Mille e cinquecento lavoratori attendono da due anni e mezzo il rinnovo del contratto integrativo. Sono i “cavamonti” che lavorano nel bacino marmifero di Apricena, in provincia di Foggia, tra i principali poli estrattivi italiani. Senza esito le mobilitazioni e gli innumerevoli scioperi promossi dalla Fillea dauna assieme alle categorie di Cisl e Uil, l’ultimo agli inizi di maggio, con adesioni che sfiorano sempre il cento per cento. Le associazioni imprenditoriali, Confindustria e Confapi, fanno finta di nulla e tirano diritte. Non un incontro, nessun tavolo mai attivato, nonostante la piattaforma presentata dai sindacati due anni addietro e il tentativo di mediazione delle istituzioni, prefetto in testa. “E la crisi in questo caso non c’entra davvero nulla, qui sta l’enorme contraddizione – spiega Giovanni Tarantella, segretario generale della Fillea foggiana –sia perché il comparto presenta indici di crescita record, sia perché la nostra piattaforma non si ferma alla sola rivendicazione economica ma prova a guardare al futuro del settore marmifero, indica le strade per accompagnare lo sviluppo in maniera sostenibile, per far crescere la filiera, per aumentare qualità e innovazione delle produzioni. Come può tutto questo non interessare le imprese?”.

La pietra di Apricena.

Dagli avveniristici archi progettati da Renzo Piano per la nuova basilica di San Giovanni Rotondo dedicata a Padre Pio fino – andando a ritroso nel tempo – fino alle decorazioni della Reggia di Caserta, il marmo estratto ai piedi del Gargano, nell’area a nord del Tavoliere che comprende i comuni di Lesina e Poggio Imperiale, ha sempre avuto largo uso e nobili utilizzi nell’architettura pubblica e privata. Il boom c’è stato negli anni 60, dagli anni 80 sono arrivate le grandi trasformazioni dovute allo sviluppo tecnologico. Primo polo estrattivo meridionale, secondo bacino dopo quello di Carrara, copre il novanta per cento della produzione regionale e il venti di quella nazionale. Una risorsa economica e occupazionale fondamentale per il territorio, per la quale operano oltre cinquanta aziende, molte di queste aderenti al distretto regionale lapideo promosso dalla Regione Puglia.

Uno dei limiti del comparto estrattivo dell’Alto Tavoliere, da sempre denunciato dal sindacato e oggetto di riflessioni e proposte nella piattaforma per il rinnovo dell’integrativo, la prevalente vendita di prodotto grezzo, che sposta in altri territori il valore aggiunto della lavorazione e commercializzazione. Ciò non toglie che “l’export è aumentato del 40 per cento e la produttività del 26 cento – illustra Tarantella –, e la presenza delle imprese alle fiere specializzate è numerosa e costante”. Il marmo di Apricena e i prodotti che ne derivano – oggi identificati dal marchio ufficiale “Madrepietra” – stanno raccogliendo consensi soprattutto in Medio Oriente, in Cina, Giappone e Corea, oltre che in paesi europei come Gran Bretagna e Germania. Un trend comune a tutta la regione, che nel 2012 ha esportato materiali lapidei per un valore di 1,8 miliardi di euro.

Fillea: sicurezza e innovazione.
“Il primo contratto integrativo per il settore estrattivo i sindacati lo hanno formato nel 1978. Ieri come oggi le rivendicazioni insistevano soprattutto sul tema del miglioramento delle condizioni di chi opera nelle cave e nelle segherie”, ricorda il segretario della categoria degli edili della Cgil di Foggia. “Quello del cavamonte – aggiunge – è un lavoro duro, faticoso, si svolge in miniere a cielo aperto spesso profonde fino a centro metri. Garantire salubrità e sicurezza è il primo punto della nostra piattaforma. Serve maggiore formazione antinfortunistica, maggiore prevenzione, misure che abbattano i fattori di rischio. Investendo in primis sul protagonismo dei lavoratori, per i quali chiediamo la costituzione e il riconoscimento di un coordinamento provinciale delle Rsu”.

Ma la proposta guarda oltre, “a misure che rendano ancor più competitivo il settore a garanzia dei livelli occupazionali. Eppure alcuni argomenti come innovazione, sviluppo tecnologico, crescita dimensionale, qualificazione professionale, sono estranei a larga parte del mondo imprenditoriale”.

E proprio oggi che la pietra di Apricena sta riscuotendo un grande successo sui mercati internazionali, riprende il sindacalista, “è il momento di sostenere uno sviluppo della filiera, puntando su lavorazioni e produzioni altamente qualitative. Ci sono le condizioni e le professionalità per farlo, per far crescere il comparto creando anche nuove opportunità lavorative. Per fare questo occorre anche una formazione continua che tenga il passo dei tempi”. Ancora: “Vorremmo confrontarci sugli strumenti normativi, con il Piano regionale per le attività estrattive e i piani particolareggiati, di competenza dei Comuni, che non trovano ancora una conclusione. Vorremmo discutere di politiche di marketing, di come le imprese possano abbattere costi attraverso opportuni investimenti sull’efficientamento energetico. Opportunità da cogliere che richiedono “anche investimenti in ricerca e sviluppo”, aggiunge Tarantella.

Un piano di azione che per la Fillea darebbe l’opportunità di introdurre poli tecnologici, di sostenere l’uso della pietra nella pianificazione delle opere pubbliche. Per questo nella piattaforma si propone un osservatorio provinciale in grado di indirizzare ad esempio le politiche formative e interagire con gli enti per interventi che puntino al recupero ambientale dei siti e al risanamento paesaggistico. Un capitolo importante della proposta di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil insiste sulla legalità, con l’obiettivo di prevenire rischi di infiltrazioni mafiose e reati contro il territorio e l’ambiente.

Non ultimo, nell’elenco delle rivendicazioni, il tema del recupero salariale. “In un periodo di crescita del settore – conclude Tarantella – la redistribuzione della ricchezza prodotta è tema centrale, soprattutto in una fase di grave recessione economica e perdita di valore dei redditi da lavoro. Quell’aumento di produttività le aziende lo devono all’abnegazione e professionalità delle maestranze. Chiediamo soprattutto un miglioramento dell’indennità di mensa e di trasporto, da adeguare al costo della vita”. Un approccio propositivo alle problematiche del settore, quello dei sindacati, “che le associazioni delle imprese estrattive evidentemente ritengono superfluo. Quando la firma dell’integrativo andrebbe invece a sancire un’unità di intenti volta al rafforzamento complessivo del settore, al fine di aumentare la ricchezza degli imprenditori, del territorio, dei lavoratori”.