il sindacato - ha concluso - è un soggetto che ha come strumento fondamentale la contrattazione collettiva, con l'obiettivo di cambiare la condizione della realtà".

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