L’arresto di sei persone, ad Andria, per la morte di Paola Clemente, la bracciante pugliese morta di fatica nei campi nel 2015, è un “risultato importantissimo”. Così Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, ai microfoni di RadioArticolo1: “Finalmente la magistratura interviene, anche provando ad applicare l'ultima legge contro il caporalato, la 199, che è una legge che noi abbiamo voluto dedicare a Paola Clemente perché non si può morire così come lei è morta nei campi, tra stenti e fatiche”. La vicenda purtroppo non è unica, osserva Gesmundo nel corso della rubrica Italia Parla: “Ce ne sono ancora altre. A Foggia stanno smantellando un ghetto anche grazie alle pressioni della nostra organizzazione. Qualche giorno fa abbiamo denunciato una situazione di caporalato pesantissima nelle campagne del tarantino: 25 romeni tenuti in una condizione disumana rispetto alle condizioni di lavoro e di vita. Stiamo andando avanti in questo senso e finalmente abbiamo le prime risposte anche sul piano giudiziario, ma la nostra battaglia ovviamente non si ferma”.

 

Un ruolo importante, nelle indagini e negli arresti, l’hanno svolto le colleghe di Paola Clemente, che hanno rotto il muro della paura e dell’omertà e hanno raccontato le condizioni di sfruttamento nei campi (come ha scritto anche Susanna Camusso sull’Unità). “Donne di grande coraggio – commenta Gesmundo – alle quali va il riconoscimento, non solo della nostra organizzazione, ma di tutti i lavoratori e le lavoratrici”. Ma se “tutti svolgono il proprio ruolo” - prosegue – dalle istituzioni al sistema dei controlli, ma anche nell’applicazione del sistema contrattuale, “possiamo aiutare lavoratori e lavoratrici a non assoggettarsi ai caporali”, ma “c’è bisogno di azioni concrete”.

Il settore più problematico, quando si parla di caporalato e sfruttamento in Puglia, è senza dubbio quello agroalimentare. Proprio dalla filiera emerge il tema della responsabilità delle aziende, che dovrebbero impegnarsi nel portare dai campi alla tavola merci eticamente pulite, cibo prodotto con lavoro dignitoso. Osserva Gesmundo: “Il settore agroalimentare in Puglia è fondamentale per l’economia del nostro territorio, ma si continua ad abbassare il costo del prodotto infierendo soprattutto sui diritti e sui salari dei lavoratori, con il ricatto occupazionale. La magistratura per fortuna interviene. La Corte di appello di Bari è intervenuta costantemente rispetto al fenomeno dello sfruttamento, mentre le aziende tendono a minimizzare. E’ ovvio che bisogna cambiare rotta. Stiamo lavorando perché le aziende agricole provino a mettere in piedi attività e iniziative che sconfiggano degenerazioni e corruzione, e incentivino la qualità e l’eticità dei prodotti. Abbiamo lanciato una serie di campagne per selezionare i prodotti sani, non macchiati dallo sfruttamento. Occorre costruire e alimentare un sistema di rete”.

Gesmundo segnala poi le “difficoltà dei sistemi ispettivi nel mettere risorse economiche e umane, a causa dei tagli di spesa. Ma il sindacato ha chiesto alle prefetture di intervenire nei tavoli aperti, ha sottoscritto diversi protocolli e ha invitato la Prefettura di Bari ad aprire un tavolo permanente per monitorare il fenomeno dello sfruttamento e del caporalato”.

Un’ultima battuta, infine, sulla degenerazione del sistema di voucher e appalti, contro il quale – osserva Gesmundo – in Puglia “stiamo combattendo una battaglia da anni. Non è un caso che la Puglia sia stata una delle regioni che hanno raccolto il maggior numero di firme per i nostri referendum e per la Carta dei diritti. Tutta la nostra organizzazione sta lavorando in maniera seria e convinta. Dal Mezzogiorno può venire una risposta importante”.