L'inquinamento atmosferico è il più grande fattore di rischio ambientale per la salute: circa 7 milioni di persone in tutto il mondo muoiono ogni anno per la cattiva qualità dell'aria. È quanto si apprende dal rapporto “Healthy environment, healthy people”, realizzato dall’Unep – l’Agenzia dell’Onu per l’ambiente – e dall’Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, e presentato nei giorni scorsi a Nairobi in occasione della seconda Assemblea delle Nazioni Unite per l'ambiente. Lo studio, che analizza il rapporto fra ambiente e salute e prospetta i possibili scenari globali a breve e lungo termine, informa che nel 2012, a livello globale, 12,6 milioni di decessi sono attribuibili a cause di tipo ambientale.

Secondo le stime dei ricercatori che hanno stilato il rapporto, la qualità dell'aria che respiriamo, del cibo che mangiamo, dell'acqua che beviamo e degli ecosistemi nel loro complesso sono all'origine del 23% del totale delle morti nel mondo. Questa percentuale cresce al 26% per i bambini sotto i 5 anni e al 25% per gli adulti di età compresa fra i 50 e i 75 anni. L'impatto delle cause di morte legate alle condizioni ambientali è di due punti percentuali più altro fra gli uomini (22,8%) rispetto alle donne (20,6%), sopratutto a causa dell'incidenza degli infortuni sul lavoro.

Fra le principali cause, le malattie diarroiche (57% per ragioni di natura ambientale), che ogni anno causano 57 milioni di morti e malattie dovute alla scarsità di acqua e alle scarse condizioni igieniche-sanitarie; il traffico; l'asma (44% per cause ambientali), all’origine ogni anno di 11 milioni di morti o gravi disabilità; la malaria, che causa 23 milioni di morti e gravi disabilità; le infezioni respiratorie (35% per cause ambientali), con 51 milioni di morti e gravi disabilità; la broncopneumopatia cronica ostruttiva; le malattie cardiovascolari; i tumori; le malattie muscolo-scheletriche.

I cambiamenti climatici sono considerati tra i principali moltiplicatori di rischio per la salute. Gli effetti incideranno sempre di più sulla salute umana, in seguito alle variazioni della terra, degli oceani, della biodiversità e dell'accesso all'acqua e per il crescente numero e il maggior impatto dei disastri naturali. Considerato uno scenario medio-alto di emissioni di gas a effetto serra, le stime per difetto dell’Organizzazione mondiale della sanità prevedono circa 250mila decessi a livello globale a causa dei cambiamenti climatici tra il 2030 e il 2050. Nella stessa prospettiva, si prevede che il degrado ambientale possa causare un numero annuo di morti premature 174-234 volte superiore a quelle che si verificano a causa dei conflitti. 

Lo studio enfatizza come le “politiche verdi” inclusive siano note per avere benefici trasversali su ambiente, economia e salute. A questo proposito, il rapporto fa alcuni esempi degli effetti positivi che si possono ottenere intervenendo sul sistema dei trasporti, in agricoltura, nelle città, nelle infrastrutture igieniche, nel settore energetico. La transizione verso l'uso di energie pulite e in direzione di scelte al’insegna dell’efficienza energetica, può allo stesso tempo migliorare la qualità dell'aria e ridurre le patologie correlate all'inquinamento della stessa, quali le patologie respiratorie. Raddoppiare la quota di energie rinnovabili al 2030, farebbe crescere dell'1,1% il Pil mondiale e creerebbe 24 milioni di nuovi posti di lavoro.

Sempre secondo l'Oms, gli investimenti in programmi di prevenzione per la salute nei luoghi di lavoro di soli 18-60 dollari per lavoratore possono ridurre del 27% le assenze per malattia. In questa direzione, un quadro di quattro azioni integrate può consentire di affrontare efficacemente il nesso ambiente-salute: 1) decontaminazione e disintossicazione: rimuovere le sostanze nocive e/o ridurre il loro impatto sull'ambiente in cui le persone vivono e lavorano; 2) decarbonizzazione: gli impatti sulla salute salute umana e sull'ambiente dell'energia solare, eolica e idroelettrica hanno un fattore da 3 a 10 volte inferiore rispetto alle centrali elettriche a combustibili fossili; 3) riduzione dell'uso di risorse e cambiamento degli stili di vita: ridurre gli sprechi, l'inquinamento e la distruzione ambientale, favorire l'efficienza nell'uso delle materie e dell'energia e l'economia circolare; 4) miglioramento della resilienza dell'ecosistema e della protezione dei sistemi naturali del pianeta.

Il rapporto si conclude, fornendo una solida base per una futura economia inclusiva, legata alla resilienza degli ecosistemi, a un ambiente sano, alla buona salute e al benessere delle persone, fornendo alcune raccomandazioni: assicurare un'azione più efficace ed equa sull'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; investire in sostenibilità ambientale e biodiversità; utilizzare il nesso ambiente-salute per motivi di efficienza, ma anche per la giustizia distributiva e per affrontare gli obblighi etici e legali degli Stati; passare da un approccio reattivo a un approccio proattivo; coinvolgere i settori pubblici e privati, i ricercatori, i principali stakeholder e le popolazioni interessati a partecipare in partnership per favorire l'innovazione; agire a tutti i livelli di governo per disintossicare l'ambiente, decarbonizzare l'economia, ridurre l'uso di risorse e il degrado degli ecosistemi, cambiare gli stili di vita insalubri; rafforzare la base di conoscenze attraverso migliori quadri di misurazione e monitoraggio; mettere in atto un'adeguata strategia e politiche per la sensibilizzazione, la comunicazione e l'educazione sui principali rischi di esposizione per la salute e per l'ambiente; rafforzare la governance ambientale multilivello; investire e sviluppare progetti finanziari per affrontare il nesso ambiente-salute e per il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Silvana Cappuccio, area politiche europee e internazionali Cgil nazionale
Simona Fabiani, area politiche di sviluppo-ambiente e territorio Cgil nazionale