“Se davvero la soluzione trovata dal governo e dal ministro Di Paola per ridimensionare e modernizzare le forze armate fosse un percorso di mobilità per i 30 mila militari eventualmente in eccesso verso la pubblica amministrazione, saremmo di fronte a un serio problema con i cosiddetti tecnici”. A sostenerlo è Salvatore Chiaramonte, della segreteria nazionale Fp Cgil, che sottolinea come già oggi la pubblica amministrazione debba affrontare una pesantissima cura dimagrante in seguito alla riforma Brunetta, con i singoli enti chiamati a comunicare i propri esuberi in base ai due tagli consecutivi del 10% agli organici, operati dal precedente esecutivo.

“Chiedere alle stesse amministrazioni di mandare in mobilità personale qualificato per poi assorbirne altro in esubero dalle forze armate, quindi con una formazione non adatta all’offerta di servizi pubblici – prosegue Chiaramonte –, significherebbe non aver ben chiara la gravità della situazione o, peggio ancora, non volerla tenere nella giusta considerazione. Quanto poi ai presunti risparmi, vorremmo timidamente far notare che il personale eventualmente spostato presso altro ente andrebbe comunque pagato”. La questione, a giudizio della Fp, “sarebbe opportuno affrontarla in un apposito tavolo con le organizzazioni sindacali”.

“A tal fine sollecitiamo, nei rispettivi ambiti di competenza, i ministri Fornero, Patroni Griffi e Di Paola: è incomprensibile come un progetto di queste dimensioni non sia stato discusso con chi ha il polso della situazione, operatori del settore e rappresentanti dei lavoratori, e potrebbe evitare scelte affrettate e soprattutto controproducenti per la pubblica amministrazione”. Chiaromonte non ha dubbi: pensare di poter con una mano ridimensionare le amministrazioni pubbliche e con l’altra utilizzarle per risolvere in modo pressapochistico un problema che pure esiste, “vuol dire ritenere il lavoro pubblico un ammortizzatore sociale e non una leva per lo sviluppo e la modernizzazione. Un atteggiamento francamente poco tecnico”.