Sulle pensioni, la legge di stabilità è tutta al ribasso: una grande delusione. Interventi spot, non strutturali, poco coraggiosi. Questo è il commento duro dell’Inca Cgil. Per Fulvia Colombini, della presidenza del patronato, “per tutti coloro che avevano sperato in correzioni sostanziose della legge Fornero e nell'inserimento di nuove misure che, reintroducendo elementi di flessibilità, fossero in grado di restituire  alle persone la possibilità di decidere, entro limiti e penalizzazioni accettabili, quando andare in  pensione. Non c'è nulla o quasi”.

“Ancora una volta – spiega Colombini - il governo ha scelto di non procedere a interventi strutturali, ma si limita a degli spot, con misure temporanee. Così facendo perdura e cresce  l'incertezza generale; si conferma la volubilità delle norme previdenziali che subiscono ogni anno numerose modifiche, rendendo sempre  più incerto e aleatorio il futuro pensionistico di migliaia di lavoratori e lavoratrici”.

Per Colombini, “la richiesta di una maggiore flessibilità di uscita, sollecitata a gran voce da Cgil Cisl e Uil”, di fatto è sparita dal dibattito: “È stato invece introdotto il part-time negli ultimi tre anni di lavoro, con versamento pieno, da parte del datore di lavoro, dei contributi nella busta paga del lavoratore o della lavoratrice e fiscalizzazione dei contributi figurativi a carico dello Stato. Questa misura però può essere applicata, così si legge nel testo, dai 63 anni in avanti, mantenendo un impegno lavorativo per almeno la metà del tempo. Viene compensata in parte la riduzione dello stipendio dovuta alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time e si stima che la retribuzione percepita sarebbe il 65% di quella a tempo pieno e vi è il vantaggio di non subire una penalizzazione permanente”.

La misura, tuttavia, per l’Inca, è diversa dalla flessibilità in uscita, che invece “avrebbe consentito di lasciare il lavoro in via definitiva e immediata, con una penalizzazione sostenibile per chi non ce la fa più e non può proprio aspettare i 63 anni e lavorare, sia pure a part-time, fino a 66 anni”.

Delusione anche per l'opzione donna. i I sindacati avevano chiesto e sostenuto, anche con i presìdi davanti al ministero dell'Economia, di prorogare l'opzione per i prossimi anni, visto che si tratta dell'unico modo per andare in pensione con 35 anni di contributi, togliendo i tre mesi di aspettativa di vita dai 57 anni di età, i 12 mesi di finestra mobile e attenuando le penalizzazioni.  “La risposta odierna – commenta ancora Colombini  – è l'allungamento parziale e temporaneo, confermando la maturazione dei requisiti di età entro la fine del 2015, compresi i tre mesi di aspettativa di vita che ricordiamo essere 57 anni e tre mesi per le dipendenti e 58 anni e tre mesi per le autonome”. L'unica modifica “è la possibilità  che la decorrenza della pensione, soggetta alla finestra mobile di 12 o 18 mesi, possa essere esercitata dopo il 31 dicembre dell'anno in corso. Una risposta al ribasso che ha scontentato tutte”.

Giudizio negativo anche sul capitolo cruciale degli esodati per il quale i sindacati avevano chiesto una soluzione strutturale e definitiva per risolvere un problema che si trascina dal 2011 e che il varo di ben sei salvaguardie non ha risolto. “La risposta della legge di stabilità – aggiunge la dirigente Inca – è l'inserimento della settima salvaguardia che ricalca criteri e regole della sesta, ma con alcune dolorose restrizioni, escludendo cioè dal gruppo dei lavoratori con contratti a termine gli agricoli e gli stagionali. Ci sembra di poter dire fin d'ora che si tratta di un'altra occasione perduta perché la salvaguardia riguarderà una parte, ma non tutti gli esodati”e quella tanto auspicata soluzione strutturale si allontana di anno in anno”.

Insomma, conclude Colombini, tra le priorità per la legge di stabilità scelte dal governo “sicuramente non c'è il futuro lavorativo e di vita di migliaia di persone: uomini e donne, danneggiati dalla legge Fornero, che aspettavano risposte adeguate e un cambio di marcia”. Per questo, “Cgil e Inca proseguiranno nella mobilitazione affinché durante l'esame al Parlamento siano possibili cambiamenti e modifiche all'altezza dei problemi”.