Il Parlamento spagnolo ha approvato lo scorso 20 ottobre la proposta di bilancio per il 2016. Ciò è avvenuto in un clima di forte divisione politica, con i soli voti del Partito popolare guidato dal presidente Mariano Rajoy. In linea con le Finanziarie degli ultimi anni, per il 2016 si prevede un ulteriore calo delle risorse per il settore pubblico al fine di soddisfare gli obiettivi di disavanzo fissati dall’Unione europea.

A partire dal 2008 il calo delle entrate fiscali e l’aumento della spesa pubblica, dovuti alla crisi immobiliare e al rallentamento dell’economia spagnola, hanno determinato un forte aumento del deficit, che ha raggiunto il picco dell’11% del Pil nel 2009. Da quello stesso anno il Consiglio europeo ha ammonito la Spagna per il suo disavanzo eccessivo. Tuttavia, soltanto nel 2011 la Spagna ha intrapreso un percorso di riduzione del deficit, apportando anche modifiche alla Costituzione.

Più precisamente, nel 2011 i due principali partiti politici spagnoli, il Partito popolare e il Partito socialista, hanno modificato l’articolo 135 della Costituzione per introdurre il principio del pareggio di bilancio (l’Italia, come è noto, ha adottato un provvedimento analogo nel 2012). L’esecutivo guidato da Rajoy ha ridotto il deficit principalmente attraverso tagli drastici alla spesa pubblica, mentre le entrate sono aumentate solo limitatamente.

Le più recenti stime del governo di Madrid prevedono deficit del 4,2% per il 2015 e del 2,8% nel 2016, in perfetta coincidenza con i parametri concordati con l’Unione europea. La previsione delle entrate su cui si fonda la stima del deficit è stata però messa in discussione dalla Commissione, soprattutto in relazione agli effetti della riforma fiscale, approvata alla fine del 2014 e volta a introdurre semplificazioni e a ridurre la pressione fiscale.

Il bilancio dello Stato e gli obiettivi del semestre europeo 
Il percorso verso il pareggio di bilancio intrapreso dalla Spagna si iscrive in un modello di gestione delle crisi volto a stabilizzare le finanze pubbliche, senza tuttavia riuscire a risolvere nodi altrettanto importanti dell’economia nazionale, in particolare l’alto tasso di disoccupazione e l’aumento dei livelli di disuguaglianza e povertà degli ultimi anni. Nel corso del 2015 l’economia di quel paese ha mostrato segnali di ripresa, ma il rallentamento dell’economia globale sta avendo un impatto negativo sulle sue prospettive.

Il miglioramento dell’economia spagnola, lungi dall’essere frutto di una ripresa consolidata, sembra piuttosto legato a miglioramenti ciclici, che contribuiscono a nascondere i suoi profondi problemi strutturali. Da un lato, la caduta temporanea del prezzo del petrolio, che ha alleviato almeno in parte i costi di molte imprese. Dall’altro, però, la domanda interna stagnante rende la Spagna sempre più dipendente dall’economia globale. Secondo recentissime stime della Commissione europea (ottobre 2015), il rallentamento dei mercati emergenti avrà un impatto negativo sulle prospettive di ripresa economica del paese iberico e il budget predisposto dal governo non porterà il paese alla ripresa Nella proposta di bilancio il perseguimento degli obiettivi di disavanzo è ancora affidato principalmente alle restrizioni fiscali, alla riduzione degli interessi sul debito e alle aspettative di una minore disoccupazione.

Il notevole aumento delle entrate per il 2015 previsto dal governo spagnolo ha messo in allarme non soltanto molti economisti spagnoli, ma anche la Commissione europea. Quest’ultima, il 12 ottobre, ha espresso parere negativo sulla proposta di bilancio per il 2016, considerando in particolare troppo ottimistiche le previsioni sulle entrate. E del resto già l’Autorità indipendente della responsabilità fiscale, in un rapporto pubblicato a fine luglio, aveva approvato i conti del governo spagnolo, pur notando che i miglioramenti previsti a livello macroeconomico e nella creazione di occupazione apparivano sovrastimati.

Dal canto suo, l’esecutivo di Bruxelles ha riscontrato una differenza tra le sue proiezioni ad hoc sulla crescita economica della Spagna e i dati presentati dal governo che, ad avviso della Commissione, sarebbero basati su aspettative troppo ottimistiche di crescita della domanda da parte di paesi emergenti. Se queste ultime fossero corrette, si ridurrebbe il tasso di crescita e quindi il gettito fiscale. Dunque, la Spagna rischia di non rispettare il patto di stabilità e crescita, ma la Commissione europea non ha ancora adottato misure correttive. Poiché sono imminenti le elezioni politiche (fissate per il 20 dicembre), il nuovo governo spagnolo sarà quasi certamente chiamato a intervenire sulle finanze pubbliche attraverso nuove politiche di tagli, sempre che voglia rispettare i parametri concordati con l’Ue.

