I Monti di Pietà nascono nell’Italia del XVI secolo per opera dei frati minori, con lo scopo di prestare piccole somme di denaro ai poveri a minimo interesse in cambio di un pegno. Un settore di nicchia – a cui spesso, nel corso della storia, è stato affidato anche un ruolo sociale di microcredito e antiusura –, ma florido, consolidatosi durante questa lunga crisi economica. Lo scorso 20 ottobre Unicredit ha annunciato la vendita alla casa d’aste austriaca Dorotheum del settore credito su pegno, 35 filiali in tutta Italia, tra cui lo storico palazzo del Monte di Pietà nel quartiere Regola a Roma. L’ennesima esternalizzazione, ma questa volta i problemi non sono solo dei dipendenti; con la vendita alla casa d’aste austriaca il rischio concreto è la perdita di un presidio di legalità nel territorio. Dalla testimonianza che pubblichiamo di seguito, quella di una “pegnarola”, una lavoratrice del banco pegni (che vuole mantenere l’anonimato), siamo in grado di comprendere meglio cosa rappresenta il pegno ancora oggi nel nostro Paese

Stamattina per me è una di quelle mattine in cui fai bilanci di vita, c'è un cielo terso che mal si accorda alle sensazioni che si agitano dentro di me. Non proprio domande sui massimi sistemi, eh?! Osservo come è trascorsa la mia vita. Sono una donna, e faccio la “pegnarola”. Così nei secoli ci ha chiamato il popolo romano e ancora oggi noi siamo i “pegnaroli”. Ricordo le prime volte davanti a un microscopio a scoprire le tracce nelle pietre preziose che per i più sono fonte di ornamento e soddisfazione di vanità. Figurati, a me neanche piacevano i gioielli.

Ma guardandole al microscopio le pietre parlano, ti raccontano una storia. Uno smeraldo non è solo uno smeraldo, racconta di millenni trascorsi, di eruzioni vulcaniche, di terremoti, ne porta in sé le tracce, ti dice che viene dall’India, dalla Russia, dalla Colombia. È stata una folgorazione, come innamorarsi. E da lì i corsi, le specializzazioni, lo studio. Poi la Cassa di Risparmio, il lavoro “sicuro”. Mi viene da sorridere. Sicuro? A 60 anni mi trovo a chiedermi: e domani?

E penso alle ragazze e ai ragazzi che lavorano con me, misconosciuti, quasi fantasmi, senza riconoscimenti economici e professionali, senza mai tener conto che i “pegnaroli” pagano in prima persona e risarciscono la banca. Ma siamo lì nei posti di lavoro, perché il nostro lavoro è animato da una grande motivazione: pensiamo di poter dare una mano alla gente. Si creano rapporti umani negli anni, ci si conosce, si diventa quasi un confidente.

Mi scorrono davanti agli occhi, come un film, episodi che hanno dato un senso al mio lavoro. Me ne frego del poco rispetto dell’Unicredit, degli sguardi sospettosi dei colleghi di altri settori, generati dall’ignoranza, dal non sapere cosa facciamo e chi siamo, accomunati quasi agli usurai. Ma una volta i tassi di interesse erano irrisori e hanno provveduto le banche ad alzarli, mirando al mero profitto, non certo noi lavoratori. Io sono una “pegnarola” e ne vado fiera.

Come è successo quando un padre venne allo sportello perché non aveva i soldi per l’università della figlia e disse: “Dottoressa, ho dovuto chiudere un’azienda, ma sono una persona perbene, ho pagato tutto ai mei operai, i fornitori mi conoscono e mi danno tregua, ma quello che non mi dà tregua è lo Stato e oggi sono qui con gli oggetti di famiglia e l’orologio di mio padre e voglio pensare che questi oggetti, importanti per me, mi stiano aiutando e li riprenderò”.

E io: “Vedrà che sarà così, io le metto l’orologio di suo padre in una polizza da solo, sarà la prima cosa che ritirerà, le altre cose le divido come vuole lei. È un momentaccio, non è colpa sua, è un momentaccio nel nostro Paese”. Volti, persone, storie di umanità, tornano a salutarti. C'è chi sta male, chi deve affrontare quelli che definiscono “viaggi della speranza”. Mercoledì è venuta al mio sportello una signora, sorridente, e ha detto: “Grazie, mio marito sta meglio, è stato operato di tumore, quello che ha detto lei è successo. Vieni vieni Roberto, è la signora della quale ti ho parlato, le vorrei presentare mio marito, oggi ritiriamo le nostre cose”.

Cosa le avrò detto mai per darle conforto? Io non lo ricordo, ma sono appagata dalla sua espressione sorridente. E faccio le polizze come volete voi, come vi torna utile, come possiamo aiutarvi, perché i “pegnaroli” sono nati per questo secoli fa. Ma le banche non lo sanno. Siamo solo la gallina dalle uova d’oro per realizzare profitto. Chi alzerà la voce per difendere un’istituzione antica che deve rimanere nel territorio e continuare a guardare anche al lato umano e non solo al portafoglio?

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