Circa 150 lavoratori salentini saranno interessati dal maxi esodo progettato da Mps per ridurre il costo del personale. È il prezzo che pagherà la provincia di Lecce nell’ambito del nuovo piano industriale illustrato nelle scorse settimane dall’amministratore delegato, Luigi Lovaglio. Complessivamente saranno tagliati 3.500 posti di lavoro su 21mila, grazie all’accompagnamento del Fondo di sostegno al reddito (una sorta di cassa integrazione). Il Fondo, a partire da dicembre, garantirà agli esodati che matureranno il diritto alla pensione nei prossimi sette anni l’85 per cento dell’ultima retribuzione.

La Fisac Cgil Lecce ritiene che l’85 per cento sia una buona base di contrattazione. “Ma bisogna fare di più”, dice il segretario generale Maurizio Miggiano. “La straordinarietà del momento, determinata dalla pandemia ancora in atto, dal dramma della guerra e da un’inflazione galoppante che pesa fortemente sui bilanci familiari, impone un accordo altrettanto straordinario, capace di salvaguardare le condizioni economiche e normative dei colleghi che aderiranno volontariamente al Fondo, ma anche dei lavoratori che resteranno a lavorare in Banca facendosi carico di un piano di esuberi particolarmente pesante”.

Un accordo straordinario che per il sindacato, che su questo tema ha deliberato un ordine del giorno dell’Assemblea generale, dovrà dare risposte a cinque priorità: tutelare le fasce più deboli, con particolare attenzione per i salari più bassi e per i periodi più lunghi di permanenza nel Fondo (anche tenendo conto della forte ripresa inflattiva) ai quali dovranno essere collegati i relativi incentivi; mantenimento della volontarietà per l’accesso al fondo; cessione dei bonus edilizi per i colleghi e le colleghe che aderiscono al fondo, secondo le modalità commerciali previste per la clientela; continuità del versamento del 2,5 per cento nel Fondo pensione; chiarezza sul progetto complessivo e sulle prospettive future di questa Banca a tutela di chi resta.

“Banca Mps può ancora rappresentare un’opportunità e non l’ennesima occasione di profitto ai danni dei lavoratori e della collettività. A patto però che la ristrutturazione aziendale introduca, all’interno dell’intero sistema, criteri ispirati alla responsabilità sociale di impresa e a un ruolo dell’attività creditizia finalizzato alla tutela degli interessi collettivi e al sostegno dell’economia reale, proprio quello di cui il nostro Paese ha bisogno”, conclude Miggiano.