Il piano messo a punto dall’Unione per la Spagna fissa, come si è già detto, il disavanzo dei conti pubblici al 4,2% per il 2015 e al 2,8% per il 2016. Tuttavia, secondo le valutazioni della Commissione europea il deficit pubblico raggiungerà, rispettivamente, il 4,5% e 3,5%. Si prevedono, pertanto, disavanzi eccessivi per 0,3 e 0,7 punti percentuali del Pil, che possono costituire un serio problema per il prossimo anno fiscale.

La dimensione elettorale del bilancio spagnolo 
La proposta di bilancio per il 2016, come accennato, risente molto delle elezioni generali del prossimo dicembre. Anzitutto, esse hanno influenzato i tempi di approvazione del bilancio stesso. La sovrastima delle entrate nei conti presentati alla Commissione europea non sembra essere soltanto un errore di calcolo, ma è dipesa anche dal fatto che il governo spagnolo ha presentato i propri conti prima del tempo, precisamente un mese prima della scadenza, che era fissata per il 15 ottobre.

Ciò è stato fatto nell’aspettativa di un tempestivo parere positivo da parte dell’esecutivo di Bruxelles e, dunque, di una riaffermazione dell’efficacia delle politiche adottate per raggiungere gli obiettivi di disavanzo. Dunque, il governo spagnolo, pur avendo a disposizione informazioni che avrebbero permesso di correggere le previsioni sulle entrate, ha scelto di chiudere la sua legislatura lasciando quelle correzioni al prossimo governo.

Anche dal lato della spesa pubblica, le elezioni hanno fortemente influenzato la proposta di bilancio, soprattutto per quello che riguarda il finanziamento alle regioni. Il 24 maggio scorso si è votato per le amministrative; i risultati sono stati molto sfavorevoli per il partito al governo, il quale ha perso importanti città e regioni e la conseguenza è stata che gran parte del peso dei tagli previsti per la spesa del governo centrale sono stati accollati alle regioni, in una sorta di punizione finanziaria che avrà l’effetto di contenere il potere delle amministrazioni locali. Il fatto è che le regioni in Spagna svolgono un ruolo chiave rispetto alla spesa sociale, perché ne gestiscono una gran parte, soprattutto nell’ambito dell’istruzione e della sanità.

Gli impatti sociali della crisi e la politica fiscale 
La catastrofe sociale che la Spagna vive dall’inizio della crisi economica internazionale del 2008, sta producendo profonde trasformazioni. Dall’inizio della crisi il livello di disoccupazione è cresciuto notevolmente con gravi conseguenze sui livelli di povertà, sull’esclusione sociale e sulla disuguaglianza. L’Ocse nel suo ultimo rapporto, “In it together-Why less inequality benefits all”, ha sottolineato che la Spagna è il paese dove la disuguaglianza nei redditi è cresciuta di più dall’inizio della crisi. Questo forte aumento è frutto sia di profondi tagli alle principali voci di spesa sociale, sia della crescente precarizzazione del mercato del lavoro.

Nel 2014 anche la Commissione europea ha dichiarato che la Spagna è uno dei paesi Ue con la distribuzione più disuguale del reddito: quello medio del 20% più ricco è 7,2 volte quello del 20% più povero (“Balance de la estrategia Europa 2020 para un crecimiento inteligente, sostenible e integrador”). Questa drammatica emergenza sociale è stata praticamente ignorata dalla politica di bilancio, che in questi anni è stata orientata esclusivamente alla stabilizzazione del deficit.

La proposta di bilancio per il 2016 presentata dal governo spagnolo ha insomma confermato la mancanza di volontà politica di accrescere la progressività del sistema fiscale per aumentare il gettito, anche allo scopo di ridurre la disuguaglianza. Si è invece preferito perseguire una politica di pareggio di bilancio, che si è dimostrata inefficace nella lotta contro le diparità. Peraltro, visti i problemi che pongono le stime su cui si è basato il governo, è verosimile che le entrate saranno il principale problema del bilancio anche il prossimo anno.

Ma se si dovrà dar corso alle raccomandazioni formulate dalla Commissione europea la scorsa primavera – che chiedono di semplificare il sistema fiscale, di riformare il mercato del lavoro e di ridurre la spesa pubblica – non basteranno aggiustamenti che assicurino il pareggio di bilancio. Il compito che attende il governo che vincerà le elezioni del 20 dicembre è, dunque, molto duro. Se vorrà rispettare gli obiettivi del semestre europeo dovrà effettuare tagli superiori allo 0,3% del Pil, che è l’eccesso di disavanzo del 2015.

 

*Miguel Ángel de Porras Acuña è consigliere politico al Parlamento europeo per il Gue-Ngl (European United Left-Nordic Green Left)