La Clamp è una piccola azienda metalmeccanica veneta, nata nel 1983 a Castelfranco (Treviso), specializzata nella produzione di fascette e clip per ogni necessità e uso. Successivamente la produzione è stata spostata a Torreselle, frazione di Piombino Dese (Padova), dove si trova tuttora. Negli anni l'azienda è cresciuta e si è consolidata, aumentando il numero di dipendenti, la mole di lavoro e gli investimenti.

"Tutto procede senza intoppi fino al 2018, quando l’azienda viene acquisita dalla multinazionale Ideal Tridon", scrive la Fiom provinciale: "Già prima del Covid, subito dopo l’acquisto, si bloccano gli investimenti, nonostante gli oltre 2 mila clienti attivi, fra cui Hitachi, Berardi, Fincantieri, Electrolux, Cnh, Fontana, Jacuzzi, Stilco, Merlo. Clienti nazionali e internazionali che hanno sempre scelto la Clamp per la qualità delle produzioni e le competenze degli operai e delle operaie".

Ai primi di gennaio la doccia fredda: la Tridon Europe, la branca della multinazionale che gestisce le società continentali, invia agli 11 dipendenti di Piombino Dese (e a cinque dei 23 dipendenti dello stabilimento milanese di Cerro al Lambro, che si occupa solo di logistica) una lettera che comunica l’avvio della procedura di licenziamento collettivo. Da qui la decisione dello sciopero a oltranza, iniziato giovedì 23 marzo e che proseguirà fino all'incontro tra sindacati e azienda di giovedì 30 marzo.

La posizione della Fiom Cgil

"Le giustificazioni del licenziamento sono assolutamente incoerenti con lo stato reale dell’azienda e delle produzioni in atto", spiegano i metalmeccanici Cgil, che chiedono la revoca della procedura, arrivando a una sospensione “a tempo” per discutere del futuro del sito. "Nonostante le richieste di confronto - prosegue la nota sindacale - al tavolo si presentano referenti dell’azienda che non hanno idea della situazione e che continuano a fare dichiarazioni contraddittorie che non permettono di procedere in maniera costruttiva per la risoluzione della vertenza".

“Sappiamo che la sede produttiva sarà chiusa in Italia e riaperta in Polonia, portando via conoscenze e competenze dal nostro territorio", spiega Anna Zanoni (Fiom Cgil Padova): "Questa si chiama delocalizzazione e noi non staremo a guardare, mentre un altro pezzo del nostro tessuto produttivo viene smontato, smembrato e portato in un Paese dove la manodopera viene sottopagata e dove il sindacato e le tutele non esistono".

In Polonia sono già presenti siti produttivi della Tridon e negli scorsi mesi ci sono state visite di alcuni lavoratori polacchi. "Fra i quali sei lavoratori polacchi, operai e tecnici, che si sono presentati in azienda senza alcun preavviso e sarebbero voluti entrare in possesso del know how per la gestione dei macchinari della Clamp attraverso un affiancamento formativo", prosegue Zanoni: "Ovviamente a queste persone è stato interdetto, da noi e dai lavoratori, l’accesso al sito produttivo".

A febbraio c'è la prima revoca della procedura di licenziamento collettivo, e la Fiom pensa di poter arrivare a una risoluzione positiva. "Ma l’unica azione dell’azienda è stata proporre un incentivo all’esodo piuttosto scarno", riprende l'esponente sindacale: "Successivamente è stato concordato un incontro per giovedì 30 marzo. Ma la dirigenza ha già fatto sapere che intende riaprire la procedura e andare avanti con il licenziamento collettivo e la chiusura del sito".

Così conclude la dirigente Fiom: "Nonostante il sito stia lavorando, abbia molte commesse e a livello mondiale non siano presenti crisi aziendali, l’unica proposta della multinazionale è l’uscita volontaria e incentivata dei lavoratori e delle lavoratrici dall’azienda. Ma noi faremo tutto ciò che è in nostro potere per fermare la procedura e per coinvolgere gli enti preposti, Regione e ministero".