La Santa Sede, o meglio lo Stato della Città del Vaticano, ha molteplici e ben modulate attività finanziarie. E una banca, lo Ior, che in un passato non lontanissimo fu coinvolta in discussi episodi di cronaca. Roba passata. E’ probabile, però, che l’attuale tempesta monetaria mondiale stia procurando qualche affanno anche ai gestori di questi strumenti, preziosi per le attività temporali della Chiesa romana. Ma non di questo parla Papa Ratzinger quando sostiene che, dinanzi al crollo delle grandi banche, “questi soldi scompaiono, sono niente”, “tutte queste cose, che sembrano la vera realtà sulla quale contare, sono realtà di secondo ordine.” Chi costruisce “la vita su tali realtà, sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla sabbia. Solo la parola di Dio è fondamento di tutta la realtà, è stabile come il cielo e più che il cielo, è la realtà. Quindi dobbiamo cambiare il nostro concetto di realismo. Realista è chi riconosce nella Parola di Dio, in questa realtà apparentemente così debole, il fondamento di tutto”.

Siamo all’apertura del Sinodo mondiale dei vescovi, sul tema “Parola di Dio”. Gli sconvolgimenti finanziari ed economici che, su scala mondiale, si stanno abbattendo sulle nostre teste non possono evidentemente essere lasciati fuori della porta; irrompono anzi in un’aula attenta, pronta ad accogliere e a sviluppare l’esortazione papale. Benedetto XVI è ben lontano dall’essere un guru delle stock options, la sua resta pur sempre una dimensione teologico-spirituale, attiene ai princìpi e all’attitudine morale di chi opera in un campo dove i “soldi del Diavolo” impongono leggi brutali e brutalmente attuate. Altrove si parlerebbe di profitto, ma esiste anche il profitto giusto e quindi il messaggio va opportunamente calibrato. Il rischio è quello di autosospendersi su una nuvola di scandalizzato rifiuto, di malcelato pessimismo. E allora ecco intervenire l’Osservatore Romano per dire che “il Papa non è pessimista, perché Gesù ha promesso che ‘la vigna non sarà distrutta’ e alla fine, nonostante tutto, il male e la morte non avranno l’ultima parola”. Il successo, il denaro, il crollo delle grandi banche? Afferma, il giornale del Vaticano, che “la meditazione di Benedetto XVI non è astratta o di maniera, ma chiede a ognuno di interrogarsi, con la ragione aperta a Dio”. Il che è anche un po’ un modo di mettere le mani avanti. Perché qualche fraintendimento è possibile.Il Papa ha letto un suo documento assai ispirato ma ha anche chiosato e improvvisato, parlando a braccio sugli accadimenti di questi giorni.

Alla fin fine tutto si riduce in politica, se gli alti princìpi vogliono contare. Lo stesso osservatore della Santa Sede all’Onu, arcivescovo Celestino Migliore, prevedendo la catastrofe prossima ventura, lo scorso febbraio ebbe ad invitare la comunità internazionale a “proteggere le basse entrate delle famiglie e dei lavoratori dal collasso finanziario”. Qualche manager di ascendenza cattolica si è affrettato ad ammettere, in queste ore, l’eccessiva avidità del mercato; a spiegare che le considerazioni ontologiche ed etiche di Benedetto XVI non vogliono essere di parte, cioè non riguardano in esclusiva i cattolici. Sostiene il presidente del Banco Popolare di Milano, Mazzotta, che “non esiste un’economia libera senza un’etica. Quando l’etica non c’è, l’economia cessa di essere libera e probabilmente cessa pure di essere un’economia. Si può essere credenti o atei, non importa. Magari un ateo farà più fatica, ma se è per questo un cattolico ipocrita può pure imbrogliare più facilmente”. Se torniamo alle dimensioni del Sinodo, interessante ascoltare le opinioni di altri leader religiosi sulle parole del Papa. Per le Chiese Evangeliche, Domenico Maselli ricorda che “il successo anche nei beni economici è considerato un segno dell’amore di Dio, si tratta di beni che dobbiamo usare come usufruttuari, non possederli come proprietà esclusiva, ma mettendoli al servizio degli altri”. L’esperto di teologia islamica alla sapienza di Roma e all’Università Gregoriana, Adnane Mokrani, fa notare che “per i musulmani il mercato non può essere un fine di per sé, la responsabilità, la dimensione morale, devono prevalere quando sono in gioco i destini di tanti altri uomini”, Maometto vieta “salti finanziari, la speculazione che vende ciò che non ha, creando castelli di carta destinati a crollare”. Il rabbino capo di Roma colloca la visione del Papa “nel bagaglio di tutte le religioni abramitiche”.

E un rabbino è per la prima volta ospite di un Sinodo romano. Si tratta di Shera Yshuv Cohen, viene da Haifa, la sua presenza, nelle intenzioni della Curia, vuole essere un segno di apertura e di amicizia verso Israele, nei cui confronti rimane tuttavia aperto un contenzioso non facile da superare. E amichevole Shera Cohen intende mostrarsi, ma anche sincero fino a sfiorare l’incidente diplomatico. In aula sembra quasi trattenersi nel tracciare una duplice condanna: nei confronti del presidente iraniano Ahmadinejad e delle “terribili parole” pronunciate all’Onu, e nei confronti di Pio XII, il Papa che “non levò la sua voce in nostra difesa” all’epoca del nazismo. Durissimo il giudizio su Pacelli: ”Crediamo che Pio XII non dovrebbe essere beatificato o preso comunque come modello per il fatto che non ha levato la sua voce in nostra difesa anche se ha cercato segretamente di aiutarci. Resta il fatto che non ha parlato, forse perché aveva paura o per altri motivi suoi, e questo noi non possiamo dimenticarlo”. Nell’incontro con i giornalisti il rabbino di Haifa ha collegato i due personaggi, come a sottolineare l’eterna minaccia che incombe sul popolo di Israele. “Il messaggio che ho rivolto nell’aula – ha detto – aveva un doppio significato: denuncia della minacce dell’oggi e sottolineatura del nostro scontento per i tentativi che si conducono all’interno della Chiesa cattolica al fine di dimenticare quel triste capitolo della vita di un grande Papa, che sentiamo di non poter perdonare e che non può essere perdonato”.

Sconcerto tra i padri sinodali e sorpresa per l’asprezza dell’attacco, come a squarciare un’atmosfera dialogante e di sforzo di reciproca comprensione. Di certo questa sessione sinodale è andata oltre ogni timore di mera accademia teologica. Almeno fin qui. Il tema, ricordiamolo, è la Parola di Dio. Dicono le Scritture che, al principio Dio era il Verbo e il Verbo Dio. Poi, diabolicamente, l’uomo inventò l’arma che non dà pace e a cui nessuno è disposto a rinunciare: la dialettica.