La Flai Toscana esprime estrema preoccupazione per quanto emerso dall’indagine della Guardia costiera e dei Carabinieri, che ha appurato a Livorno l’esistenza di fenomeni di caporalato anche nell’ambito della pesca. In particolare nell'ambito dell'operazione "Catene" è stato arrestato un uomo, proprietario di un peschereccio, che nelle accuse a suo carico registra - tra le altre - proprio quella di caporalato.

La ricostruzione

Secondo il quadro offerto dalle autorità, la vicenda è iniziata l'8 giugno 2016 con il fermo di un uomo, a bordo di un motopeschereccio, per un controllo. Egli, mentre veniva avvicinato, ha gettato un lavoratore in mare perché arruolato irregolarmente. Il senegalese è stato poi salvato da un bagnino. A seguito delle indagini, l'uomo è stato quindi accusato di violenza privata, minaccia e sfruttamento del lavoro, ai sensi della nuova legge contro il caporalato. Dall'inchiesta, riferiscono la agenzie di stampa, emerge come il proprietario "avesse posto in essere uno sfruttamento continuo, non solo del senegalese, ma anche di altri cittadini extracomunitari per lo svolgimento di varie mansioni a bordo dell'imbarcazione". Sempre nella ricostruzione dei carabinieri, la paga degli irregolari poteva essere perfino 10 euro per una giornata di lavoro, più la consegna di una modesta quantità di pesce.

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Il film su Paola Clemente

Il sindacato: combattere con forza la piaga

“È un fatto sconcertante – commenta Michele Rossi, segretario territoriale Flai, che segue il settore pesca a livello regionale –: da anni, ci battiamo per sconfiggere il caporalato nelle campagne e, nonostante la legge, varata in seguito alla morte della bracciante Paola Clemente, siamo ancora lontani da estirpare definitivamente il fenomeno”. Quella di Paola Clemente è una storia tragica, ovvero "una donna morta di fatica per due euro l’ora - prosegue il sindacato -, che non è stata soccorsa nonostante ne avesse manifestato il bisogno. Una storia di ricatto e morte, la stessa del giovane senegalese soccorso in mare, che ha evitato una fine peggiore soltanto grazie alla buona sorte".

La Flai locale rivendica con forza i diritti dei pescatori ormai da decenni, il riconoscimento delle malattie professionali e degli ammortizzatori sociali, ma ora si squarcia il velo su una nuova piaga. “È necessario capire se è un fenomeno presente sul territorio a causa della grave crisi che lo affligge – prosegue il sindacalista –, o se la piaga è estesa a tutto il settore, cioè un fenomeno sommerso su cui è necessario fare luce”.

In questo periodo, è in corso la campagna nazionale della categoria, intitolata “Che pesci prendere”, con una serie di assemblee in tutte le marinerie d’Italia per fare il punto sulla vertenza pesca; la richiesta al governo di riconoscere ai lavoratori del settore gli ammortizzatori sociali, che al momento non ci sono, e le malattie professionali, di cui non è mai predisposto un elenco. “A tali tematiche – conclude l'esponente Cgil –, chiederemo alla Flai nazionale di aggiungere una sensibilizzazione sul fenomeno del caporalato, partendo proprio da quanto avvenuto sul nostro territorio".