Si fa più aspra la vertenza dei lavoratori della Riello, marchio italiano leader nella produzione di sistemi e tecnologie per il riscaldamento e il condizionamento. Il 1° settembre scorso l’azienda (di proprietà del gruppo Carrier Global Corporation) ha comunicato ai sindacati la volontà di chiudere il sito di Villanova di Cepagatti (Pescara) e l’avvio immediato della procedura di licenziamento collettivo di 71 lavoratrici e lavoratori, nonché il trasferimento di 19 addetti alla ricerca e sviluppo nelle sedi di Lecco e Legnago (Verona).

“I lavoratori sono in lotta contro l'ennesimo atto scellerato da parte di un'azienda, non in crisi, che decide di chiudere, licenziare e delocalizzare all'insegna esclusiva del profitto”, spiegano Mirco Rota (Fiom Cgil nazionale), Alessandra Tersigni (Fiom Pescara) ed Emanuela Mascalzoni (Fiom Verona): “Senza il ritiro della procedura di licenziamento non ci saranno le condizioni per alcuna trattativa, rilanciamo l’urgenza di avere un incontro presso il ministero dello Sviluppo economico alla presenza del ministro Giorgetti”.

La notizia, spiegano gli esponenti sindacali, è stata un fulmine a ciel sereno: “Nell’anno dell'ecobonus caldaie ha lasciato tutti sbigottiti, anche per la mancanza totale dei segnali tipici di un’azienda in crisi. Fino al mese di luglio la società ha avuto una produzione corposa e in costante aumento, il settore di ricerca e sviluppo ha incessantemente contribuito all’introduzione di nuove tecnologie e gli operai hanno lavorato fino a coprire tre turni”.

Rota, Tersigni e Mascalzoni evidenziano che “il piano industriale della multinazionale mostra chiaramente come la produzione del plant abruzzese non cesserà, ma verrà solo frammentata ed espiantata dal territorio”. La costruzione degli scambiatori “passerà a Legnago, la carpenteria pesante a Volpago e ovviamente, come in un noto cliché, l’attività di assemblaggio delle caldaie sarà trasferita in un sito in Polonia”.

A nulla è servito che lo stabilimento abruzzese sia stato capace di produrre, modificare e sviluppare prodotti innovativi. “La Riello – proseguono i metalmeccanici Cgil – ha deciso di implementare i suoi stabilimenti del Nord e di esportare lavoro all’estero, impoverendo un territorio già martoriato”. E mai come ora, aggiungono, si rende necessario “un intervento legislativo contro le delocalizzazioni e che fermi l'impoverimento industriale e occupazionale del Paese”.

Va segnalato che al tavolo regionale del 15 settembre scorso, gli assessori regionali al Lavoro e alle Attività produttive hanno più volte sottolineato l’inaccettabilità della decisione di chiudere lo stabilimento, vista l’assenza di crisi e le prospettive di sviluppo del sito altamente produttivo, mettendo sul tavolo incentivi per il mantenimento dei livelli occupazionali, oltre ai finanziamenti previsti nella programmazione 2020/2027 dalla Regione Abruzzo per le imprese che non delocalizzano e investono sul territorio.

Nonostante questo, conclude la Fiom, la Riello ha ribadito “la sua ‘scelta strategica’ di licenziare 71 lavoratori e impoverire un territorio già massacrato da una serie di vertenze gravissime. Come se non bastasse la Regione Abruzzo ha ricordato all’azienda che avendo ricevuto nel 2017 finanziamenti dallo stesso ente dovrà restituirli con tanto di penale e di interessi. L'azienda di conseguenza non potrà partecipare a nessun bando né ricevere finanziamenti pubblici per i prossimi cinque anni su tutto il territorio nazionale”.