Avrà ancora due anni da segretaria generale della Cgil di Bari Gigia Bucci, appena riconfermata alla guida del Quadrato rosso cittadino. Un ruolo “esercitato in un momento storico difficile, complicato dalla paura dettata dalla condizione in cui è precipitato il lavoro, sempre più precario, indebolito”. La paura che si trasforma in odio l’abbiamo vista colpire duro il sindacato per più di un anno. Dal 9 ottobre del 2021 alla sede nazionale della Cgil a Roma fino alle scritte ingiuriose sui muri della sede di Bari Japigia, ultima di un brutto e lungo elenco territoriale, la galassia no vax e fascista si è accanita contro i rappresentanti dei lavoratori e i loro valori. “Un contesto in cui il sindacato è chiamato ancora una volta a fare la sua parte, a presidiare i territori e a subire queste ferite. Come gli attacchi rivolti direttamente a noi dirigenti. Che pure viviamo con inquietudine questa condizione di fragilità, ma sappiamo bene che non possiamo farci sopraffare dalla paura, che non possiamo indietreggiare”.

Tutto si lega nell’analisi profonda dei tempi che corrono. “In questo quadro fatto di attacchi fisici alle sedi, terrorismo, atti vandalici, assenza di lavoro, povertà persino nel lavoro – spiega Gigia Bucci – c’è anche la complicatissima fase di transizione economica e culturale che il mondo sta vivendo. Credo che questa sia la vera sfida del sindacato. Siamo nel pieno della quarta rivoluzione industriale e sono convinta che sia il sindacato a dover governare questo processo, proprio per evitare, così come sempre accaduto, che nelle fasi di passaggio da un sistema economico e produttivo all’altro, a pagarne le conseguenze siano i lavoratori, i cittadini, i pensionati, le persone più fragili, quelle in una condizione di debolezza”.

Come si può governare la transizione? “Provando anche a sfidare il sistema della formazione, delle imprese, dei territori. Oggi siamo di fronte a una nuova economia che richiede nuovi lavori. Questi lavori non ci sono, non sono disponibili sul mercato. Rispetto a questo, il sindacato confederale deve concertare d’anticipo, provando a sfidare i soggetti della formazione, le università, i politecnici, le scuole, per costruire oggi quelle competenze che non ci sono. Altrimenti rischiamo di vivere questa fase di transizione digitale, climatica, ambientale, solo dopando il mercato di ammortizzatori sociali e producendo esclusivamente cadaveri sul mondo del lavoro.  Noi dobbiamo invece riconvertire competenze, impianti industriali, città, ridisegnarle. Io penso che la Cgil per storia, capacità di analisi, elaborazioni già messe in campo in questi anni, abbia tutti i requisiti in regola per giocare questa partita e provare a vincerla, mettendo al centro la condizione delle persone, la loro voglia di riscatto, difendendo i territori, provando a respingere il tema dell’autonomia differenziata, provando a governare le forze democratiche collettive, facendo rete, facendo sistema, parlando con tanti interlocutori, portando i soggetti del territorio anche sulle nostre sfide, sui nostri temi e sulle nostre battaglie. Io credo che questo sia l’approccio rivoluzionario che la Cgil ha sempre avuto e che deve continuare a utilizzare”.

Qual è la priorità su Bari? “Il lavoro, sempre. Bari sanguina dal punto di vista delle vertenze industriali, ma è sempre più attrattiva per l’ict e la digitalizzazione. C’è chi viene espulso dal mercato del lavoro e c’è chi invece ci entra, magari precario. Questi due momenti devono essere tenuti insieme dalle istituzioni. A chi viene espulso deve essere data la possibilità di riconvertire le proprie competenze e avere una prospettiva attraverso la formazione. La priorità resta il lavoro che garantisce una condizione sociale dignitosa. Altrimenti non potremo più reagire ai vandali”.

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