Gli utlimi dati istat sull’occupazione, i processi di privatizzazione delle grandi imprese pubbliche, la politica industriale del Paese.. Questi i temi su cui ha risposto stamattina, ai microfoni di Italia Parla, la rubrica di RadioArticolo1, il segretario confederale della Cgil, Fabrizio Solari (ascolta il podcast integrale).

“L’ultimo rapporto Istat  – ha spiegato il dirigente sindacale – conferma quanto ripetiamo da tempo: nonostante i forti incentivi del Governo, l’occupazione non è quella attesa, nel senso che sono molti di più i contratti a tempo determinato di quelli a tempo indeterminato. Il lavoro, dunque, non si crea perché si dà qualche agevolazione, ma solo se c’è sviluppo e si mette in pratica una politica economica, visto che, con ogni evidenza, il mercato non è riuscito e non riuscirà a tirarci fuori dalla crisi. Sempre l’Istituto di statistica, rivela che si allarga il divario fra Nord e Sud e fra ricchi e poveri: un’Italia sempre più diseguale, dunque, che testimonia come le scelte politiche compiute da Renzi fino ad oggi, ribadite con la Legge di stabilità 2016, non vanno nella direzione giusta. Insomma, affidarsi al mercato e alle imprese per agganciare la ripresa non funziona, e tra i vari elementi negativi, evidenziati dell’Istat, ce n’è uno particolarmente preoccupante: la caduta continua degli investimenti nell’industria”.

“Più che fare investimenti – ha continuato l’esponente Cgil –, l’Italia disinveste, vendendo pezzi importanti e strategici per la nostra economia. Il caso più recente è quello delle Ferrovie dello Stato, dove è stato messo sul mercato il 40% dell'azienda. Anche qui, come per Poste Italiane e Telecom, l’obiettivo del Governo è separare le reti dai servizi; nelle ferrovie, l’operazione riguarderebbe la società Rfi. A mio giudizio, una mossa sbagliata, perché così facendo si uccidono le pochissime grandi aziende del Paese, a vantaggio della sempre più agguerrita concorenza straniera. Nelle intenzioni del Governo, si vuole aprire un mercato per fare cassa, ma in tal modo il business lo faranno gli ex monopoli europei, che, non a caso, conservano una struttura unitaria al loro interno.”.

“Alla fine – ha aggiunto il segretario confederale –, non avremo certo risolto il problema del debito pubblico, considerando che il valore complessivo messo in vendita è dello zero virgola, in termini di Pil, e, purtroppo, aggiungeremo un’ulteriore menomazione alla nostra capacità di'intervento in economia. Come nel caso dell’occupazione, anche qui servono investimenti, soprattutto quelli più innovativi, di processo e di prodotto, se si vuole davvero puntare allo sviluppo. Risorse che sono largamente riconducibili a una tipologia di imprese medio-grandi, proprio quelle che noi mettiamo sul mercato. In particolare, le reti strategiche, come  Raiway nel caso delle telecomunicazioni, non andrebbero sicuramente privatizzate: se lo si fa, un minuto dopo, ci troveremo in una situazione di svataggio competitivo con le altre aziende dei paesi nostri concorrenti diretti". 

"Altro errore madornale – ha concluso il sindacalista –, la scelta dell’Eni di fare a meno dell’industria del futuro, vale a dire della chimica verde, per trasformarsi in un grande commerciante di gas e petrolio. In campo energetico, l’Italia ha bisogno di un grande gruppo a controllo pubblico, in grado di giocare la sfida dell’innovazione, mantenendo i suoi presidi produttivi sul territorio, per essere in grado di gestire al meglio i prossimi vent’anni, fino all’uscita dall’economia del carbonio. Oltretutto, le scelte dell'Eni sono in antitesi con quanto ha appena dichiarato Renzi alla conferenza del clima di Parigi, dove ha parlato di primato verde conquistato dall’Italia: insomma, anche qui è difficile capire a che gioco sta giocando il Governo. Da parte nostra, il 5 dicembre manifesteremo unitariamente per dire no all'abbandono del progetto della chimica verde”.  

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